La lista dei candidati agli Hong Kong Film Awards, annunciati lo scorso febbraio, fotografava con precisione i due volti del cinema hongkonghese di oggi: a contendersi il titolo di miglior film figuravano tre epopee di arti marziali in costume a grosso budget e due storie inequivocabilmente Hong Kong-centriche. Scorrendo la lista, si ritrovava lo stesso mix di filmoni girati nella Cina continentale e titoli su scala più piccola ambientati a Hong Kong. Il cinema hongkonghese si presenta con questo duplice aspetto: grossi titoli da prima pagina, che puntano al successo nella Cina continentale, coesistono con una realtà cinematografica che mette al primo posto il gusto del pubblico locale.
Gli sforzi fatti negli ultimi anni per conquistare il pubblico continentale attraverso coproduzioni miste stanno dando buoni frutti per i cineasti hongkonghesi. I risultati sono film come il thriller d’azione Detective Dee, con il quale Tsui Hark torna in gran forma e che è riuscito sia ad attirare il pubblico cinese sia a ravvivare quello stile alla “va tutto bene” del cinema hongkonghese che negli scorsi decenni affascinava il pubblico internazionale. Allo stesso modo Reign of Assassins - diretto dal taiwanese Su Chao-pin insieme a John Woo, l’eroe di Hong Kong - ripropone i brividi feroci del vecchio cinema di cappa e spada. Ip Man 2 di Wilson Yip, una storia di arti marziali per girare la quale è stata ricostruita in studio la Hong Kong degli anni Cinquanta, è stato un successo non solo sul continente ma anche a Hong Kong, tanto da diventare il film locale campione di incassi, e il quarto in assoluto. La splendida pellicola di Benny Chan che mischia buddhismo e scazzottate, Shaolin, ha svecchiato in modo incredibile il cinema di kung fu per tutta la famiglia. Le compagnie hongkonghesi che hanno lavorato in coproduzione con i più noti cineasti continentali hanno sfondato in Cina anche attraverso la rete, in rapida crescita, dei multiplex: è il caso di Let the Bullets Fly di Jiang Wen, Aftershock di Feng Xiaogang e Under the Hawthorn Tree di Zhang Yimou.
Per quanto riguarda gli attori, molti dei divi più in vista di Hong Kong sono impegnati in coproduzioni di grandi proporzioni.
Andy Lau, Donnie Yen, Chow Yun-fat, Jackie Chan e Aaron Kwok sono le attrazioni principali dei blockbuster, mentre altri come Nick Cheung, Daniel Wu, Louis Koo e Simon Yam sono attivi nelle opere più rilevanti tra quelle di medie proporzioni. Tra le attrici hongkonghesi degne di nota nei film più importanti ci sono Carina Lau, Shu Qi e Michelle Yeoh, anche se per i ruoli chiave sono generalmente più richieste le attrici della Cina continentale.
Sicuramente avere successo in Cina non è un compito facile per i cineasti di Hong Kong. Bisogna vedersela con direttive poco chiare sulla censura: le restrizioni riguardano elementi della trama come il soprannaturale, gli argomenti politici delicati, i cattivi che la fanno franca. Alcuni passaggi contorti, studiati per placare i censori, possono rovinare opere che vogliono andare troppo sul sicuro per arrivare sugli schermi del Regno di Mezzo. La linea di demarcazione tra il gusto del pubblico da una parte e dall’altra è ancora molto netta. Alcuni registi puntano direttamente ai cinema della Cina continentale (dopotutto, è là che gira più denaro), e lasciano in patria un pubblico indifferente. Ne è chiara testimonianza il poliziesco Triple Tap di Derek Yee, che è andato bene in Cina ma che non ha entusiasmato gli hongkonghesi. È andata allo stesso modo anche per Flirting Scholar 2, l’insulsa commedia in costume di Lee Lik-chee e per Adventure of the King di Chung Shu-kai, che più che altro hanno riciclato vecchie gag di popolari film hongkonghesi degli anni Ottanta a uso e consumo di un pubblico che probabilmente non conosceva gli originali. Poi c’è il nazionalismo puro e duro che salta fuori in diverse pellicole di alto profilo: a Hong Kong è difficile che le bandiere che sventolano eccitino la folla, come potrebbe succedere in Cina. La serie di Ip Man di Wilson Yip ha evidenziato questa particolare tendenza, con i suoi “cattivi” stranieri, mentre lo scorso anno Legend of the Fist: The Return of Chen Zhen di Andrew Lau - una sontuosa coproduzione ambientata a Shanghai durante la guerra - ha inserito un maggior numero di stoccate patriottiche.
