Rapito. La strana vita cinematografica di Shin Sang-ok

Nella storia del cinema, sono certamente pochi i registi che possono aver sperimentato rovesci della sorte tanto drammatici quanto quelli del maestro coreano Shin Sang-ok. Nato nel nord della penisola coreana nel 1925, Shin studiò arte surrealista alla Tokyo Arts University nei primi anni Quaranta, finché a causa del bombardamento aereo di Tokyo da parte degli americani fu costretto a trasferirsi a  Seoul. La sua prima esperienza nell’industria del cinema fu nel reparto scenografia del classico di Choi In-kyu Hurrah! Freedom (1946). Esordì come regista durante la guerra di Corea; le riprese della sua opera prima Evil Night furono interrotte a causa dell’avanzata dell’esercito del Nord, e il film fu terminato due anni dopo, nel 1952. Durante la guerra Shin si innamorò e sposò la diva del cinema Choi Eun-hee, che aveva un ruolo da comprimaria in Evil Night e che avrebbe poi interpretato diversi suoi film. Verso la fine degli anni Cinquanta, Shin e Choi stavano sfornando una serie di film di successo che avrebbero consolidato definitivamente la loro fama.
L’apice della loro importanza arrivò negli anni Sessanta, quando Shin realizzò un buon numero di classici pluripremiati ed era anche a capo della più grande società di produzione coreana, la Shin Film. Nel suo momento di massimo splendore, la società aveva oltre 300 dipendenti e sfornava 25 film all’anno. Shin era anche attivo nel sostenere gli scambi di pellicole con Hong Kong, tanto che girò egli stesso quattro coproduzioni fra Hong Kong e Corea, e ne produsse diverse altre.
Tuttavia, negli anni Settanta Shin non era più nelle grazie del dittatoriale presidente coreano Park Chung-hee. Il suo impero cinematografico iniziò a crollare e una dura censura rese quasi impossibile per Shin girare film alle sue condizioni. Nel 1975 il governo gli revocò il permesso di lavorare nell’industria del cinema. Poi, secondo le dichiarazioni dello stesso Shin, sua moglie sparì durante un viaggio a Hong Kong nel 1978. Cercò di seguirne le tracce nella speranza di ritrovarla, ma un giorno, in un vicolo, gli tirarono una borsa in testa e perse i sensi.
Choi e Shin erano stati rapiti da agenti della Corea del Nord, e vennero portati nella capitale Pyongyang su ordine di Kim Jong-il che sperava di far rinascere l’industria cinematografica nordcoreana. La coppia trascorse i primi cinque anni in celle separate dopo aver rifiutato di cooperare, ma fu poi riunita e i due ripresero ancora una volta a fare film insieme. Dopo aver girato sette lungometraggi e ricevuto premi a diversi festival (un premio per la miglior regia a Karlovy Vary per An Emissary Of No Return nel 1984 e un premio come miglior attrice per Choi Eun-hee a Mosca nel 1985 per Salt), i due fuggirono durante un viaggio in Europa, chiedendo asilo all’ambasciata americana di Vienna. Poi si trasferirono a Hollywood, dove Shin lavorò come produttore alla serie Three Ninjas sotto lo pseudonimo di Simon Sheen. In quegli anni diresse anche diversi film nella Corea del Sud.
Negli ultimi anni il suo lavoro ha ottenuto maggior visibilità in tutto il mondo, con grandi retrospettive al Pusan International Film Festival nel 2001 e al MoMa di New York nel 2002. Il suo film di impegno per l’educazione sociale The Evergreen (1963) ebbe una proiezione speciale al Festival di Cannes del 2003. Purtroppo Shin è morto di insufficienza epatica nel 2006; sua moglie, che ora ha 82 anni, vive a Seoul.  
