FORZE DI MERCATO: IL CINEMA CINESE NEL 2002

La Cina si riconferma Terra di Nuove Promesse. Negli ultimi 365 giorni abbiamo assistito ad una produzione cinematografica particolarmente ricca. All’alba di una nuova ondata di talenti che portano il cinema cinese all’attenzione generale per stile e spirito innovativo, l’onda rigeneratrice non è tale da sradicare completamente il passato. In questo momento, infatti, nessuna delle ultime Generazioni ad iniziare dalla Quinta sembrano essere state superate, ma tutte mutano cambiando “pelle” e sviluppando stili e tematiche nuove, ma con un obbiettivo più concreto che mai: il mercato. Il 2002 è stato l’anno dell’attesissimo Hero di Zhang Yimou, film commerciale con budget da super star, che ripropone le atmosfere dei vecchi film di arti marziali con lo stile di un maestro della fotografia. Il ritorno del regista Tian Zhuanzhuan col remake della pellicola del 1948 di Fei Mu Springtime in a Small Town ci ricorda la classe e lo stile della vecchia generazione, cui appartiene anche Chen Kaige che ritorna a girare un film “cinese” Together, dopo il deludente Killing Me Softly girato negli Stati Uniti. Se questo è segno che la Quinta Generazione non è affatto morta e sepolta, lo stesso si può dire della Sesta stando alle recenti produzioni di registi, resi famosi a suo tempo, dalle prime produzioni indipendenti e underground. Tra gli altri, Zhang Yuan è stato particolarmente prolifico nella realizzazione di I Love You, Green Tea e del rifacimento dell’opera teatrale di Pechino Jiang Jie. Jia Zhangke con Unknown Pleasure, Liu Bingjian con Cry Woman, Zhang Ming con Weekend Plot, Guan Wu con Eyes of a Beauty e Lu Xuechang con il recentissimo Cala, My Dog hanno fatto parlare di se all’estero partecipando ad un tour di Festival Internazionali. Mentre l’ultima generazione, la più giovane, si confronta con una realtà diversa che parla sempre più di mercato e di botteghino, distinguere oggi tra Quinta, Sesta o Settima Generazione risulta sempre più artificioso. Il cinema indipendente fa passi da gigante e si afferma finalmente in maniera ufficiale acquistando la tanto anelata approvazione di legalità. Il 1 Febbraio 2002, infatti, il National Film Bureau approva la legge che permette alle produzioni indipendenti di operare in territorio cinese. Prodotto dalla Supreme Concept Cultural Development Co., Me and Dad, film debutto di Xu Jinglei, sarà ricordato come il primo film indipendente nella storia del cinema cinese dal lontano 1949. Il numero di tali produzioni nazionali è destinato a crescere considerando gli effetti concomitanti, in particolar modo l’indipendenza dagli Studios, la cui presenza anche solo di facciata all’interno delle precedenti produzioni dava la necessaria ufficialità e certificato di garanzia alla pellicola, come nel caso della Xi’an Film Studio che ha co-prodotto il più recente Where Have All The Flowers Gone del regista Gao Xiaosong, insieme all’indipendente DMVE Culture Develop. Co. Si aprono le porte di un mercato made in China dalle grandi prospettive. Mentre le case di produzioni si moltiplicano, la Beijing Film Studio rimane comunque in testa alla “classifica” producendo 29 film (di cui 4 nel 2003), rappresentata al Far East Film quest’anno da Life Show di Huo Jianqi (presente nella scorsa edizione del Festival con Love Of Blueness) e Gone Is The One Who Held Me Dearest In The World della neo-regista Ma Xiaoying. Cosa è successo ai film underground? “Inizialmente si definivano tali quei film che non cercavano neanche l’approvazione della censura” spiega Lu Chuan, regista di Missing Gun, “perché dai contenuti non accettabili e proponibili nelle sale cinesi. I registi rinunciavano così al pubblico in patria scegliendo di mostrare i loro film all’estero, attirando quell’attenzione e quell’interesse che li hanno fatti emergere determinando il loro successo. Adesso un film può diventare underground al di là delle intenzioni iniziali del regista, quando cioé si vede costretto a seguire i canali non ufficiali pur di mostrare il suo film, che altrimenti rischierebbe di rimanere nel cassetto a causa dei ritardi burocratici della censura”. Le produzioni underground sono ancora presenti in Cina, ma sono sempre di più i registi che preferiscono accettare la sfida con la censura e seguendone le lunghe tempistiche pur di avere il visto d.o.c. - D’Origine Censurata. Sono gli artisti più giovani, quelli della Settima o Ottava Generazione in fasce che sia (le etichette sono passate di moda!), ad abbracciare uno spirito positivo tra censura e mercato. A questo proposito, Gao Xiaosong (Where Have All The Flowers Gone) ci racconta la sua personale esperienza: “Il mio film, che in definitiva risulta del tutto ‘innocuo’ nei contenuti, completato nel 2000, ha atteso due anni prima di ottenere l’approvazione definitiva della censura. Ma la cosa non mi preoccupa, del resto la censura in Cina segue il suo corso, richiede tempi lunghi”. E aggiunge: “Il mio film non è stato ancora distribuito nelle sale, prevalgono anche lì altre esigenze di mercato, per lo più film Hollywoodiani e pellicole degli Studios. In compenso il mio film ha già guadagnato più di 1 milione di RMB venduto in formato VCD e DVD”, un terzo (ahimè!) del budget di circa 363.000 dollari. Meno entusiasta Chen Daming, al suo primo film come regista di Manhole, che nella ricerca di un ‘compromesso’ con la censura ha dovuto modificare il finale originale sulla sceneggiatura, realizzare diversi montaggi e trovare un titolo più consono a The Perfect Woman, proposto inizialmente. Chen Daming fa buon viso a cattivo gioco: “Per scherzo ho proposto il titolo Manhole, che pronunciato in cinese non lascia dubbi maliziosi sul contenuto del film”, e poi sorridendo “ma tradotto in inglese può lasciare pensare alla presenza di scene erotico-gay. Eppure è stato approvato!”. E storce un po’ il naso. Le vecchie regole della censura e le nuove leggi del mercato, quindi, diventano i due nuovi aghi della bilancia per i registi oggi. Ma c’è chi come Xu Jinglei ritiene che i film a basso budget siano la nuova espressione artistica per fare cinema senza soffrire le pene e le pressioni generate dal mercato, le cui richieste si adeguano ai gusti difficili del pubblico. Il suo film Me and Dad è stato girato, infatti, con un budget di solo 240.000 dollari.
Maria Ruggieri