Le reazioni del pubblico continentale sono sicuramente incoraggianti; ma è rassicurante anche vedere che i film a basso o medio budget, incentrati sulla realtà locale, riescono a ritagliarsi uno spazio più vasto dopo un periodo molto duro, all’inizio degli anni Duemila. Mentre i cineasti più importanti cercano di innalzare il livello qualitativo e gli hongkonghesi celebrano sempre più la loro cultura locale, il pubblico risponde al botteghino. Nel 2010 la quota di mercato locale per i film di Hong Kong si è ampliata fino a raggiungere il 23%. Gallants, una storia di arti marziali tradizionale co-diretta da Derek Kwok e Clement Cheng, che è stata presentata al Far East Film Festival lo scorso anno, si è rivelato uno straordinario successo anche in patria grazie al passaparola positivo del pubblico (Gallants è partito svantaggiato nella competizione per il miglior film agli Hong Kong Film Awards, dove doveva vedersela con Detective Dee, Reign of Assassins, Ip Man 2 e The Stool Pigeon di Dante Lam). Anche Dream Home di Pang Ho-cheung, La Comédie Humaine di Chan Hing-ka e Janet Chun ed Echoes of the Rainbow di Alex Law (tutti presentati al 12° Far East Film) hanno destato l’interesse del pubblico locale per come mettevano in risalto temi, cultura e stile hongkonghesi. Echoes of the Rainbow è il film che ha avuto l’impatto più forte: il suo ritratto della Hong Kong di fine anni Sessanta è diventato uno degli argomenti chiave nell’importante battaglia per salvare dalla demolizione i vecchi edifici. Anche la brillante commedia romantica La Comédie Humaine ha dato una bella spinta con la sua trama che celebrava la cultura cinematografica locale, mentre il tema del mercato immobiliare in salsa macabra e gli orrori vietati ai minori di Dream Home attingevano alle preoccupazioni locali rispetto al prezzo delle abitazioni salito alle stelle.
Sono tornate di moda anche le storie delle triadi, con Once a Gangster di Felix Chong, che prende due dei protagonisti (Jordan Chan ed Ekin Cheng) della serie degli anni Novanta Young and Dangerous e intesse attraverso i loro ruoli una satira acuta e affascinante. Derek Tsang e Jimmy Wan hanno confezionato un programma altrettanto popolare in Lover’s Discourse, un’opera evocativa magistralmente girata, composta di storie intrecciate tra loro che coprono tutte le fasi delle storie d’amore, dalla prima infatuazione al rifiuto. Anche Ann Hui si cimenta in un’affascinante dramma relazionale con All About Love, una storia di argomento lesbico sulla gravidanza che propone un’ottima interpretazione di Sandra Ng e il ritorno dell’attrice Vivian Chow. L’affermata sceneggiatrice Ivy Ho ha presentato il suo secondo film da regista, Crossing Hennessy, il delicato quadro di una comunità incentrato sulla storia d’amore tra i divi Jacky Cheung e Tang Wei (al suo primo ruolo dopo l’esordio in Lussuria - Seduzione e tradimento).
Heiward Mak, che aveva fatto il botto con High Noon nel 2009, ha proposto il suo secondo film, Ex, una pellicola sobria che parla di una ragazza che, dopo esser stata scaricata dal fidanzato, va a vivere con la sua vecchia fiamma e la nuova ragazza di lui. La star di Ex, Gillian Chung, appare anche in The Fantastic Water Babes di Jeff Lau, un’esuberante commedia romantica sul nuoto che era pronta da due anni ma non era ancora stata distribuita, dopo che uno scandalo aveva allontanato l’attrice dalle scene. Kenneth Bi esamina il sordido mondo degli appuntamenti a pagamento (una forma di prostituzione giovanile) in Girl$, un dramma dalle buone intenzioni che elabora efficacemente i titoli dei notiziari locali. Per commemorare il settantesimo anniversario della nascita di Bruce Lee, Manfred Wong e Raymond Yip hanno presentato con Bruce Lee, My Brother un ritratto del giovane Lee negli anni precedenti il suo trasferimento negli Stati Uniti nel 1959: c’è una veloce successione di scene di risse per la strada, immagini del divo bambino e amori che sbocciano, con una bella interpretazione del promettente neofita Aarif Lee. Tuttavia, nonostante il legame con Bruce Lee del film di Wong e Yip, arti marziali migliori si ritrovavano in costose storie epiche in costume e in prodotti di minori ambizioni come The Legend Is Born: Ip Man di Herman Yau, interpretato dall’asso del kung fu Dennis To.