La filmografia di Shin raggiunge alti livelli, ma è certamente discontinua, in parte anche perché per tutta la sua carriera egli si avventurò continuamente su nuovi territori.  Egli assunse il duplice ruolo di produttore e regista sin dal suo primo film e, in questo ruolo, fece incursioni pionieristiche in nuovi generi, nuove tecnologie (il suo Sung Choon-hyang del 1961 fu il primo film coreano girato a colori in Cinemascope) ed effetti speciali ambiziosi (come nel film di guerra del 1964 Red Muffler). Era un uomo dalle mille attività che in diverse produzioni ricoprì il ruolo di direttore della fotografia, montatore, art director e sceneggiatore. Era anche il più cosmopolita tra tutti i cineasti coreani e nella sua opera si notavano influenze che andavano da Kurosawa al neorealismo italiano. Inoltre era abituato ad oltrepassare i limiti delle convenzioni in termini di costumi sociali, andando dallo sfacciatamente controverso A Flower In Hell (1958) fino al sessualmente esplicito (per l’epoca) Eunuch (1968).
Era questa energia a distinguere l’opera di Shin da quella dei suoi contemporanei. Forse Kim Ki-young era un genio e Yu Hyun-mok era più intellettuale, ma Shin Sang-ok combinava una perspicace comprensione del suo pubblico con un appassionato desiderio di sviluppare il cinema nazionale. Scorrendo la storia del cinema coreano negli anni Sessanta, si ha a volte l’impressione che Shin si trascinasse dietro l’intera industria cinematografica.
Questa mini-retrospettiva è incentrata sui film di fine anni Cinquanta; un gruppo di opere che - fatta eccezione per l’ampiamente apprezzato A Flower In Hell - sono state relativamente trascurate nelle precedenti retrospettive che gli sono state dedicate. Eppure quei film rappresentavano una fase decisiva e molto caratteristica della carriera di Shin, che consolidò la carriera divistica di Choi Eun-hee e diede a Shin lo slancio per la sua ascesa verso il potere e il successo dei primi anni Sessanta.
I film selezionati comprendono il grande successo A College Woman's Confession (1958), su una donna che si fa coinvolgere in un grosso raggiro per entrare in una scuola di giurisprudenza; A Sister's Garden (1959) in cui una donna dell’alta borghesia si riduce in miseria dopo la morte del padre ed è costretta a lavorare come barista; It's Not Her Sin (1959), in cui una gravidanza indesiderata porta a un’intima ma tesa collaborazione tra due donne; e infine il leggendario A Flower In Hell (1958), su un uomo di campagna sedotto dalla ragazza del suo fratello maggiore, una prostituta che lavora con i soldati americani.
I film di Shin che risalgono a questo periodo sono forse meno sfavillanti e più lenti nello sviluppo della storia rispetto ai suoi classici degli anni Sessanta, ma la loro energia emozionale complessiva è spesso più forte, e riflette la caotica incertezza del periodo postbellico, quando Seoul e altre città erano ancora in fase di ricostruzione e la società si stava liberando delle sue vecchie tradizioni e dei suoi vecchi valori. In particolare, la vita delle donne era stata rivoluzionata: la rapida modernizzazione sembrava offrire nuove opportunità ma, al tempo stesso, la rottura dei vecchi codici sociali le esponeva a nuovi pericoli.
I quattro film summenzionati potrebbero essere tutti definiti melodrammi incentrati sulle donne. Eppure, com’è tipico nell’opera di Shin, essi sono anche influenzati dal genere, come ad esempio nel caso della sequenza dell’inseguimento nel finale di A Flower In Hell o nei simboli dal sapore noir di It's Not Her Sin. Anche nelle sue sequenze drammatiche più tranquille, Shin dimostrava di essere un esperto nel creare tensione, come nella parte centrale di A College Woman's Confession, quando non è ben chiaro dove la protagonista si trovi e che intenzioni abbia.  
