Dentro e fuori dalla Cina: il cinema di Hong Kong nel 2012

Nel 2012 il mercato cinematografico della Cina continentale ha continuato a espandersi e negli ultimi mesi il cinema nazionale è stato al centro dell’attenzione. Tuttavia per i registi di Hong Kong, che pur rappresentano un elemento chiave davanti e dietro la macchina da presa, è più giusto parlare di alterne fortune e di cauto ottimismo. Lo scorso anno la vendita di biglietti nella Cina continentale ha continuato a lievitare a dismisura, spronando i produttori di spettacoli a grosso budget della città, mentre la fascia di film più concentrata sul pubblico locale ha lasciato il segno con una piacevole varietà di titoli. Tuttavia, le cifre grezze relative al botteghino di Hong Kong di quest’anno non sono così esaltanti .

Gli incassi totali complessivi, che comprendono sia i film nazionali che quelli stranieri, hanno avuto un incremento del 12% su base annuale, ma purtroppo un solo film hongkonghese, il thriller poliziesco Cold War, si è piazzato tra i primi dieci. Il numero totale di film hongkonghesi usciti lo scorso anno si è assestato nuovamente intorno a una cinquantina di titoli .
Il richiamo che esercita il mercato della Cina continentale per i cineasti hongkonghesi resta innegabile, e i successi del botteghino cinese lasciano regolarmente a bocca aperta. Nel luglio 2012 il fantasy Painted Skin: The Resurrection, diretto dal regista della Cina continentale Wuershan, ha registrato l’incasso più elevato mai raggiunto all’apertura da un film hongkonghese, diventando poi il film nazionale campione d’incassi .

Pochi mesi dopo, però, nel gennaio di quest’anno, Lost in Thailand, commedia on the road del connazionale Xu Zheng, ha infranto questo record ed ha ottenuto il migliore risultato assoluto della Cina continentale .
In seguito, al primo posto come miglior risultato all’apertura si è piazzato il fantasy spettacolare Journey to the West: Conquering the Demons, diretto dagli hongkonghesi Stephen Chow e Derek Kwok, che è andato benissimo in febbraio, appena prima delle vacanze per il Capodanno lunare .

Ora che i cineasti di Hong Kong si sono assicurati l’accesso non contingentato al mercato della Cina continentale grazie alla coproduzione con partner cinesi, in virtù di un accordo commerciale del 2003, la spina dorsale dell’industria cinematografica di Hong Kong continua a essere costituita dai film costosi e infarciti di divi, realizzati sempre con l’obiettivo del successo in Cina. Considerando le grandi somme in gioco, negli ultimi dodici mesi i film di alto livello hanno offerto grande varietà e molto fascino. Cold War sfoggiava Tony Leung Ka-fai e Aaron Kwok nei panni di due eleganti poliziotti hongkonghesi dalla parlantina sciolta, e persino il superdivo Andy Lau in un cameo, tutti travolti da un turbine di cospirazione e corruzione .
Con Journey to the West: Conquering the Demons il co-regista Chow ritorna alla fonte letteraria classica della sua coppia di film di metà anni Novanta dal titolo Chinese Odyssey, con una sfilata di bizzarre battaglie, incontri sovrannaturali e scherzosa comicità .

Nel campo dei film d’azione, Dante Lam ha sparato i primi colpi dell’anno con The Viral Factor, un film di terrore globale che puntava in alto con il suo contenuto di acrobazie e giochi pirotecnici. Per non essere da meno, Jackie Chan è tornato sugli schermi nel corso dell’anno come regista e attore, con il kolossal giramondo CZ12, una divertente caccia al tesoro costruita intorno ad alcuni grandi pezzi di bravura, che ha richiamato alla memoria la formula della vecchia commedia d’azione di Chan. Anche Wong Kar-wai ha voluto dispensare la sua quota di azione col suo The Grandmaster. L’attesissimo film di Wong ruota intorno alla rivalità tra artisti delle arti marziali, fra cui il celebre Ip Man, e vanta le ottime interpretazioni di Tony Leung Chiu-wai e Zhang Ziyi, oltre alle scazzottate per gentile concessione del veterano coreografo d’azione Yuen Woo-Ping. The Grandmaster è una vera delizia, e alcune lacune nella trama fanno sperare gli ammiratori di riuscire, un giorno, a vederne una versione più lunga .

Nel 2012 si sono fatti apprezzare anche alcuni thriller ambiziosi: The Bullet Vanishes di Lo Chi-leung è particolarmente interessante, essendo un raro esempio di film giallo di produzione locale, con due detective cinesi degli anni Venti (Lau Ching-wan e Nicholas Tse) che collaborano per indagare su avvenimenti delittuosi che avvengono in una fabbrica. The Silent War, una spy-story a carburazione lenta di Felix Chong e Alan Mak interpretata da Tony Leung Chiu-wai, ha optato per un’ambientazione nella Cina di fine anni Quaranta ed è un racconto originale su alcune spie alle prese con l’intercettazione di trasmissioni in codice Morse .