Per quanto riguarda il territorio del cinema indipendente, film come The Drunkard di Freddie Wong e Merry- Go-Round di Yan Yan Mak e Clement Cheng hanno ottenuto una programmazione commerciale più contenuta. L’opera di Wong in particolare ha fatto scalpore con la sua storia di uno scrittore alcoolizzato nei primi anni Sessanta, tratta da un classico della letteratura locale; la potente atmosfera dell’epoca costruita dal film è stata di per sé un grande risultato. Merry-Go-Round invece segue le migrazioni nel corso di diverse generazioni e accenna delicatamente alle tradizioni di Hong Kong.
Il Capodanno cinese è tornato a essere una buona occasione per vedere film con una spiccata sensibilità hongkonghese, dopo che, per diversi anni, i cineasti si erano concentrati su altre stagioni di punta. Le vacanze del 2010 hanno prodotto esaltanti successi al botteghino, tra i quali 72 Tenants of Prosperity, di Eric Tsang, Chung Shu-kai e Patrick Kong, il secondo (dopo Ip Man 2) dei due soli film hongkonghesi entrati tra i dieci campioni d’incasso di Hong Kong. A contendersi il box office del Capodanno cinese di quest’anno c’erano I Love Hong Kong, di Eric Tsang e Chung Shu-kai, e All’s Well, Ends Well 2011, di Chan Hing-ka e Janet Chun. I Love Hong Kong raccontava le vicende di una comunità di abitanti di case popolari che combattono per tirare avanti in tempi difficili, finendo poi per venire salvati da un angelico finanziatore in puro stile fiabesco. All’s Well, Ends Well 2011 continua una serie di sequel, tali però solo nel titolo, con un’accattivante commedia romantica, una simpatica scelta di ruoli against type e una trama estremamente coerente per un film da Capodanno cinese. Mr and Mrs Incredible di Vincent Kok completa la serie di film di questa stagione festiva, miscelando elementi da supereroe e un torneo di kung fu con un commovente dramma familiare tra marito e moglie.
Barbara Wong ha avuto un buon successo presso il pubblico dei suoi concittadini grazie a Break Up Club e Perfect Wedding. Il primo narra la storia di una giovane coppia nei suoi alti e bassi, con interpretazioni toccanti di Fiona Sit e Jaycee Chen, prima di perdersi in tocchi autoriali auto-referenziali. Con il secondo film Perfect Wedding, invece, Wong propone una storia romantica rilassata e matura, e registra un’interpretazione vivace e risoluta dell’attrice Miriam Yeung. Verso la fine del 2010 è tornato anche Patrick Kong, autore locale di saghe sul tradimento a buon mercato, con Marriage with a Liar. Il pubblico adolescente, dal divertimento facile, era ipereccitato per la storia trash e carica di sesso di due fidanzati che vanno sgattaiolando qua e là per tradirsi a vicenda alla vigilia del matrimonio. Da notare che questi tre film di Wong e Kong enfatizzano la sessualità mostrando una rinfrescante schiettezza, mentre le opere a grosso budget restano più conservatrici su questo fronte.
I patiti dell’horror e i fan dei film a basso budget non hanno trovato molto pane per i loro denti nel 2010. I fratelli Pang hanno realizzato The Child’s Eye, una storia di fantasmi ambientata in Thailandia dalla brutta sceneggiatura e assolutamente banale, se non fosse per gli effettacci in 3D. Il regista Wong Ching-po ha scodellato il suo Revenge: A Love Story, un insolito mix di romanticismo, brutalità poliziesca, scene post-apocalittiche e un’interpretazione prestante del protagonista Juno Mak. Gli amanti dei brividi a buon mercato potevano animarsi con Black Ransom, un violento thriller fanatico e leggero di Keung Kwok-man. A completare la fascia più bassa dell’offerta cinematografica ci sono i film del 2010 del costruttore edile e regista occasionale Dennis Law, che ha sfornato tre pellicole che si contendono il posto nella classifica dei peggiori film stilata dai critici. Il migliore del gruppo, Bad Blood, ha tutto il potenziale di un film d’azione divertente e va a caccia di sviluppi inattesi esageratamente divertenti. Invece lo scadente horror urbano Womb Ghosts è stato un fiasco, e Vampire Warriors è crollato in un groviglio di ridicolo dramma familiare e kung fu realizzato alla bell’e meglio.
