In calo, ma non in picchiata: il cinema giapponese nel 2007

Nel 2006, per la prima volta in sedici anni, l’industria cinematografica giapponese ha conquistato una quota di mercato maggioritaria - perdendola di nuovo nel 2007, quando è passata dal 53,2 % al 47,7 %. Dopo decenni di declino, il breve momento di trionfo era già finito?

Non proprio. Innanzi tutto, il calo riguarda più il vertice che la massa complessiva. Nel 2006, sei titoli giapponesi hanno incassato almeno cinque miliardi di yen (47 milioni di dollari USA) - il che, nel mercato giapponese, è il segno del supersuccesso. Nel 2007, solo due titoli – il thriller Hero (64 milioni di dollari) e l’ultimo episodio di Pokémon (47 milioni) -hanno oltrepassato quel traguardo, rispetto a quattro film hollywoodiani: Pirates Of The Caribbean (Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo) con 102 milioni, Harry Potter And The Order Of The Phoenix (Harry Potter e l’Ordine della Fenice) con 88 milioni di dollari, Spider-Man 3 con 67 milioni di dollari e Letters From Iwo Jima (Lettere da Iwo Jima) con 47,6 milioni - per quanto quest’ultimo film, con il suo cast interamente giapponese, potrebbe essere considerato un film giapponese per procura.

Al di sotto di questa stratosfera del botteghino, i film giapponesi sono andati bene: 29 di loro hanno incassato almeno 1 miliardo di yen (9,3 milioni), rispetto a 22 film stranieri. È vero che il numero di film distribuiti è sceso da 417 nel 2006 a 407 nel 2007, ma data la contrazione del box office totale nello stesso periodo, pari al 2,2% su 1.854 miliardi di dollari USA, un aumento dei film usciti sarebbe stato più sorprendente. Il numero di film stranieri distribuiti, 403, rimane quasi immutato.

Malgrado le cifre confortanti, la ricchezza è distribuita in modo disomogeneo. Alla Toho (il Godzilla da 900 tonnellate della distribuzione e dell’esercizio in Giappione) appartengono nove dei primi dieci titoli della classifica al botteghino, a partire da Hero. L’unica eccezione è stato il dramma di samurai di Yamada Yoji Love And Honor (Bushi No Ichibun), distribuito dalla Shochiku. Le altre due major apparenti, la Toei e la Kadokawa Pictures, erano escluse dalla top ten, la Toei con tre soli film oltre il traguardo di un miliardo di yen, e la Kadokawa con nessuno, rispetto ai cinque della Shochiku e ai 20 della Toho (l’unica ad avere superato la soglia del miliardo, pur non essendo una major, è stata la Klockworx, con l’ultimo episodio della franchise di animazione fantascientifica Evangelion).

Ci sono due ragioni fondamentali per il dominio della Toho, ed entrambe risalgono a decenni fa. Prima di tutto, la Toho possiede il proprio circuito di sale, che è il più esteso del Paese. Inoltre, la Toho ha creato, nel corso degli anni, fortissimi rapporti con i network televisivi, le compagnie di animazione e altre aziende mediatiche che, un anno dopo l’altro, producono i film commerciali più importanti.

Tra le emittenti televisive, il produttore più importante è da tempo la Fuji TV. Il megaproduttore Kameyama Chihiro ha portato la rete ai primi posti, con la serie Bayside Shakedown (Odoru Daisosasen), un thriller poliziesco centrato su un ex colletto bianco diventato poliziotto, impertinente ma molto zelante, che combatte sia con i ladri sia con i burocrati della polizia, nell’area della Baia di Tokyo - dove per inciso si trova la sede della Fuji TV. Il primo episodio della serie, Bayside Shakedown, ha incassato 95 milioni di dollari nel 1998, mentre il secondo, Bayside Shakedown 2, ha incassato 164 milioni di dollari nel 2003, più di qualsiasi altro film di quell’anno, compreso il primo Harry Potter. Nel 2005 hanno avuto successo anche due spin-off dedicati a personaggi minori dei primi due titoli.

L’ultimo colpaccio di Kameyama al botteghino è Hero, in origine una serie televisiva, interpretato dalla superstar Kimura Takuya nei panni di un trasgressivo ex delinquente, ora pubblico ministero. In televisione, ogni episodio raggiunse degli indici di ascolto superiori a 30 quando venne trasmesso, da gennaio a marzo 2001. Invece di scritturare Kimura e gli altri per un’altra stagione, la Fuji ha accantonato la serie per cinque anni, riprendendola in uno special trasmesso nel luglio 2006. Ma Kameyama e il suo team stavano già sviluppando un lungometraggio dal titolo Hero. Uscito l’8 settembre su 450 schermi, è schizzato in cima al box office e c’è rimasto.

