European Festival Premiere | In Competition
Per chiunque sia cresciuto guardando i film hongkonghesi a budget medio-basso di Herman Yau, è difficile credere che oggi egli sia diventato uno dei più redditizi registi di film d’azione a grosso budget del cinema in lingua cinese. Dopo aver fatto saltare in aria interi quartieri di Hong Kong nei suoi blockbuster d’azione come la serie Shock Wave, ora Yau fa esplodere pressoché ogni tipo di veicolo possibile e immaginabile in Moscow Mission, un poliziesco procedurale estremamente divertente che è senza dubbio uno dei suoi film d’azione più brillanti.
Moscow Mission è liberamente ispirato alla caccia all’uomo scatenata dopo le rapine al treno transiberiano del 1993, tra i crimini più famosi nella storia della Cina moderna, quando spietate organizzazioni criminali misero a segno una serie di rapine audaci e brutalmente violente sul treno K3, in servizio sulla tratta Mosca-Pechino, mentre attraversava la Mongolia senza protezioni di sicurezza. Nella caccia all’uomo, gia portata sul grande schermo in The Train Robbers di Michael Mak nel 1995 e in una serie tv del 2018, la polizia cinese e quella russa hanno collaborato per la cattura dei colpevoli, in un’operazione senza precedenti.
La versione di Yau, in gran parte romanzata, restringe il campo d’indagine su una gang in particolare, capeggiata da Miao Qingshan (Huang Xuan), un criminale cosi malvagio da rompere la testa a uno sconosciuto che gli dice di stare zitto durante un concerto.
A capo della squadra di polizia cinese c’è Cui Zhenhai (il solito maschio alfa Zhang Hanyu), un durissimo detective determinato a fermare la banda di Miao a tutti i costi.
La densa sceneggiatura di Chen Daming (il regista del remake cinese di What Women Want – Quello che le donne vogliono) gli affianca inoltre la riluttante complice Suzhen (Janice Man) e il trafficante del mercato nero di Mosca Vasily (Andy Lau, che del film è anche produttore): due personaggi secondari che però nella caccia all’uomo svolgono un ruolo fondamentale.
Ciò che distingue Moscow Mission da un tipico poliziesco procedurale sono le sequenze d’azione estremamente ambiziose di Yau e del coreografo d’azione Nicky Li. C’è un inseguimento che fa letteralmente volare le auto attraverso gli edifici, una rapina in cui delle motociclette sfrecciano attraverso gigantesche fogne sotterranee, un feroce duello in uno scalo ferroviario, e persino una sparatoria che termina con un aereo da caccia – beh, gli spettatori vedranno cosa succede. Come gli altri due film di Herman Yau in programma al FEFF di quest’anno, Moscow Mission dimostra l’ampio spazio che il regista è riuscito a ricavarsi all’interno dei rigidi confini imposti dalla censura cinese per i film incentrati sulle forze dell’ordine. Queste storie sulla lotta tra il bene e il male non sono certo una novità, ma quel che è fresco è il tentativo costante di Yau di creare scene d’azione su larga scala che sfidano le ambizioni delle sue danarose controparti di Hollywood. Quel che è ancora più impressionante è la sua capacita di mettere a frutto un’esperienza cinematografica quarantennale per realizzare queste sequenze con un budget molto più ridotto rispetto a quelli dei film d’azione hollywoodiani.
Anche se si tratta di una produzione della Cina continentale a pieno titolo, con una troupe prevalentemente cinese e russa, per i ruoli più importanti dietro le quinte Yau ha chiamato i suoi collaboratori hongkonghesi abituali, come il direttore della fotografia Joe Chan, il montatore Azrael Chung, il compositore Brother Hung e il supervisore degli effetti visivi Felix Lai, nonché un team di post-produzione con sede a Hong Kong.
Il fatto che i professionisti del cinema di una città piccola come Hong Kong abbiano le competenze per realizzare una produzione su cosi larga scala è la testimonianza di quello che l’industria cinematografica di Hong Kong è ancora in grado di fare.