Herman Yau Lai-to, nato a Hong Kong nel 1961, si è
specializzato in cinema allo Hong Kong Baptist College,
laureandosi in 1984. La sua carriera è stata varia e
prolifica: lungometraggi cinematografici, televisione,
videoclip, editoria. Oltre a contribuire alla fondazione di
vari giornali e riviste di cultura, Yau è stato un regolare
opinionista ed ha pubblicato in proprio due dei suoi libri.
Attivo anche come direttore della fotografia, Yau è noto
all’estero soprattutto come regista di film di exploitation,
iniziando col classico Untold Story e la serie
Troublesome Night. Le sue ultime opere come regista
includono il popolare film per bambini Master Q 2001
(2001), il dramma impegnato From the Queen to the
Chief Executive (2001), l’horror-thriller Nightmares in
Precinct 7 (2001) e il film poliziesco attento ai problemi
sociali Shark Busters (2002).
Superficialmente Shark Busters assomiglia ad un poliziesco,
ma in realtà è molto più di questo. Come lo vede?
Essenzialmente volevamo fare un poliziesco perché è il
film di Danny Lee. Lui ne è il produttore e il protagonista.
Danny Lee non produceva da tre anni e un film poliziesco
avrebbe favorito il suo ritorno. Anche la casa di
produzione, la Shaw Brothers, voleva fortemente che lui
facesse un poliziesco, e siccome Danny ne ha fatti tanti
in passato, era difficile farne uno che fosse diverso. Ma
in questo film vengono trattati diversi temi sociali. Negli
ultimi anni, camminando per la strada si vedono molte
meno facce sorridenti di un tempo. La gente è depressa.
La maggior parte delle persone soffre per la recessione
economica e anche per le politiche governative.
Anche i cineasti ne soffrono. Così è naturale che nel film
facessimo riferimento ad alcuni temi sociali. Prima di
fare questo film, era vero che diversi poliziotti avevano
problemi economici. Se ne parlava quasi ogni giorno sui
quotidiani. Alcuni di loro si sono persino suicidati e altri
hanno fatto qualcosa di male solo per coprire i propri
debiti. Questo genere di cose succede alla polizia e, dal
momento che avevamo intenzione di fare un film poliziesco,
abbiamo cercato di mettercelo dentro.
Ma avete comunque deciso di metterci dentro dei gangster.
La parte di Lam Suet è un po’ tradizionale, perché
rende facile al pubblico seguire la storia. A un certo
punto abbiamo pensato che non ci fosse bisogno di
avere veri gangster sul fronte opposto del film, ma era
più facile seguirlo se lo facevamo.
Così Lam Suet presta un volto al lato cattivo?
Nei film tradizionali ci sono sempre il buono e il cattivo.
E i produttori li richiedono. In realtà i poliziotti sono
equivoci in questo film. Ma non importa se sono buoni o
cattivi, sono sempre poliziotti. In un poliziesco, a quanto
pare, bisogna avere tanto la polizia quanto i criminali.
Ci sono fatti realmente accaduti, nel film?
Ce n’è un sacco, come il problema della carta di credito.
E’ accaduto davvero. Quel poliziotto sta a Mongkok o a
Sham Shui Po [zone di Hong Kong]. Nel film è un pro-blema dell’ispettore Lee, ma nella realtà è il problema di
qualcun altro. E anche il tentativo di suicidio del personaggio
di Hui Shiu-hung è basato su un fatto realmente
accaduto. Tutte queste cose vengono dalla vita reale.
Trova difficile fare un film rivolto al sociale in questo
periodo?
È più facile farlo sotto forma di commedia. Se si parla di
quei problemi seriamente, come in From the Queen to
the Chief Executive [il film di Yau su un gruppo di assassini
tenuti in carcere senza processo], è molto difficile
trovare un finanziatore. Forse l’argomento è troppo spinoso
e il pubblico più comune non ha voglia di vedere
questi problemi spinosi sullo schermo.
Shark Busters non ha grossi nomi come protagonisti,
ma è interpretato da attori più attempati. Come ha
preso le sue decisioni riguardo al cast?
Ne ho discusso con Danny Lee perché in tutti i suoi anni
di cinema Danny non ha mai contato su nessuna delle
cosiddette stelle del cinema per i suoi film, e anzi negli
ultimi anni ha introdotto nuovi attori. Oggi nessuno può
dire se un film funzionerà o meno al botteghino. Anche
con protagonisti come Nicholas Tse, Cecilia Cheung o
addirittura le Twins, non si ha la garanzia fare grossi
incassi. Magari si incasseranno alcuni milioni di dollari
[di Hong Kong]. Ma generalmente alcuni milioni sono
solo il livello minimo, non un buon risultato. Se con i
grossi attori non si può garantire un buon incasso al
botteghino, allora perché non scegliere interpreti che si
adattano bene ai personaggi e tentare la fortuna?
È il caso dell’attore Brian Ireland, che interpreta un
avvocato...
Sì, perché la storia di Brian Ireland è adatta al personaggio
che interpreta. Ha fatto il poliziotto alcuni anni fa
e sebbene non sia avvocato, è una specie di esperto in
materia legale.
Negli ultimi anni lei ha diretto film, ha lavorato per altri
come direttore della fotografia e ha persino organizzato
un corso di cinema. Come riesce a equilibrare i suoi
ruoli nell’industria cinematografica?
Sto solo cercando, come meglio posso, di fare di più per
tutto quel che riguarda il cinema. E cerco anche, su un
piano più pratico, di fare più film. A volte penso sia interessante
perché ci sono così tanti registi di lungometraggi
a Hong Kong. In alcune riunioni o incontri di registi,
ho scoperto che alcuni di essi non hanno fatto un
solo film in 10 anni. Per quanto mi riguarda, quando
qualcuno si rivolge a me come a un regista, penso di
dover cercare di fare del mio meglio per approfittare di
tutte le possibilità che ho di fare film. A volte devo iniziare
un film quando il lavoro di preparazione non è
ancora stato ultimato ma, soprattutto a Hong Kong,
tutto cambia con grandissima rapidità. Persino l’opinione
dei capi. Così una volta che il capo ha detto “Sì”,
cerco di fare il possibile perché le riprese del mio film
inizino quanto prima.
I suoi film hanno una preparazione lunga?
Con un film, nessuno sa realmente qual è il momento
migliore per iniziare a girare, dal momento che persino
le produzioni preparate più accuratamente, come alcune
produzioni hollywoodiane, possono inciampare a causa
di incidenti o imprevisti. Penso che a volte questa sia
una brutta abitudine, ma quando si inizia a girare un
film senza sceneggiatura, è molto eccitante e interessante.
Però bisogna davvero conoscere bene il cast per
riuscirci. Ecco perché mi piace lavorare con attori di
secondo o terzo livello. Le grandi star richiedono uno
sforzo maggiore.
Tim Youngs