International Premiere | In Competition | White Mulberry Award Candidate
Guest star:
FUJITA Naoya, director
Il lungometraggio d’esordio del regista Fujita Naoya, Confetti, è un esercizio fresco, dolce e brioso nel campo del venerabile genere seishun eiga (film adolescenziale). L’impianto del film, che è tratto da una sceneggiatura originale di Kaneko Suzuyuki, su un ragazzino che si trasferisce in un liceo di Tokyo, è un caposaldo di questo genere cinematografico, ma quasi tutto il resto del film non lo è. Il protagonista Yuki (Matsufuji Shion) interpreta ruoli femminili per la compagnia itinerante di taishu engeki (teatro popolare) di suo padre e inizialmente nasconde questa informazione ai suoi nuovi compagni di classe, non per vergogna o imbarazzo, ma semplicemente perché dovrà trascorrere con loro solo un mese per poi spostarsi di nuovo. “Non ho bisogno di amici”, dichiara.
Ben presto però Yuki si fa due nuovi amici, gli studenti più bravi della classe di matematica.
Uno dei due, Ken (Saito Jun), si annoiava a scuola e ha smesso di andarci, mentre l’altra, Maya (Hayama Sara), è stata la ragazza di Ken, ma si preoccupa ancora per lui.
Su richiesta dell’insegnante di matematica, Yuki va a casa di Ken per portargli i compiti e viene accolto amichevolmente dalla mamma single del ragazzo (Saeki Hinako). I due diventano subito amici. Ken è un fan accanito di un trio di idol-pop in difficoltà; quando la band si disgrega, la componente preferita da Ken, Asaka (Murata Hirona), si unisce alla troupe del padre di Yuki come apprendista, incoraggiata dalla madre che è un’appassionata del taishu engeki. Intanto, grazie all’aiuto di Yuki, Maya riallaccia i rapporti con Ken e cede al fascino delle esibizioni della troupe tutta al maschile, che interpreta un mix populista di melodramma in stile kabuki e numeri di danza in stile Nihon-buyo (danza tipica giapponese) sulle note del J-pop.
Le turbolenze emotive tipiche dei film di formazione giapponesi in questa storia brillano per la loro assenza. Malgrado il suo desiderio di essere un adolescente normale e i suoi dubbi sulla propria vocazione attoriale, Yuki ha un approccio serio verso l’arte ed è rispettoso di suo padre (Kizu Toru), un uomo tollerante che dirige i suoi giovani attori con mano ferma ma gentile.
Sebbene sul palcoscenico Yuki si immedesimi completamente nei suoi personaggi femminili, quando non indossa un costume di scena si trasforma in un normale liceale, anche se e ben consapevole di essere diverso dalla massa. E la sua amicizia con Ken non sconfina mai nel sentimento o in quel tipo di affetto per un amico gay che è presente nel film drammatico Billy Elliot (2000). Circa la sessualità di Yuki e Ken, la risposta viene lasciata al pubblico.
Questo aspetto potrebbe far sembrare il film piuttosto banale; in realtà, però, la storia non si concentra sul pregiudizio eteronormativo, quanto piuttosto sulla potenza trasformatrice del teatro. Una volta sul palco, Yuki non diventa solo un ragazzo in kimono, bensì un personaggio che può ballare con fluidità e grazia e che è in grado di far commuovere il pubblico.
Nei panni di Yuki, Matsufuji ricorda quei giovani attori del teatro kabuki che provengono da famiglie che hanno sempre praticato il kabuki e hanno l’arte nel DNA. A dire il vero, l’attore è un esordiente nel taishu engeki, ma ha al suo attivo una lunga lista di interpretazioni; e la sua esperienza si vede tutta in questa interpretazione disinvolta e piena di sfumature.
Confetti, che riflette le ricerche approfondite del regista Fujita, è un’immagine empatica e precisa di un genere teatrale che non è molto rispettato dalla critica ma che commuove e diverte il pubblico giapponese in un modo che non è molto distante da quando Tokyo era Edo.
È per questo che Fujita, Matsufuji e tutti gli altri meritano una bella pioggia di coriandoli.