La Fuji ha avuto successo la scorsa estate anche con Monkey Magic (Saiyuki ), la versione non d’animazione del racconto cinese classico Viaggio in Occidente, la storia di un sacerdote che viaggia alla ricerca di sacre scritture buddhiste in compagnia di tre animali. La storia del film, però, si concentra sulla lotta per il possesso di un potente globo magico, che è in grado di precipitare il mondo nelle tenebre più totali. Il film è interpretato da Katori Shingo, del famoso gruppo pop SMAP a cui appartiene anche Kimura, e ha incassato 40 milioni di dollari.

Anche i maggiori concorrenti della Fuji tra i network - Tokyo Broadcasting System (TBS) e Nippon Television Network (NTV) - hanno avuto la loro parte di successi. Il successo principale per la TBS è stato Dororo, un fantasy avventuroso basato su di un fumetto di Tezuka Osamu: la storia di un eroico guerriero che il padre aveva smembrato da bambino, ma miracolosamente è stato ricostruito, con una parvenza di normalità, da un medico erborista. Il guerriero parte per sconfiggere i demoni che possiedono le parti originali del suo corpo, e rimetterle al loro posto. Diretto da Shiota Akihito e interpretato da Tsumabuki Satoshi nei panni del guerriero e Shibasaki Kou in quelli della sua compagna, un maschiaccio di ragazza, il film ha incassato 31,5 milioni di dollari.

Un altro filmone dei network è Crows - Episode 0 (Crows Zero), la versione di Miike Takashi del fumetto di Takahashi Hiroshi che parla di gang giovanili in lotta. Con il marchio caratteristico di Miike, un misto di ultraviolenza e black comedy, e con un cast di giovani divi di moda che hanno un grande seguito femminile, Crows è diventato il più grande successo al botteghino fra tutti gli oltre 70 film di Miike, incassando 23 milioni di dollari.

Intanto, la NTV ha fatto uscire Always - Sunset On Third Street - 2 (Always Zoku 3 chome No Yuhi), il sequel della commedia drammatica del 2005 sugli abitanti di un affollato quartiere di Tokyo intorno al 1958. Il nuovo film è ambientato nel 1959, quando il boom edilizio per le Olimpiadi di Tokyo del 1964 è appena iniziato, e Tokyo sta per cambiare per sempre. Argomento base: la lotta di uno scrittore senza successo (Yoshioka Hidetaka) per vincere un grande premio letterario - il soggetto più improbabile che si possa immaginare per un film di Hollywood. Ma la ricostruzione meticolosa della Tokyo degli anni Cinquanta - realizzata utilizzando più i pixel della computer graphics che edifici, auto e treni autentici - ha attirato i nostalgici dell’epoca del Baby Boom, mentre questo dramma pieno di calore umano, con la sua descrizione di legami familiari e vicini di casa affezionati e premurosi, ha aperto i rubinetti del pianto nel pubblico di tutte le età. L’incasso complessivo, pari a 31 milioni di dollari, è superiore a quello del primo episodio, ma le possibilità di un Always 3 sembrano un po’ remote.

Negli ultimi dieci anni in Giappone il genere commerciale che è andato per la maggiore è stato il dramma strappalacrime, a partire da Yukisada Isao con Crying Out Love In The Center Of The World (Sekai No Chushin De Ai O Sakebu), un film drammatico del 2004 su una tragica storia d’amore adolescenziale, che ha incassato 79 milioni di dollari.

Lo scorso anno il genere ha iniziato a dare segni di stanchezza al botteghino, perché il pubblico si era stancato di tutti quei film su adolescenti morenti. Un’eccezione è rappresentata da Sky Of Love (Koizora), un dramma della TBS basato su un famoso racconto per cellulari. Il pubblico, formato in maggioranza da ragazzine, ha pianto fiumi di lacrime su questa storia triste, che narra di una adolescente (Yui Aragaki) che si innamora di un ragazzo ribelle ma sensibile, e decide di tenersi il bambino che aspetta da lui, contro il parere dei genitori - ma finisce per perdere tutto, salvo la memoria del loro amore tempestoso. L’incasso lordo, pari a 28 milioni di dollari, non sarà forse all’altezza di Crying Out, ma il fenomeno Koizora dimostra il potere contagioso del marketing via cellulare -l’unico accessorio davvero indispensabile per tutti gli adolescenti della terra.

