La nascita dell’industria cinematografica coreana risale
agli anni Venti, in pieno dominio coloniale giapponese.
Nonostante le avversità e l’oppressione di quel periodo,
la produzione cinematografica continuò regolarmente fino
alla fine degli anni Trenta, quando il cinema venne assorbito
dalla macchina propagandistica giapponese per la
Seconda Guerra Mondiale. Sfortunatamente nessuno di
questi primissimi film esiste oggi in forma completa.
L’incuria e la distruzione bellica hanno cancellato la storia
delle origini del cinema coreano.
Nei cinque anni che seguirono la liberazione della Corea
nel 1945, durante i quali il Paese fu diviso in Corea del
Nord e Corea del Sud, il cinema coreano iniziò timidamente
a rinascere, con passi esitanti. Tuttavia, dopo la guerra
civile del 1950-1953 la capitale Seoul era ridotta in
macerie e l’industria cinematografica a brandelli. La ricostruzione,
con l’utilizzo di apparecchiature cinematografiche
donate dagli Stati Uniti, iniziò seriamente solo a metà
degli anni Cinquanta. In un periodo di tempo decisamente
breve, però, la cinematografia coreana iniziò a prosperare.
Favorite dai grandi successi di film come The Tale of
Chunhyang (1955) e A Free Woman (1955), le compagnie
cinematografiche iniziarono a moltiplicarsi e la produzione
aumentò fino a arrivare a 108 film nel 1959.
La rassegna di quest’anno intitolata “L’epoca d’oro del
cinema coreano: sette registi” si concentra sugli anni
Sessanta che da un punto di vista commerciale sono
senza pari nella storia del cinema coreano. La televisione
muoveva allora i suoi primi passi e andare al cinema
costituiva il divertimento principale per vecchi e giovani;
nel 1968 i coreani andavano al cinema in media sei volte
l’anno. In questo decennio si affermò inoltre una nuova
generazione di registi, che insieme produssero alcuni dei
film coreani più diversi ed emozionanti, nonostante le
politiche altamente restrittive del governo militare.
Tre nomi sono considerati superiori a tutti gli altri come
maestri dell’epoca d’oro del cinema: Kim Ki-young, Yu
Hyun-mok e Shin Sang-ok. Talentuosi e prolifici, questi tre
registi, estremamente diversi tra loro, continuano a catalizzare
gran parte dell’attenzione rivolta ai film coreani di
questo periodo. Kim Ki-young, soprannominato “Mr.
Mostro”, si distingue per essere il più bizzarro e anticonformista
dei tre. Il suo capolavoro del 1960, The
Housemaid - storia di una diabolica cameriera che seduce
il padrone e fa a pezzi l’ordine confuciano della sua famiglia
- è considerato da molti il miglior film coreano di tutti
i tempi. Dopo anni di oblio, l’opera di Kim Ki-young è
stata infine riabilitata in occasione del terzo Festival
Internazionale del Cinema di Pusan, e in seguito i suoi
film hanno pian piano iniziato a circolare in festival e
proiezioni speciali in tutto il mondo.
Yu Hyun-mok viene descritto spesso come il più intellettuale
dei cineasti dell’età d’oro. Anche il suo angoscioso e
tormentato Obaltan (1961), profondamente influenzato
dal neorealismo italiano, figura in cima alla lista dei
migliori film coreani. In molte delle sue opere però Yu
mostra una gamma di stili e di umori assai più variegata
dell’immagine austera che di solito è associata al suo
nome. Guests Who Arrived By The Last Train (1967) è il
ritratto colorato e poliedrico di giovani adulti alle prese
con l’amore, l’arte e l’ambizione nella Corea degli anni
Sessanta.
Nel programma di quest’anno non ci sono film di Shin
Sang-ok, ma egli resta una figura molto influente dell’epoca.
Si distingue non solo per la filmografia vasta e
compiuta, ma anche per la sua potente casa di produzione,
la Shin Film, che con il suo teatro di posa, la scuola di
recitazione, la rete distributiva e più di trecento impiegati
dominava il cinema coreano come fanno oggi Cinema
Service e CJ Entertainment.
Oltre ai “tre grandi” maestri coreani, c’è un vasto numero
di talenti registici che restano sconosciuti all’estero e
sono quasi dimenticati in Corea. Le opere di questi registi
esprimono una tale energia e una tale vivacità sperimentale
che, pur restando saldamente radicate nella tradizione
commerciale, rappresentano molti dei più importanti
risultati artistici del decennio.
