European Premiere | In Competition
Guest star:
MIHARA Mitsuhiro, director
È risaputo che Ozu Yasujiro si definiva un “fabbricante di tofu”, che sfornava uno dopo l’altro film tematicamente e stilisticamente simili, proprio come i produttori del modesto alimento a base di soia sfornano cubetti indistinguibili l’uno dall’altro. Naturalmente, il regista di Tarda primavera (1949) e Viaggio a Tokyo (1953) era un artista di prim’ordine, ma nemmeno il protagonista del commovente dramma di Mihara Mitsuhiro, Takano Tofu, è un automa che produce tofu in serie per gli scaffali dei supermercati.
Takano Tatsuo (Fuji Tatsuya) è un artigiano appassionato e il suo tofu è considerato il migliore nella sua città natale di Onomichi, nella prefettura di Hiroshima, e in tutta la zona. Sebbene fornisca il suo tofu a un supermercato locale, Tatsuo gestisce anche un negozio con la figlia Haru (Aso Kumiko), che serve clienti fedeli.
Cocciuto e legatissimo alle proprie abitudini, Tatsuo è un personaggio che si ritrova in innumerevoli film e serie televisive giapponesi, ritratto quasi sempre come una persona adorabile, indipendentemente da quanti problemi possa causare. Fuji – il protagonista del famoso dramma erotico vietato ai minori Ecco l’impero dei sensi (1976) di Oshima Nagisa – negli ultimi anni della sua carriera si è specializzato nel ruolo del vecchio brontolone, come il fotografo in Photo Album of the Village (2004) e lo chef cinese in Flavor of Happiness (2008), entrambi di Mihara, che con Takano Tofu completa una trilogia di artigiani scontrosi.
Fuji è un maestro della recitazione che arricchisce il suo Tatsuo di tratti e sfumature che lo distinguono dal tipico vecchietto del grande schermo, proprio come il suo tofu, che vediamo realizzare accuratamente in appetitosi dettagli, si colloca un gradino sopra tutti gli altri.
Tuttavia, la storia è scritta apposta per far piangere anche i sassi, attraverso le classiche caratteristiche del melodramma giapponese: un disastro medico e un matrimonio molto atteso per salvare Haru, che è sulla quarantina, da una solitudine da zitella. La somiglianza tra questo intreccio e quello del classico Tarda primavera di Ozu è evidente, cosi come la relazione che si instaura tra Fuji e la talentuosa Aso riecheggia il legame che nasce tra i protagonisti di Tarda primavera, Ryu Chishu e Hara Setsuko. Il film però non è affatto un omaggio a Ozu.
All’inizio della storia, Haru e Tatsuo lavorano insieme in armonia, secondo routine ben consolidate. Haru però propone delle innovazioni – tofu all’aroma di formaggio, che ne dite? – mentre a Tatsuo sta bene continuare a fare ciò che ha sempre fatto.
A un certo punto un medico gli dice che deve sottoporsi a un intervento chirurgico per un’ostruzione arteriosa e il problema di trovare un compagno di vita per Haru, che si è separata dal marito anni prima, si fa pressante.
Tatsuo intervista diversi pretendenti, mentre i suoi vecchi amici dello shotengai (via dello shopping) fungono da comico coro greco, e la sua scelta cade sull’affascinante e raffinato proprietario di cinque ristoranti italiani. Come può resistergli Haru, date le sue inclinazioni internazionali? Nel frattempo, Tatsuo approfondisce la conoscenza di Fumie (Nakamura Kumi), una briosa donna più anziana, alle prese anche lei con problemi di salute. I due condividono anche un passato traumatico: entrambi sono sopravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima.
Il finale presenta delle note di pathos in puro stile Ozu: i mutamenti della vita mandano in frantumi l’illusione della stabilità umana. Ma il tofu di Tatsuo, speriamo, resisterà.