L’industria cinematografica giapponese non fa mai qualcosa
di così eccitante come reinventarsi. Le tre principali
società di produzione, la Toho, la Toei e la Shochiku, hanno
ancora una passione per i bei giorni in cui i film di genere
uscivano dagli studi di produzione come tante Nissan
Bluebird dalla catena di montaggio. A volte, però, tale preferenza
per le cose già conosciute e sperimentate a scapito
di quelle nuove è giustificata al botteghino.
Prendiamo, ad esempio, Bayside Shakedown 2 di Motohiro
Katsuyuki, il sequel del successo del 1998 sul tragicomico
conflitto tra i burocrati dell’élite della polizia e i poliziotti di
ronda nel quartiere alla moda sulla baia di Tokyo.
Interpretato da Oda Yuji nei panni di un personaggio irascibile
che lascia un lavoro sicuro per diventare poliziotto,
il film assomiglia al primo Bayside Shakedown in tutto e
per tutto, dal cast al mix di azione e commedia alla sbirciatina
al funzionamento interno della polizia giapponese.
Eppure il pubblico lo ha trovato sufficientemente originale,
tanto che dalla sua uscita nelle sale, nel luglio 2003,
Bayside Shakedown 2 ha incassato 17,35 miliardi di yen
(163,7 milioni di dollari) con 12 milioni di biglietti venduti:
un vero record per un film giapponese dal vero, superato
solo da due film di animazione di Miyazaki Hayao, Spirited
Away (La città incantata) e Princess Mononoke.
Altri due sequel molto attesi, Yin Yang Master 2 e Battle
Royale 2, non hanno invece replicato il successo dei loro
predecessori. Il primo, una bizzarria in computer grafica su
un mago che combatte folletti e altri esseri soprannaturali
nella antica Kyoto, ha incassato 1,6 miliardi di yen (15,1
milioni di dollari), mentre l’originale del 2001 aveva incassato
ben 3,01 miliardi (28,4 milioni di dollari).
L’incasso di Battle Royale è stato di 1,85 miliardi di yen
(17,5 milioni di dollari), molto meno dei 3,1 (29,3 milioni
di dollari) del film di Fukasaku Kinji del 2001, che narrava
di alcuni adolescenti obbligati da un governo repressivo a
partecipare a un gioco assassino. Girato dal figlio di
Fukasaku, Kenta, dopo la morte dell’anziano regista per
cancro nel 2003, il sequel metteva in scena un gruppo di
adolescenti che si liberano dal dominio dei loro governanti
per unirsi ai ribelli che avrebbero dovuto combattere.
Sebbene il numero dei cadaveri sia altrettanto alto di quello
del primo film, l’attaccamento di Battle Royale 2 ai cliché
dei film d’azione e ai plagi evidenti - una delle vittime è la
scena dello sbarco in Normandia di Salvate il soldato Ryan
- segna più un regressione che un progresso.
Al contrario, le serie di animazione affermate come
Doraemon, Pokémon, Detective Conan e Crayon Shinchan
hanno continuato nel 2003 ad attirare un vasto numero di
appassionati. One Piece The Movie, una nuova franchise
tratta da un famoso manga e programma televisivo su un
ragazzino che diventa pirata, è diventato con 2 miliardi di
yen (18,9 milioni di dollari) il campione di incassi dell’anno
della Toei. Questa ha prodotto anche un altro grosso successo,
The Golden Laws (Ogon no Ho), un anime tratto da
un libro di Okawa Ryuho dallo stesso titolo. Il film segue le
avventure di due bambini - un ragazzino del presente e una ragazzina del lontano futuro - durante il loro viaggio
nel tempo attraverso luoghi ed epoche importanti nella
storia dell’umanità. Okawa, che è fondatore dell’Istituto di
Ricerca per la Felicità Umana (IRH) e afferma di essere la
reincarnazione del Buddha, ha scritto oltre 300 libri, tra
cui diversi bestseller, e sostiene di avere milioni di seguaci
in Giappone e in tutto il mondo - molti dei quali evidentemente
sono anche appassionati di cinema.
All’estero il crescente interesse per l’animazione giapponese
si è manifestato con la selezione di Interstella 5555: The
5tory of the 5ecret 5tar 5ystem (Interstella 5555) dei Daft
Punk e di Matsumoto Leiji e di Andalusian Summer (Nasu
Andalusia no Natsu) di Kosaka Kitaro per la Quinzaine del
Festival di Cannes 2003: un doppio esordio per il genere.
Entrambi i film sono usciti successivamente in Giappone e
Andalusian Summer, film su una gara ciclistica diretto da
un ex assistente di Miyazaki nello stile caratteristico del
maestro, è rimasto nelle sale per diverso tempo.