Tra questi registi meno noti, il prolifico Kim Soo-yong ha
iniziato ad ottenere qualche riconoscimento all’estero,
soprattutto grazie a una retrospettiva durante il Festival
Internazionale del Cinema di Pusan nel 2002. Il suo Mist
(1967) è il racconto malinconico e impressionistico del
viaggio di un uomo al suo paese natale, dove viene
sopraffatto dai ricordi e dalle attenzioni di una giovane e
bella insegnante. Un altro regista di grandissimo talento
che forse sta per essere riscoperto a livello internazionale
è Lee Man-hee. Dopo aver dato il via al boom di film di
guerra con una delle sue prime opere, The Marines Who
Never Returned (1962), Lee continuò fino a diventare
uno dei registi più rispettati del cinema coreano. La sua
morte prematura nel 1975, a soli 45 anni, ha strappato
alla Corea uno dei suoi registi migliori. Il suo The Evil
Stairs (1964) resta un capolavoro del genere thriller, nel
quale la perfetta tecnica filmica governa la storia di un
medico che uccide per inseguire le proprie ambizioni.
Tra gli altri registi meno noti figurano Jeong Jin-woo, i cui
drammi giovanili mostrano immagini sgargianti e un’energia
impulsiva che confina con la auto-parodia; Kim Kideok
(nessun rapporto con l’omonimo regista di oggi),
un cineasta versatile che girò il film di mostri Grand Evil
Master Yonggary (1967) e anche Barefooted Youth
(1964), il film giovanile coreano per eccellenza; Kwon
Chul-hwi, regista e sceneggiatore, il cui Public Cemetery
Under The Moon aprì una nuova strada nell’estetica del
cinema horror.
Ovviamente i film degli anni Sessanta erano profonda-mente influenzati dall’ambiente sociale e politico dell’epoca.
Uno degli eventi chiave di allora fu una serie di proteste
studentesche che il 19 aprile 1960 portarono al
rovesciamento del governo autoritario di Syngman Rhee.
Il successo del movimento influenzò profondamente le
posizioni e le opinioni dei giovani coreani che erano cresciuti
durante o subito dopo la guerra. In definitiva la
“generazione del 19 aprile” assunse nella società un
ruolo molto più attivo di quello svolto dalla gioventù nei
decenni precedenti, e il gap generazionale che ne risultò
è evidente in molti film dell’epoca, come Barefooted
Youth.
Dopo il 19 aprile, e per poco più di un anno, la società
coreana godette di una ben maggiore libertà di espressione.
In questo periodo vennero realizzati film come The
Housemaid di Kim Ki-young e Obaltan di Yu Hyun-mok.
Tuttavia nel maggio 1961 un colpo di stato militare portò
all’ascesa del dittatore Park Chung-hee, che diresse il
Paese fino a quando venne assassinato nel 1979.
Come per altri settori della società, il governo militare
introdusse riforme autoritarie e dirompenti che incisero
profondamente sull’industria cinematografica. La prima
manifestazione di tale autorità è costituita dalla Legge sul
Cinema del 1962, che intendeva introdurre un massiccio
consolidamento e una forte enfasi sul cinema commerciale.
Dopo l’approvazione della legge le case di produzione
furono obbligate a essere proprietarie dei propri studi e
delle proprie apparecchiature, ad avere un numero minimo
di attori e registi sotto contratto e a produrre un
minimo di 15 film l’anno. In quell’anno il numero di case
di produzione si ridusse da 71 a 16, e poco dopo restarono
solo quattro società ufficialmente registrate. La
legge venne profondamente rimaneggiata quasi ogni
anno, per cui nel mondo del cinema si creò il caos. Alla
fine, nei primi anni Settanta, l’iniziativa e la vitalità dell’industria
cinematografica erano state sconfitte dalle restrizioni
governative.
I registi di questo periodo lavorarono nell’ambito di un
settore contrassegnato da un’attività frenetica. La Legge
sul Cinema permetteva alle compagnie di importare un
film straniero ogni tre film nazionali prodotti: pertanto, i
registi erano terribilmente sotto pressione affinché lavorassero
velocemente. I film venivano girati in poche settimane,
con budget limitati, in teatri di posa senza riscaldamento
in inverno (in molti film si vedono le nuvolette di
fiato uscire dalla bocca degli attori). I registi più popolari
spesso giravano da sei a otto film l’anno. Kim Soo-yong, il
più prolifico regista coreano in assoluto, solo nel 1967
realizzò 10 lungometraggi, tra i quali Mist.
