Sempre più lontano dal pubblico: il cinema filippino nel 2004

Il discorso sull’industria cinematografica filippina dell’anno scorso non verteva sui film stessi, bensì sul potere che essi esercitavano sulla società filippina. Fernando Poe jr., il riconosciuto "Re del Cinema Filippino", ha sfidato il presidente in carica Gloria Macapagal Arroyo nelle elezioni presidenziali del maggio 2004. Poe era sostenuto dal suo migliore amico e collega attore, l’ex presidente Joseph Estrada, attualmente sotto processo per corruzione. Poe non aveva alcuna esperienza di tipo politico né istruzione accademica, ma cose di questo genere importavano poco alla massa del pubblico cinematografico, che lo adorava e che quando lo guardava vedeva l’eroe da lui interpretato per quarant’anni sullo schermo.

In quasi tutti i suoi film, Poe interpretava l’uomo umile e tranquillo che mantiene il suo sangue freddo anche quando è incalzato da personaggi potenti e malvagi. Inevitabilmente i cattivi oltrepassano il segno, e lui è costretto a battersi al fianco degli oppressi. Si tratta della classica formula del western hollywoodiano trasferito ai tropici, della quale Poe era maestro. Faceva sembrare la vista di personaggi con cappelli da cowboy e stivali che cavalcano fra i banani perfettamente normale al pubblico filippino. Magari non aveva terminato le scuole superiori, ma capiva meglio di chiunque altro il potere dell’immagine e interpretava sempre il ruolo di onorevole difensore degli oppressi. La sua immagine cinematografica, con l’aiuto di speciali angolature ed effetti di luce, con movimenti di combattimento brevettati e una rigida pettinatura laccata, è stata accuratamente mantenuta negli anni. La sua vita privata non è mai stata in contrasto con la sua immagine pubblica; si potrebbe pensare che Poe si fosse preparato alla candidatura a presidente per quarant’anni.

Per mesi Poe ha sembrato guidare la corsa alla presidenza, ma alla fine è stata la presidente Arroyo a vincere le elezioni. Anche lei aveva tratto vantaggio dai suoi collegamenti con lo show business: il suo vice è un anchorman televisivo e il suo schieramento comprendeva tra i senatori due star di film d’azione. Ad essi se n’è aggiunta in senato una terza, un figlio dell’ex presidente Estrada.

Perché attori e altri personaggi del mondo dello spettacolo hanno avuto tanto successo alle elezioni filippine? Ci sono diverse spiegazioni possibili, che vanno dalle magagne del sistema politico filippino fino alla semplice convinzione che gli attori ed i personaggi che interpretano siano la stessa cosa. Forse gli elettori capiscono che lo show business e la politica sono una cosa sola. Le Filippine non sono l’unico stato ad avere attori-politici: anche gli Stati Uniti hanno il loro "Governatore". Siccome il potere e l’influenza dei mezzi di comunicazione globale sono in aumento, ci si può ben aspettare lo stesso fenomeno in altri Paesi.

La saga di Fernando Poe jr. è terminata bruscamente il 14 dicembre 2004, con la sua morte per infarto. Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato alla veglia e al funerale. L’ultima volta in cui si era vista una simile affluenza era stato nel 1983, dopo l’assassinio del senatore Benigno Aquino jr., quando il pubblico sdegno per la morte del senatore innescò gli eventi che portarono alla Rivoluzione contro il presidente Marcos.

I sostenitori di Poe insistevano che le elezioni erano state truccate: forse il dolore per la sua morte avrebbe portato a un’altra rivoluzione?

La risposta è giunta alcuni giorni più tardi, all’apertura annuale del Metro Manila Film Festival. Gli spiritosi hanno fatto notare che le stesse persone che avevano fatto la fila per rendere l’ultimo omaggio al "Re del Cinema Filippino" ora facevano la fila per vedere l’avventura fantastica Enteng Kabisote.