Un altro anime di rilievo è stato Tokyo Godfathers, di Kon
Satoshi, la cui storia su tre senzatetto che si prendono
cura di un bimbo abbandonato è tratta da un western di
John Ford del 1948. Sebbene con una vena più comica e
sentimentale rispetto ai due precedenti lungometraggi di
Kon, Perfect Blue e Millennium Actress, questo film fornisce
un ritratto preciso della Tokyo moderna; è una sorta di
Charles Dickens in chiave moderna, anche se Dickens si
sarebbe opposto a un travestito senzatetto come protagonista.
Anche Zatoichi di Kitano Takeshi è tratto da un classico,
The Tale of Zatoichi (Zatoichi Monogatari) di Misumi Kenji,
del 1962. Ma invece di farne un omaggio o una parodia,
Kitano ha girato questa storia di uno spadaccino mercenario
cieco nel modo più lontano possibile dall’originale. In
altre parole, lo humour di Kitano, la sua repentina violenza
e il barocchismo che ci sono familiari sono stati messi in
bella mostra. La differenza è che Kitano ha realizzato un
intrattenimento di cappa e spada destinato chiaramente al
grande pubblico invece che a un festival del cinema. Il risultato
è stato il più grosso successo della sua carriera, con
un incasso di 2,85 miliardi di yen (26,9 milioni di dollari) al
botteghino giapponese.
Una sorpresa di altro genere è invece arrivata dal film di
Shiota Akihito Resurrection (Yomigaeri), dramma romantico
interpretato da Kusanagi Tsuyoshi , che è un’icona della
tv giapponese per la sua appartenenza al gruppo pop
SMAP. Kusanagi interpreta un ufficiale governativo che
indaga su misteriose riapparizioni di morti in una città di
provincia. Nelle previsioni il film doveva rimanere nelle sale
tre settimane per poi sparire silenziosamente in videolandia.
Invece, per merito della performance attraente ed
estemporanea di Kusanagi, è diventato a sorpresa il grande
successo dell’anno nuovo, con un incasso di 3,07
miliardi di yen (28,9 milioni di dollari).
Anche Kisarazu Cat’s Eye, una commedia diretta da
Kaneko Fuminori, ha deliziato i suoi sostenitori. Tratto da
una popolare serie della TBS (Tokyo Broadcasting
System), il film narra le stravaganti avventure di cinque
giovani perdigiorno in una città di mare che giocano a
baseball da dilettanti, ingurgitano birre e corrono dietro
alle ragazze. Il colpo di scena: il leader del gruppo, interpretato
dalla pop star Okada Jun’ichi, scopre che sta
morendo di cancro e decide di dedicare i mesi che gli
rimangono da vivere a folleggiare ancor di più. Inizialmente
proiettato in due sole sale, il film ha accumulato un tale
numero di fan che il distributore Asmik Ace ne ha allargato
la programmazione a tutto il Giappone. Uscito in novembre,
per la fine dell’anno Kisarazu Cat’s Eye aveva già
incassato 1,5 miliardi di yen (14,2 milioni di dollari).
Molti dei film giapponesi più interessanti tra i 287 distribuiti
nel 2003 non sono riusciti a scalare le vette del botteghino,
in alcuni casi perché le proiezioni avvenivano in cinema
d’essai, in altri per la semplice ragione che non hanno
azzeccato il proprio mercato.
Tipico esempio di quest’ultimo caso è stato G@me, un
thriller comico di Isaka Satoshi su una giovane donna
(Nakama Yukie) che organizza il proprio rapimento per vendicarsi del ricco genitore che le preferisce la sorellastra.
Il suo socio a delinquere è un dirigente del mondo
della pubblicità (Fujiki Naohito) che è furioso per essere
stato umiliato dal padre di lei davanti ai suoi pari grado.
Mentre danno corso alla loro vendetta, i due scoprono che
le cose sono ben diverse da come appaiono, persino nel
loro rapporto. Intrigante e contorto, divertente e sfacciato,
attento alle crudeltà della società giapponese, G@me
ha comunque fatto fatica a trovarsi un pubblico. Era troppo
sofisticato per gli adolescenti e troppo cupo per il pubblico
femminile, che preferisce storie d’amore che si concludono
con una passeggiata nel tramonto.
Invece i realizzatori di Showa Kayo Daizenshu [Big Showa
Song Collection] hanno indirizzato decisamente verso il
pubblico indipendente questa black comedy su una guerra
generazionale - e hanno continuato ad attirarlo nelle sale
settimana dopo settimana. Interpretato da Matsuda
Ryuhei, la risposta giapponese a Orlando Bloom, e diretto
da Shinohara Tetsuo (First Love, Inochi), il film era infarcito
di popolari canzoni dell’Era Showa (1926-1989),
soprattutto degli anni Sessanta e Settanta. Malgrado sia
infelicemente associato alle guerre giapponesi del XX secolo,
tale periodo esercita un’attrazione nostalgica tanto sugli
ormai cresciuti Baby Boomers quanto sui loro figli, e il film
l’ha saputa abilmente sfruttare.