Una volta finiti, i film affrontavano una rigida censura
governativa che spesso bandiva o rinviava l’uscita dei film
per il loro contenuto politico/sociale (come Obaltan di
Hyun-mok), o per presunte simpatie comuniste (Seven
Women Prisoners di Lee Man-hee, per il quale il regista fu
anche arrestato) o per la sessualità (Eunuch di Shin
Sang-ok).
La maggior parte dei registi esplorò una gamma sorprendente
di generi nel corso della carriera, per soddisfare
l’ingordigia sia del pubblico che delle case di produzione.
Film di guerra, commedie, film per i giovani, film
d’azione erano la materia prima di quel periodo. Il primo
film d’animazione, Hong Kil-dong, è del 1967.
Adattamenti letterari come Mist e Guests Who Arrived by
the Last Train erano incoraggiati dal governo attraverso
un sistema a punteggio, che conferiva al produttore dei
film selezionati il diritto a importare film stranieri. Ad ogni
modo, il melodramma rimase probabilmente il genere più
popolare e apprezzato dell’epoca, e spesso influenzò
anche film appartenenti a generi diversi (ne è un esempio
Public Cemetery Under the Moon).
Contemporaneamente crebbe un solido divismo, con gli
attori più famosi che impersonavano un numero incredibile
di ruoli. Il grande attore Shin Sung-il (Mist, The Student
Boarder, Barefooted Youth), attualmente deputato al
Parlamento coreano, apparve in 536 film nel corso della
sua carriera, di cui 45 solo nel 1968. Lui ed Eom Aengran,
sua partner in Barefooted Youth, sono una delle
coppie dello schermo più famose e popolari nella storia
del cinema coreano, e alla fine i due si sono sposati. Per
quanto riguarda le attrici, Choi Eun-hee (moglie di Shin
Sang-ok) e Kim Ji-mi (The Student Boarder) rimasero
sotto i riflettori per quasi tutta la prima metà del decennio,
fino al debutto di tre superstar battezzate dalla stampa
“la troika”, ovvero Moon Hee (Guests Who Came By
Che Last Train), Yoon Jung-hee (Mist), e Nam Jung-im
(sempre in Guests Who Came By The Last Train). La stabile
popolarità di queste tre donne ha fatto sì che, ogni
dieci anni circa, per definire le attrici principali del
momento si utilizzasse il termine “troika”: l’ultima volta è
successo alla fine degli anni Novanta, per Shim Eun-ha,
Jeon Do-yeon e Ko So-young.
Malgrado la fama e la visibilità degli attori degli anni
Sessanta, un aspetto della loro persona è spesso rimasto
nascosta al pubblico: la voce. Negli anni Sessanta, praticamente
tutti i film venivano doppiati, sempre nell’ottica
di produrre film velocemente e a basso costo. Sebbene
alcune star come Do Geum-bong (Public Cemetery Under
The Moon) e Joo Jeung-nyeo (The Housemaid) ci tenessero
a doppiare la propria voce in post-produzione, altre
come Kim Ji-mi e Eom Aeng-ran venivano affiancate doppiatrici
personalizzate. Questi artisti del doppiaggio prestavano
le loro voci a un attore o a un’attrice praticamente
per l’intera carriera (senza essere citati nei credits).
Tale pratica sopravvisse a lungo nel cinema coreano,
scomparendo solo negli anni Ottanta.
I sette film della rassegna vogliono sottolineare la varietà
di stili e di personalità che hanno dato vita al periodo
aureo del cinema coreano. Malgrado i vincoli che hanno
dovuto affrontare, negli anni Sessanta i registi sono riusciti
a cogliere le fantasie e le ambizioni di giovani e
anziani con grande creatività e con una padronanza
impressionante del mezzo filmico. Questi registi avevano
probabilmente dei tratti in comune con i personaggi dei
loro film: una volontà tenace e una motivazione inflessibile
a riuscire, malgrado le condizioni sfavorevoli e gli ostacoli
incontrati sul cammino. Per amore o per forza, è
stata questa volontà di riuscire ad alimentare l’industria
cinematografica nazionale e a liberare la Corea dalla
miseria degradante conosciuta dopo la guerra.
FILMS PRODUCED PER YEAR, 1960-1970
FILM PRODOTTI PER ANNO, 1960-1970
1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969
87 79 112 148 137 161 172 185 195 229
Source/Fonte: Lee Young-il & Choe Young-chol, The History of Korean
Cinema.
theaters/sale admissions/biglietti venduti
1962 344 96,000,000
1965 529 122,000,000
1968 597 183,000,000
Darcy Paquet