Al di fuori della politica, il cinema filippino è pieno di vigore. È invece l’industria cinematografica a trovarsi in agonia, o almeno questa è l’opinione della comunità del cinema indipendente. I film indipendenti sembrano aver avuto un buon anno, con film come Ang Pamilyang Kumakain ng Lupa (The Family That Ate Earth) di Khavn de la Cruz, Salat (Parched) e Tawid Gutom (Stomach Filler) di John Torres, Romeo Must Rock di Roxlee, Diliman di Mes de Guzman, The Island at the End of the World di Raya Martin e Bloodbank di Pam Miras. Nel frattempo, la documentarista Ditsi Carolino, regista di film incisivi e spesso strazianti sul lavoro minorile (Minsan Lang Sila Bata/They’re Only Children Once) e la povertà urbana (Riles/Life on the Tracks), ha portato nelle sale il suo ultimo lavoro, Bunso (Youngest Child).

Astig di Jon Red, che racconta di un sicario con la vista corta, si regge su una trovata intelligente: è l’attore che interpreta il killer a portare la cinepresa e a farci vedere tutto dal suo punto di vista. Gli unici momenti in cui il protagonista appare sullo schermo sono quelli in cui lo si vede su qualche superficie riflettente. Ironicamente, il protagonista-operatore del film è uno degli attori più popolari delle Filippine. Altri grossi attori appaiono in piccoli ruoli: ognuno, insomma, ha fatto la sua parte.

Il film della regista filippino-americana Ramona Diaz, Imelda, un documentario sull’ex First Lady Imelda Marcos che ha vinto il premio per la fotografia al Sundance Film Festival, ha avuto molto successo nelle sale di Manila. La stessa Imelda Marcos ha dato alla pellicola una bella spinta pubblicitaria cercando di bloccarne la programmazione; molti curiosi si sono precipitati nelle sale a vedere che cosa mai Imelda non voleva che fosse loro mostrato. Non hanno ottenuto alcuna nuova informazione o approfondimento, ma si sono divertiti lo stesso.

Babae sa Breakwater (Woman on the Breakwater) di Mario O’Hara è stato proiettato alla Quinzaine del Festival di Cannes del 2004. Si tratta di un film indipendente a basso budget e senza attori famosi. O’Hara ha scritto o diretto alcuni tra i più importanti film filippini, come Insiang di Lino Brocka e il suo Tatlong Taong Walang Diyos (Three Years Without God). Con Breakwater dimostra quello che la comunità indipendente ha sempre sostenuto: che un buon film può essere realizzato senza grossi budget e senza grosse star. Tuttavia, la produzione cinematografica intelligente deve essere accompagnata da un briciolo di abilità nel marketing, se si vuole che il film trovi degli spettatori. Il che non significa certo svendersi, bensì portare il cinema alle persone che possono esserne arricchite.

L’acclamato regista Lav Diaz ha finalmente portato alla luce il suo Ebolusyon ng Isang Pamilyang Pilipino (Evolution of a Filipino Family), al quale aveva lavorato per diversi anni. Ebolusyon ripercorre le vicende di una famiglia a partire dalla Rivoluzione del 1986 fino ai giorni nostri, in un film che dura quasi altrettanto. È indubbio che nel suo nuovo lavoro Diaz faccia stimolanti osservazioni sulla società filippina, ma con una durata di oltre undici ore, è improbabile che la pellicola venga proiettata nei multisala di Manila. Neanche il film precedente di Diaz, Batang West Side, premiato come Miglior Film dal premio della critica Gawad Urian, era uscito a Manila nella programmazione commerciale, malgrado durasse solo cinque ore.

Il film filippino campione di incassi del 2004 è stato il fantasy avventuroso Enteng Kabisote, versione cinematografica di una popolare serie televisiva degli anni Ottanta che era la versione filippina di Vita da strega. Protagonisti di Enteng Kabisote sono Vic Sotto, attore e presentatore del varietà televisivo pomeridiano più longevo delle Filippine, e Kristine Hermosa, star di soap opera televisive e testimonial di prodotti sbiancanti per la pelle. Il film ha incassato oltre 100 milioni di pesos filippini, gran parte dei quali durante il Metro Manila Film Festival.