Soprattutto, i film sono dominati dal complesso personaggio di Choi Eun-hee, che coglieva meglio di qualunque altra attrice tutta la gamma di dilemmi, nuovi ruoli sociali e tragedie che una donna doveva affrontare nel tumultuoso periodo postbellico. La guerra di Corea aveva lacerato famiglie (a volte divise a metà dal confine che divideva le due Coree), aveva prodotto all’incirca 390.000 vedove (che dovevano affrontare pressioni sociali affinché non si risposassero) e aveva trascinato moltissime donne nella forza lavoro. Contemporaneamente la Corea, che si trovava nel pieno di un massiccio sforzo di ricostruzione, si stava rapidamente modernizzando - fenomeno, questo, incoraggiato dall’aiuto economico americano e dalla presenza di truppe statunitensi a Seoul e in altre città (nel 1957 c’erano circa 40.000 prostitute coreane che lavoravano con i soldati americani). I giovani accolsero rapidamente la nuova cultura consumistica Occidentale, dai balli alla moda alla musica, sebbene ci fossero altre fasce della società coreana che vedevano con preoccupazione i cambiamenti in atto. E le battaglie tra chi voleva conservare le abitudini culturali tradizionali e chi propendeva per una cultura più moderna e individualistica venivano inevitabilmente combattute sulle donne.
Il pubblico femminile dell’epoca trovava in Choi Eun-hee un personaggio che incarnava l’accresciuta complessità della vita delle donne. L’immagine che lei rimandava era leggermente diversa in ogni film, ma i personaggi risultavano familiari: una vedova in Dongsimcho (1959), una futura avvocatessa in A College Woman's Confession, una barista in disgrazia in A Sister's Garden e (il più controverso) una prostituta in A Flower In Hell. Choi interpretava il ruolo della “donna qualunque” del suo tempo, ma allo stesso tempo era tutt’altro che ordinaria e, persino nei suoi ruoli più conservatori, risultava una figura decisamente moderna - una che affrontava le sfide della vita con forza di carattere e intelligenza. In qualche modo, lei esprimeva le migliori qualità della nuova cultura moderna.
Il pubblico era consapevole che la sua stessa vita era stata movimentata quanto molti dei film che aveva interpretato. A 17 anni, contro il volere di suo padre, Choi se ne andò di casa per farsi strada nel mondo dello spettacolo. Fece il suo esordio nel cinema nel 1947 con A New Oath, e si innamorò e poi sposò il direttore della fotografia  Kim Hak-seong, per divorziare pochi anni più tardi e sposare Shin. In un’altra epoca, lo scandalo che ne derivò avrebbe potuto rovinarle la carriera, ma visto che tutto era accaduto sullo sfondo destabilizzante della guerra di Corea, il pubblico non gliene fece una colpa e le riviste di cinema dell’epoca enfatizzarono le sue abilità domestiche e la sua devozione per Shin.
Verso la fine degli anni Cinquanta, Choi e Shin stavano arrivando in vetta all’industria del cinema. Dopo aver gradatamente costruito la propria notorietà per tutto il decennio, Choi interpretò 8 film nel 1958 e altri 12 nel 1959. Per Dongsimcho (1959) di Shin, ricevette un compenso record di due milioni di hwan. In quell’epoca il fenomeno del divismo cinematografico si stava rapidamente diffondendo, in parte grazie al successo delle prime riviste di cinema coreane. Lo stesso Shin faceva un’agguerrita promozione a Choi e alle altre star della sua scuderia Le due grandi società rivali dell’epoca erano la Seonmin Film Company, che aveva sotto contratto la famosa coppia cinematografica formata da Kim Ji-mi e Choi Mu-ryeong, e la Shin Sang-ok Productions, con Choi e l’attore Namgung Won.
Anche per Shin la strada per il successo era stata piuttosto accidentata. Aveva avuto presto i consensi della critica per il suo film d’esordio (attualmente perduto) Evil Night (1952) che, come A Flower In Hell era incentrato su una cosiddetta "Principessa Occidentale” (una prostituta che lavorava con i soldati americani. Anche il film di tematica buddhista Dream (1955) - che Shin affermava essere stato parzialmente ispirato da Rashomon - fu bene accolto, ma sfortunatamente anche di questo non è sopravvissuta alcuna copia (ne fu fatto un remake nel 1967). Comunque, è solo con il dramma storico Youth (1955) che Shin ottenne un certo successo al botteghino. Egli cercò poi di replicare tale successo con Shadowless Pagoda (1957), un altro dramma storico interpretato da Choi Eun-hee, ma il fallimento commerciale del film lo riportò con i piedi per terra, e nemmeno A Flower In Hell, il suo primo film del 1958, riuscì ad attirare l’interesse del grande pubblico (malgrado il fascino che esso esercita sugli spettatori di oggi).