Ci può essere una via di mezzo nell’equazione Hong Kong - Cina, con film di piccole e medie dimensioni in grado di passare da un mercato all’altro? Sì, ci può essere, come dimostrano Love in a Puff di Pang Hocheung e The Stool Pigeon di Dante Lam. Love in a Puff, tenacemente locale per i dialoghi grezzi e per il tema, che riguarda il divieto di fumare a Hong Kong, va a ruota libera ed è riuscito ad avere un buon numero di spettatori in sala a Hong Kong, oltre a una discreta distribuzione in Cina, dopo alcune piccole messe a punto (Pang si è poi trasferito a Pechino per cimentarsi con il mercato cinese). Con The Stool Pigeon Lam e il suo abituale cosceneggiatore Jack Ng continuano a dimostrare come si possano realizzare coproduzioni tra Cina e Hong Kong di ambientazione contemporanea senza mai sacrificare le storie locali, i colpi di scena, l’azione selvaggia. Sempre nel 2010 Lam ha fatto uscire Fire of Conscience, un thriller che, come The Stool Pigeon, lo contraddistingue come uno degli artefici centrali del cinema d’azione di oggi, tanto più che il regista e produttore Johnnie To, il moderno maestro del film d’azione, lo scorso anno non ha realizzato nessuna pellicola in cui si spara.
Apprezzato per diversi anni per i suoi thriller ambientati a Hong Kong e Macao, Johnnie To si è rivolto al mercato cinese con una sfilza di film popolari. Il primo di questi è la sofisticata storia d’amore Don’t Go Breaking My Heart. Ambientato tra gli uffici, i quartieri e i ristoranti di Hong Kong e Suzhou, il film di To è la storia raffinata di un triangolo amoroso magnificamente recitato: un gustoso assaggio di due ulteriori coproduzioni che il regista spera di sfornare quest’anno.
I suoi fan, che ricordano con affetto la serie di film di successo dei primi anni Duemila che To ha girato insieme a Wai Ka-fai, non vedono l’ora di ammirare altri prodotti commerciali dello stesso genere. Ma non devono preoccuparsi nemmeno gli amanti del cinema più duro della Milkyway Image, la casa di produzione di To e Wai: quest’anno ci saranno il poliziesco Punished di Law Wing-cheong e l’avventuroso Motorway di Soi Cheang, ambientato nel mondo delle corse automobilistiche, e film come Death of a Hostage, la pellicola di To che è da diverso tempo in produzione, sono quasi pronti.
Il 2011 si è aperto con risultati incoraggianti al botteghino per I Love Hong Kong e All’s Well, Ends Well 2011. Don’t Go Breaking My Heart ha fatto un ingresso trionfale in classifica, inaugurando l’Hong Kong International Film Festival in marzo. Nell’ondata attuale di nuovi film in uscita i cinefili possono trovare molta varietà, per esempio in pellicole come il film d’azione in costume The Lost Bladesman e il poliziesco Overheard 2 (entrambi diretti da Felix Chong e Alan Mak), The Detective 2 dei fratelli Pang e A Chinese Fairy Tale di Wilson Yip, remake del classico del 1987 Storia di fantasmi cinesi.
I fanatici dell’exploitation hanno aspettato pazientemente l’arrivo dello scabroso film in 3D Sex and Zen: Extreme Ecstasy di Christopher Sun, mentre i palati più raffinati sono in attesa che Wong Kar-wai completi The Grandmasters, che parla del personaggio di Yip Man, protagonista della serie Ip Man. Nei primi mesi di quest’anno però il ritmo di uscita di nuovi film locali ha rallentato, e spettatori hongkonghesi possono solo sperare che nel corso dell’anno la qualità compensi la quantità.
Tim Youngs