Prodotto dalla Star Cinema, Feng Shui, un piacevole compendio di cliché horror, durante la sua permanenza nelle sale ha incassato oltre 70 milioni di pesos filippini. Nella visione del film, parte del divertimento consisteva nell’identificare le fonti da cui sono state tratte le sequenze horror (la serie The Ring, Final Destination e così via). Chito S. Roño è un regista abile, e il suo film non è solo un commento sull’attuale mania per il feng shui (geomanzia), ma anche sul genere horror in sé. Feng Shui offre anche un corso intensivo su come finanziare film attraverso la pubblicità: a un certo punto la famiglia rifà uno spot televisivo di carne in scatola. La stessa formula è stata abilmente applicata anche al prodotto successivo della Star Cinema, BCUZ OF U ; questa commedia romantica in tre episodi è apparentemente arrivata al pubblico per merito di una società locale di telefonia mobile (il titolo stesso è il testo di un SMS).

La star di Feng Shui Kris Aquino, figlia di un ex presidente filippino, ha colto un altro grosso successo con Happy Together, commedia romantica su una donna e il suo migliore amico gay, che si è piazzata al secondo posto tra i campioni d’incassi del Metro Manila Film Festival, con 70 milioni di pesos filippini. La carriera della regista Laurice Guillen ha spaziato da Salome, un dramma sessuale alla Rashomon, fino al dramma locale moraleggiante Tanging Yaman. Lo scorso anno ha realizzato Santa-Santita, la storia di una giovane donna ostinata che improvvisamente inizia a fare miracoli. Al di là delle opinioni Santa-Santita, girato in digitale ad alta definizione, vanta le interpretazioni intense dei suoi protagonisti e l’ottima fotografia di Lee Meily.

Erik Matti, i cui Prosti e Gagamboy sono stati proiettati al Far East Film, ha fatto la sua prima incursione nel cinema digitale con Pa-Siyam, un inquietante horror che fa leva più sull’atmosfera che sulla tattica degli shock. Maryo J. de los Reyes al suo acclamatissimo Magnifico ha fatto seguire Naglalayag, nel quale la diva del cinema filippino Nora Auror interpreta un giudice che ha una relazione con un tassista molto più giovane di lei.

Alla sua commedia sexy Bridal Shower Jeffrey Jeturian ha fatto seguire Minsan Pa (Again), una tranquilla storia d’amore che schiva le convenzioni del melodramma cinematografico. I protagonisti sono persone reali, con problemi reali e banali, come tenere unita la famiglia, conservare il posto di lavoro, costruire una casa. Jeturian e lo sceneggiatore Armando Lao trovano la poesia nel quotidiano: tutti sognano una grande passione, ma non tutti possono viverla.

Il Metro Manila Film Festival - due settimane all’anno di film filippini senza la concorrenza hollywoodiana - è rimasto la più grande vetrina del cinema filippino. Se il festival del 2003 aveva offerto una sorprendente varietà di generi e soggetti, il 2004 ha segnato il ritorno a materiale più sicuro. C’erano due avventure fantasy, due drammi sulla Seconda Guerra Mondiale, due horror, una commedia romantica e l’ultimo episodio della serie Mano Po sulle famiglie cino-filippine. Ironicamente, per un festival che dovrebbe coinvolgere l’intera industria cinematografica, quattro dei film sono stati prodotti dalla stessa società di produzione, e un regista aveva in gara tre film contemporaneamente.

Gli osservatori hanno richiesto una revisione delle procedure di selezione per il festival: i film in concorso vengono scelti ancor prima di essere realizzati, sulla base delle sole sceneggiature sottoposte all’esame del comitato di selezione e, se la sceneggiatura non è ancora disponibile, è sufficiente un riassunto della trama. Un critico ha fatto notare che, ad eccezione dell’horror Sigaw (Shout) di Yam Laranas, i film del festival avrebbero potuto benissimo essere stati realizzati per la televisione. Però ha fatto molta impressione l’attore Cesar Montano con un film da lui scritto, diretto e interpretato, Panaghoy sa Suba (Call of the River), epopea sulla Seconda Guerra Mondiale girata in Cebuano, una delle molte lingue usate nell’arcipelago delle Filippine.

Nel 2004 sono stati prodotti cinquanta film filippini, molto meno della media di quasi 200 film l’anno degli anni Ottanta e della prima metà degli anni Novanta. Ci sono diverse teorie sulle ragioni per cui l’industria cinematografica filippina - un tempo talmente redditizia che i produttori non vedevano la necessità di trovare un mercato estero ai loro prodotti - sia in declino fin dalla seconda metà degli anni Novanta. I leader dell’industria incolpano del crollo nella vendita di biglietti la crisi economica. Il pubblico locale, affermano, non può più permettersi di andare al cinema; anche se si potrebbe obiettare che nei periodi di depressione economica la gente è invece più incline ad andare al cinema per dimenticare i propri problemi.