I contemporanei di Shin affermano che A College Woman's Confession (1958) fu un “o la va o la spacca” per il regista, visti i trascorsi fino a quel momento. Ma per fortuna il film fu accolto entusiasticamente e rimase a lungo nelle sale (quasi un mese), vendendo 130.000 biglietti nella sola Seoul. L’anno seguente, Dongsimcho e il melodramma (attualmente perduto) Chun-hee vendettero anch’essi circa 100.000 biglietti ciascuno al botteghino, mentre It's Not Her Sin e A Sister's Garden arrivarono a 50.000.
All’inizio della sua carriera, Shin aveva sfruttato le risorse finanziarie di suo fratello per fondare la compagnia di produzione Shin Sang-ok Productions nel 1952 e la società di distribuzione Seoul Films nel 1955. Ma, nel 1959, dopo il successo commerciale dei suoi melodrammi di fine anni Cinquanta, egli aprì a Seoul la Wonhyo Film Studio e investì molto in attrezzature e infrastrutture, aumentando anche il numero di divi che aveva sotto contratto. All’inizio degli anni Sessanta, inoltre, si impegnò entusiasticamente nel lancio di nuovi attori come Shin Young-gyun, star del suo dramma storico a grosso budget Yonsan-gun (1961).
Grazie ai suoi successi commerciali e ai fattivi sforzi per sviluppare l’industria del cinema, Shin era ormai considerato un leader del settore. Si assicurò anche di mantenere buoni rapporti con il governo, girando nel 1959 Independence Association And The Young Rhee Syngman, sulle esperienze di formazione dell’allora presidente Rhee. L’industria cinematografica allargata era entrata in un periodo di rapida crescita, grazie all’abbattimento delle tasse e ad altre politiche governative favorevoli al settore. Mentre nel 1955 la Corea del Sud aveva prodotto solo 15 film (compresi due di Shin), nel 1959 ne produsse ben 111, e per il cinema coreano ebbe inizio un periodo di espansione.
Gli anni Sessanta però avrebbero portato qualche sorpresa inaspettata. Nell’aprile 1960, delle grosse dimostrazioni indette dagli studenti contro le elezioni obbligarono il presidente Rhee ad abbandonare il potere. Seguì una breve parentesi di vera democrazia. Nel maggio del 1961, però, una crisi economica forniva al generale Park Chung-hee il pretesto per prendere il potere con un colpo di stato. Park avrebbe poi governato con modi sempre più autoritari per i successivi diciotto anni.
Per Shin, intanto, gli anni 1960-61 rappresentarono il chiaro inizio di una nuova fase della carriera. Con l’apertura della Shin Film e il successo di botteghino senza precedenti avuto dal suo Sung Choon-hyang (1961), Shin fu considerato dai suoi contemporanei il produttore più importante del settore, e forse anche il più importante regista  commerciale. Di conseguenza, aveva a disposizione risorse che nel decennio precedente avrebbe solo potuto sognare - anche se le nuove politiche per il cinema non fecero altro che aggiungere restrizioni alla produzione di film.
La filmografia di Shin percorre molta strada. Ci sono il suo “periodo d’oro” negli anni Sessanta, il suo declino negli anni Settanta,  il suo lavoro nella Corea del Nord, e il suo ultimo periodo a Hollywood e a Seoul. Questo significa che non è compito facile valutare appieno i suoi risultati. Ad oggi, non è ancora stata scritta alcuna vera e propria monografia su Shin né in inglese né in coreano, sebbene sia stato oggetto di molti saggi. Ma man mano che il tempo passa, diventa sempre più chiaro che i suoi drammi di fine anni Cinquanta sono stati ingiustamente trascurati e rappresentano alcune tra le opere meglio costruite dal punto di vista drammatico e più affascinanti dal punto di vista tematico di tutta la sua carriera. Con questa retrospettiva, speriamo di gettare un po’ di luce su questi film trascurati e di ampliare la prospettiva del pubblico sulla carriera di questo regista unico nel suo genere.
Darcy Paquet