Ugualmente di successo, anche se in modo diverso, è stato
Lucky Ears (Fuku no Mimi), la commedia di Takigawa Chisui
su un giovane ottuso (Kudo Kankuro) che trova lavoro in
un ospizio e deve confrontarsi con il fantasma di un anziano
ospite morto da poco (Tanaka Kunie) che vuole prendere
a prestito il suo corpo per avvicinarsi a un’anziana
signora che ama. Esprimendo con forza la perseveranza
del fantasma e l’orrore della sua vittima, Tanaka e Kudo
esagerano in frenetica inventiva e millimetrica precisione. Il
destinatario principale del film era il pubblico dell’età di
Tanaka, ma anche i giovani fan di Kudo - adesso ancor più
famoso come sceneggiatore (Go, Ping Pong, Kisarazu
Cat’s Eye) che come attore - sono accorsi in massa. La
sceneggiatura del film, comunque, non è stata scritta da
Kudo, che aveva lasciato l’incarico a Tomikawa Motofumi,
sceneggiatore anche di Dr. Akagi, il film di Imamura Shohei
già in concorso a Cannes.
La più grossa scoperta dell’anno è stata Terajima Shinobu,
figlia della diva dei film di yakuza Fuji Junko. Terajima, che
è una veterana del palcoscenico e ha vinto diversi premi
come attrice negli anni Novanta, ha avuto i suoi primi due
ruoli cinematografici da protagonista nel 2003. In Vibrator
di Hiroki Ryuichi è una scrittrice bulimica e alcolizzata che
abborda un camionista biondo in un autogrill e si imbarca
con lui in un viaggio di due giorni fatto di sesso e intimità
che la porta sull’orlo dell’abisso. La performance coraggiosa
e azzardata di Terajima era così superiore a quello
che di solito si vede nei film giapponesi da collocarsi su un
piano completamente diverso.
Il suo secondo ruolo da protagonista, in Akame 48 Falls
(Akame Shijuha-taki Shinju Misui) di Arato Genjiro, era
quello di una barista che rimane affascinata da uno scrittore
solitario che soggiorna nella sua decrepita pensione.
Ansiosa di fuggire dal suo mondo, lei fa un viaggio con lo
scrittore alle leggendarie 48 cascate di Akame, con la
segreta intenzione di commettere un suicidio per amore
(shinju). Sebbene sia ambientato nella moderna
Amagasaki (un porto presso Osaka), nel film si respira l’atmosfera
di un’altra epoca, come se i personaggi fossero
caduti fuori dal tempo. Malgrado le sue pulsioni autodistruttive,
la barista di Terajima è una presenza erotica e
vibrante in un film mezzo innamorato della morte consolatrice.
All’inizio del 2004 il film indipendente che ha fatto più sensazione
è Josee, the Tiger and the Fish (Josee to Tora to
Sakanatachi) di Inudo Isshin, dramma su una giovane
affetta da paralisi cerebrale, diventata lettrice accanita ed
esperta in qualunque tipo di arcano (comprese le caratteristiche
della salmonella e del Luminol). Un giorno uno studente
universitario curioso la scopre mentre la sua eccentrica
nonna la porta in giro nascosta in un passeggino - e
il mondo di lei comincia a cambiare. Nella parte di Josee,
Ikewaki Chizuru (Osaka Story, Across a Golden Prairie) più
che una patetica vittima da salvare è una dura sopravvissuta
diffidente, che si è costruita un mondo tutto suo e non
è sicura di volervi lasciar entrare qualcuno. La sua Josee è
una figura spinosa e originale che ha fatto del film un successo
rimasto a lungo nelle sale.
Altro film che ha attirato le folle all’inizio di quest’anno è The
Hunter and the Hunted (Yudan Taiteki), una commedia di
Narushima Izuru su un poliziotto bonaccione e un astuto
ladro professionista che stringono un’improbabile amicizia.
Gli interpreti sono Yakusho Koji (Shall We Dance?) nel ruolo
del poliziotto e Emoto Akira (Dr. Akagi) nella parte del
ladro. Il film può mettere a dura prova la credulità, dal
momento che in Giappone (o in qualunque altro luogo) sbirri
e malviventi difficilmente diventano amici per la pelle, ma
Yakusho ed Emoto si adattano bene ai loro ruoli e la loro
amicizia spesso conflittuale deriva più dalla commedia
screwball classica che dal dramma casalingo giapponese.
Entrambi i film evidenziano la tendenza del cinema indipendente
ad assumere un tono più commerciale. Al tempo stesso,
un numero sempre maggiore di registi arriva dal mondo
della televisione per realizzare film ispirati, se non addirittura
tratti, da famosi programmi televisivi. Uno di questi è
Motohiro Katsuyuki, il cui Bayside Shakedown 2 ha richiamato
milioni di spettatori che probabilmente altrimenti non
avrebbero abbandonato il tubo catodico per il multisala
locale. L’industria cinematografica giapponese e quella televisiva
sono state raramente distanti negli ultimi decenni, ma
ora sembrano sempre più strettamente legate.
Mark Schilling