L’opinione prevalente accusa inoltre il governo, che dà poco sostegno all’industria cinematografica mentre infligge imposte elevate sui film. All’incirca il 52% degli incassi finisce in imposte, la tassa municipale è del 33% e alla fine i soldi non ritornano all’industria. Anche Hollywood è indicata come un altro villain che contribuisce alle difficoltà della produzione filippina. Quest’ultima non è in grado di competere con i blockbuster americani dai budget enormi, ma non possono farlo nemmeno le industrie cinematografiche degli altri paesi. Lo spettatore medio che identifica la qualità cinematografica con i valori produttivi hollywoodiani tenderà a liquidare i film locali come imitazioni mediocri. Invece di competere direttamente con Hollywood, i produttori locali devono correre il rischio di dedicarsi a progetti più ponderati e incentrati su personaggi che siano tipicamente filippini. Sfortunatamente, pochi sono i produttori disposti ad affrontare questo rischio, e spesso sono poi delusi dai risultati al botteghino.

Anche la pirateria cinematografica è indicata come una delle cause del declino della produzione filippina. Esiste un’agenzia governativa molto importante, incaricata di perseguire i produttori e i distributori di CD e DVD illegali, che compie spesso incursioni in luoghi dove si vendono le copie pirata, ma pochi dei grossi fabbricanti sono stati catturati, e un numero ancor maggiore di venditori di copie pirata è attualmente in attività. I conservatori comunque insistono che i problemi dell’industria cinematografica filippina derivino maggiormente dalla sua "immoralità". Secondo loro gli spettatori sono disgustati dalla volgarità e dalla sessualità gratuita esibite nei film - anche se bisognerebbe dire che negli ultimi anni un divieto imposto dalla censura governativa ha costituito la migliore tattica pubblicitaria per i film a sfondo sessuale.

A tal proposito la SM Cinemas (la più grossa catena di esercizi del paese, con 132 sale in 19 centri commerciali per un totale di 97.180 posti) ha bandito dai suoi cinema tutti i film R-18, cioè vietati ai minori di 18 anni. Un membro del parlamento ha lodato la SM Cinemas per la sua presa di posizione nei confronti della "pornografia" e per il suo contributo alla "rigenerazione morale" del paese. Bisogna dire che molti tra i più grandi film filippini erano vietati ai minori di 18 alla loro prima uscita nelle sale. Inoltre il bando nei confronti dei film R-18 significa che solo i film "per famiglie" possono essere proiettati in quei cinema; in altre parole, più persone hanno accesso ai cinema e quindi le entrate aumentano.

Con il crollo della produzione, le star del cinema più famose sono migrate verso la televisione, che è diventata la fonte più importante di divertimento e informazione per i filippini. Gli spettatori possono ora vedere i loro divi preferiti gratis a casa propria. Perché dovrebbero pagare per guardare gli stessi attori sul grande schermo?

Qualunque sia il vero motivo della lunga agonia dell’industria cinematografica filippina, è chiaro che sia produttori che registi hanno perso il contatto con il pubblico. I registi mainstream rimaneggiano formule trite e ritrite molto tempo dopo che tali formule sono state rifiutate dal pubblico; i cineasti indipendenti dichiarano di avere troppi principi morali, di essere troppo "anti-commerciali", per prendere anche solo in considerazione ciò che gli spettatori vogliono. Insomma, da una parte ci si arruffiana vergognosamente il pubblico, dall’altra lo si snobba completamente. La strada per la rinascita dell’industria del cinema filippino sta da qualche parte in mezzo a questi due estremi.

L’industria cinematografica nelle Filippine è in punto di morte da così tanto tempo che si vorrebbe farla finita in modo da poter procedere alla sua ricostruzione. Ma come si fa ad essere sicuri che una rinata industria del cinema non sarà di nuovo colpita dallo stesso malessere che ha ucciso l’industria attuale?

La cosa più difficile è imparare dagli errori del passato, perché nessuno ammetterà di averli commessi. La seconda cosa difficile è accettare il futuro, perché nessuno ammetterà di aver ormai fatto il suo tempo.

Jessica Zafra