Il film che ha raccolto più premi quest’anno, però, è stato I Just Didn’t Do It (Sore Demo Boku Wa Yatteinai) di Suo Masayuki, decisamente non uno strappalacrime. Si tratta di una vicenda processuale, in cui un impiegato (Ryo Kase) è accusato ingiustamente di avere palpato una ragazzina su di un treno per pendolari. Il film, basato su un’accurata ricerca condotta da Suo, ha rappresentato un atto d’accusa quieta ma devastante del sistema giuridico giapponese, nel quale gli imputati nei processi criminali hanno una possibilità su cento di venire assolti e molte condanne sono frutto di confessioni forzate. Il sondaggio annuale tra i critici sulla rivista Kinema Junpo lo ha scelto come miglior film dell’anno, e I Just Didn’t Do It ha vinto numerosi altri premi in patria.

Un altro film pluripremiato è Tokyo Tower: Mom And Me, And Sometimes Dad (Okan To Boku To Tokidoki Otan), un dramma sul rapporto madre-figlio basato sulle memorie dell’illustratrice Lily Franky. Ha vinto cinque Japan Academy Awards per il 2008, e in particolare: miglior film, miglior regia (Matsuoka Joji) e miglior sceneggiatura (Suzuki Matsuo). Kiki Kirin ha vinto il premio come miglior attrice nelle vesti della mamma linguacciuta dell’eroe, mentre Koyabashi Kaoru ha vinto come miglior attore non protagonista per la sua interpretazione del padre dell’artista scapestrato. Odagiri Joe è rimasto invece a mani vuote per il suo ruolo del figlio dell’illustratrice, freddo ma preoccupato, che porta la madre da Kyushu a Tokyo per le cure oncologiche.

Ignorato dai critici di Kinema Junpo e dalla Japan Academy, il dramma di Kawase Naomi The Mourning Forest (Mogari No Mori) ha vinto un premio molto più prestigioso, il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 2007. Il film parla di una donna che, dopo la morte del figlio, inizia a prestare assistenza in un casa di riposo e si ritrova impegnata ad aiutare nella sua ricerca un uomo in preda alla senilità, determinato a ritrovare la moglie morta. The Mourning Forest è girato nei luoghi prediletti da Kawase, i campi e i boschi della Prefettura di Nara, di cui è originaria, con il suo caratteristico lirismo e la sua sensibilità, ma con un nuovo smalto tecnico. Tutti si chiedono come mai i critici di Kinema Junpo l’abbiano ignorata, ma il suo commento, durante una conferenza stampa dopo Cannes, secondo cui “dopo Kurosawa e Oshima, penso che Kawase sarà il prossimo nome conosciuto all’estero... tra i cineasti giapponesi”, potrebbe aver dato fastidio a qualcuno. Però dopo questo trionfo, che arriva dieci anni dopo aver vinto la Caméra d’Or per il suo primo lungometraggio, Suzaku (Moe No Suzaku), è difficile non essere d’accordo con lei.

L’exploit di Kawase ha scardinato una porta che altre registe hanno attraversato sempre più numerose negli ultimi cinque anni. Una di loro è Ninagawa Mika, il cui dramma in costume Sakuran è stato un successo a sorpresa lo scorso anno, particolarmente apprezzato dalle giovani, per le quali il “dramma in costume” è spesso sinonimo di “pesante” e “all’antica”. Il film, basato su un celebre fumetto di Anno Moyoco, si concentra sulle vite e gli amori delle oiran - concubine di alto rango - nel distretto a luci rosse di Yoshiwara a Edo (la Tokyo dell’epoca feudale). Ma invece di calcare la mano sul pathos e sulle giapponeserie come Memoirs Of A Geisha (Memorie di una geisha), Ninagawa ha reinventato audacemente il periodo secondo la propria estetica esuberante e coloratissima. La sua eroina oiran - una ragazza ribelle interpretata con forte personalità da Tsuchiya Anna - somiglia più a una donna di oggi che a un personaggio del passato.

Quest’anno si preannuncia anche migliore per il cinema giapponese, almeno per quanto riguarda le quote di mercato. La singola ragione più forte è questa: in estate dovrebbe uscire Ponyo On The Cliff (Gake No Ue No Ponyo), il nuovo film di animazione di Miyazaki Hayao. Primo film in quattro anni, dopo l’enorme successo del 2004 di Il castello errante di Howl (Howl No Ugoku Shiro), Ponyo è realizzato con uno stile da acquerello, nuovo per i film di Miyazaki ma in linea con la sua tradizionale estetica “dipinta a mano”. La storia parla di un bambino di cinque anni che incontra una principessa pesciolino rosso che vuole diventare umana, ed è una novità rispetto alle abituali eroine di Miyazaki, adolescenti o preadolescenti. Indipendentemente dalla natura “sperimentale” del film, sarà senza dubbio un grande successo. Un motivo è che i suoi fan temono che Miyazaki, 67 anni, mantenga davvero l’ennesima promessa di ritirarsi, così vogliono vedere il suo ultimissimo “ultimo film”.

Ma Miyazaki potrebbe anche decidere di non mollare, seguendo l’esempio di Yamada Yoji, 76 anni, che ha realizzato alcuni dei film più belli e di maggiore successo della sua carriera dopo i 70 anni. Il primo è stato, nel 2003, il film di samurai The Twilight Samurai, che ha avuto una nomination all’Oscar per il miglior film straniero, mai successo prima per un film di Yamada. Lo scorso anno Love And Honor (Bushi No Ichibun), il terzo film della sua “trilogia samurai”, ha incassato 38,5 milioni di dollari, con la superstar giapponese Kimura Takuya nei panni del samurai cieco che ha fatto saltare in aria il botteghino.

In gennaio è uscito l’ultimo film di Yamada, Kabei – Our Mother (Kaabee), un dramma familiare basato sulle memorie di guerra di Nogami Teruyo, supervisore delle sceneggiature di Kurosawa Akira per più di quarant’anni. L’icona dello schermo Yoshinaga Sayuri è la protagonista, nel ruolo di una madre che deve provvedere alle sue giovani figlie dopo che il marito, un professore di letteratura tedesca, viene arrestato per reati d’opinione in una notte del 1940. Girato con un controllato realismo che non si vede spesso nei film mainstream, anche se con il caratteristico umorismo populista di Yamada, Kabei non era considerato dai pronostici dell’industria un film in grado di funzionare al box office; invece ha riempito i cinema, in particolare con un pubblico sopra i 50 anni, e attualmente si calcola che dovrebbe incassare 25 milioni di dollari. Presentato in concorso al Festival di Berlino, è tornato a mani vuote, ma è stato accolto con calore dal pubblico locale - il distributore Shochiku, che rappresentava il film allo European Film Market, ha dichiarato di averlo venduto in 17 paesi.

Il grande vincitore giapponese al Festival di Berlino è stato Kumazaka Izuru, che ha ricevuto il premio per la miglior opera prima nella sezione Forum, per Asyl – Park And Love Hotel, un dramma su una donna nervosa di mezz’età che gestisce un “albergo dell’amore” a ore e ha trasformato il tetto in un giardino per il vicinato. La donna incontra diversi visitatori, compresa una tredicenne in fuga e una casalinga sola, ma mantiene intatta la sua scorza dura, finché un giorno inaspettatamente scoppia - e rivela i segreti del suo passato. Il film, originale nella narrazione e percettivo per quanto riguarda gli strani percorsi del cuore, è uscito in Giappone in aprile.

Il maggior successo locale dell’anno, fino ad oggi, è L change the WorLd, spin-off dei thriller fantasy di successo della serie Death Note, diretto da Nakata Hideo (famoso per la serie Ring). Durante il primo weekend, dal 9 all’11 febbraio, il film ha raggiunto la cifra di 7,9 milioni di dollari per 670.754 presenze, l’avvio più consistente di qualsiasi film nel mercato giapponese nel 2008. La Warner Bros Japan, che distribuisce L e i due Death Note, ha calcolato che i tre film insieme arriveranno a un incasso di 112 milioni di dollari USA e a 10 milioni di biglietti venduti.

Basato su un fumetto di Obata Takeshi che ha venduto 26 milioni di edizioni paperback in 12 volumi, i due film Death Note, diretti entrambi da Kaneko Shusuke, raccontano la storia di Light (Fujiwara Tatsuya), uno studente universitario che trova un quaderno con il potere di far morire chiunque abbia il nome iscritto in esso. Inizialmente usa il quaderno per sfoltire le fila dei criminali, ma ben presto il suo lato oscuro prende il sopravvento e Light inizia a uccidere chiunque gli dia fastidio. La polizia annaspa e chiama in aiuto un investigatore strano ma brillante, conosciuto solo come L (Matsuyama Ken’ichi). Curvo sul monitor del computer, ingozzandosi incessantemente di dolciumi e schifezze, L è allo stesso livello intellettuale di Light, noto al pubblico come Kira (Killer).

L è diventato un eroe di culto - il volto pallido, gli occhi evidenziati dal kohl e gli onnipresenti dolciumi hanno ispirato molti costumi di Halloweeen - e i coproduttori di Death Note, capeggiati dalla Nippon Television Network, hanno deciso di realizzare uno spin-off con il personaggio. La storia parla di un complotto ordito da un gruppo ambientalista estremista per sfoltire la popolazione mondiale diffondendo un virus killer. Invece di restare incollato al monitor, L fa l’eroe da film d’azione, accorrendo in aiuto di due ragazzi: un ragazzino thailandese muto sopravvissuto allo scoppio di un’epidemia che ha cancellato il suo villaggio, e una ragazzina giapponese che è rimasta intrappolata in un laboratorio di malattie infettive insieme a un terrorista contagiato dal virus.

Contemporaneamente a L change the WorLd la Toho ha distribuito - attirando folle di spettatori allo stesso modo - The Glorious Team Batista (Team Batista No Eiko) di Nakamura Yoshihiro. Anch’esso ha un tema medico ma è più un rompicapo, un giallo alla Agata Christie, che un thriller. Takeuchi Yuko interpreta una stravagante psicologa ospedaliera, che deve indagare su delle morti misteriose per mano di un’équipe operatoria e stabilisce che sono accidentali. Abe Hiroshi interpreta un burocrate del Ministero della Salute che sente odore di assassinio e in modo arrogante assume l’indagine, ma ha bisogno dell’aiuto di Takeuchi per puntare su di un sospetto. Si prevede che questo titolo, basato su un romanzo bestseller di Kaido Takeru, supererà la soglia dei venti milioni di dollari - un colpo sicuro per i produttori della TBS.

Il resto del catalogo Toho per il 2008 sembra altrettanto forte. Per la “settimana d’oro” di vacanza di fine aprile/inizio maggio, la Toho ha previsto l’uscita di Shaolin Girl, una collaborazione potenzialmente vincente tra Motohiro Katsuyuki, regista dei film della serie Bayside Shakedown, e l’attrice Shibasaki Kou (Sinking of Japan, Dororo) nel suo primo ruolo tutto d’azione. In maggio dovrebbe uscire il remake del classico di Kurosawa Akira La fortezza nascosta del 1958, The Hidden Fortress (Kakushi Torisde No San Akunin), diretto da Higuchi Shinji. Il film potrebbe essere fatto a pezzi dalla critica, come un altro recente remake di Kurosawa, Tsubaki Sanjuro di Morita Yoshimitsu, ma ha un suo pubblico già pronto tra gli appassionati dei duelli all’arma bianca tra samurai.

Per quanto riguarda i film indipendenti in arrivo, Kurosawa Kyoshi farà uscire Tokyo Sonata, un film su una famiglia disfunzionale con la sceneggiatura dell’australiano Max Mannix. Sia il soggetto sia il fatto che lo sceneggiatore non sia giapponese sono una novità per Kurosawa, il “Principe delle Tenebre” del genere J Horror.

Kore-eda Hirokazu, regista degli applauditissimi After Life (Wonderful Life, 1998) e Nobody Knows (2004), ha completato Even If You Walk And Walk (Ariutemo Aruitemo), un film sui legami familiari e sulle memorie: sono entrambi temi ricorrenti nella sua opera, ma anche la promessa di un ritorno all’origine dopo il film storico Hana (Hana Yori Mo Naho, 2007), un tentativo di commedia tiepido, anche se ben girato.

Kawase Naomi ha finito le riprese di If Only The Whole World Loved Me (Sekaiju Ga Watashi O Suki Dattara). Nel film, Hasegawa Kyoko è una donna che lascia il suo impiego part-time e abbandona il partner per una nuova vita in Thailandia - una partenza anche per Kawase, che raramente si è avventurata, cinematograficamente parlando, al di fuori della natia Prefettura di Nara.

Tutti e tre i film puntano a Cannes - ma i loro registi, e altri autori della New Wave degli anni Novanta, non sono più al centro della discussione tra i critici e gli appassionati. Una New Wave degli anni Duemila deve ancora emergere, ma i nuovi talenti arrivano da tutte le direzioni, dal mondo dei film pink (porno soft), dall’industria dei videogiochi, o dalla strada più convenzionale (almeno in Occidente) delle scuole di cinema e dei film indipendenti.

La produttività di questi e altri registi giapponesi rende difficile tenere il passo. Ma grazie a tali registi, questo è anche un periodo interessantissimo per guardare film giapponesi.

Mark Schilling