Altro materiale sulla metà del secolo scorso si ritrova anche in The Last Tycoon di Wong Jing .
Chow Yun-Fat e il giovane attore cinese Huang Xiaoming hanno condiviso il ruolo di un ragazzo di provincia che sfonda a Shanghai come gangster, ma poi viene coinvolto nel caos della guerra. Tornando al thriller ambientato ai giorni nostri, Johnnie To ha diretto il suo primo film completamente finanziato dalla Cina, Drug War, estendendo il suo famoso cinema poliziesco a una gelida città della Cina settentrionale .

Presentato in anteprima a Roma lo scorso anno, prima della première a Hong Kong nel marzo 2013, è il secondo film di fila di To ambientato nella Cina continentale – Romancing in Thin Air abbinava una calda storia d’amore con audaci acrobazie narrative a uno spettacolare sfondo d’alta quota .

I colossal storici non raggiungono più le vette toccate da film epici come Red Cliff di John Woo nel 2008, ma i registi di Hong Kong sono ancora interessati al genere e a sperimentarne le diramazioni. L’attoreregista Stephen Fung ha diretto la coppia di film di arti marziali Taichi Zero e Taichi Hero, nel quale un giovane combattente di talento raggiunge un villaggio di assi del kung fu per ristabilirsi in salute e recuperare le proprie abilità. Fung ci mette le indispensabili scazzottate, dalle grandiose scene di combattimento fino a una lotta più intima in cucina, attingendo all’immaginario steampunk per dare tocchi nuovi. Intanto The Four, di Gordon Chan e Janet Chun, ha rielaborato una storia di difensori della legge, derivata dalla letteratura di arti marziali, con stranezze da supereroi wuxia, pieni di gadget moderni in un’ambientazione d’epoca .

Più di recente, The Guillotines di Andrew Lau ha adottato un approccio insolito per raccontare una storia di assassini della dinastia Qing, inserendovi una figura messianica come loro obiettivo, e dove poi gli assassini restano a doversela cavare da soli. Il più recente tra i film epici in costume di ultima generazione è Saving General Yang di Ronny Yu, derivazione ad alto contenuto di testosterone di una classica storia di dovere e onore .

Anche con così tanta carne al fuoco, per i cineasti di Hong Kong la strada da percorrere all’interno del continente rimane tutt’altro che facile. Il successo record registrato da Journey to the West: Conquering the Demons ha dimostrato che il talento di Hong Kong è ancora competitivo se si tratta di raggiungere un vasto pubblico nella Cina continentale. Ma Painted Skin: The Resurrection e Lost in Thailand avevano anche dei team cinesi continentali da record – e, ironicamente, entrambi erano sequel non ufficiali di film diretti da registi di Hong Kong. Oltretutto, Painted Skin di Wuershan vantava uno stile cinematografico hongkonghese, e i talenti del cinema continentale si stanno orientando verso il cinema di genere, come l’horror di serie B, nel quale gli hongkonghesi sono sempre stati maestri .

Intanto, i cineasti di Hong Kong che puntano alla Cina devono fare i conti con regole di censura a volte confuse. Sono esclusi alcuni temi sociali e politici, mentre le scene spinte, il soprannaturale, la violenza e altro possono far finire nei guai. Le richieste dei censori possono dare luogo a soluzioni narrative a volte imbarazzanti nelle pellicole più curate, prescrivendo ad esempio che un thriller non sostenga l’idea che le forze dell’ordine possono operare in una zona grigia tra il bene e il male. Un’ulteriore difficoltà è rappresentata dalla necessità di soddisfare i diversi gusti degli spettatori attraverso l’intera Cina. All’inizio del 2012, Love in the Buff di Pang Ho-cheung è stato un successo da questo punto di vista. Sebbene sia ambientato a Pechino e possa incontrare i gusti del pubblico continentale per la storia d’amore ben scritta, Love in the Buff offre al pubblico dei concittadini di Pang molti elementi con cui relazionarsi, in una storia incentrata su degli hongkonghesi che se ne vanno a nord. All’estremo opposto ci sono film come The Lion Roars 2, una commedia in costume di Joe Ma su persone diversissime ma costrette a vivere insieme, che è stata realizzata con una forte impronta cinese continentale e in cui lo stile comico dell’attore protagonista Xiao Shen Yang non era adatto ai gusti del pubblico hongkonghese .

Lo scorso anno però questo non è stato un problema costante per gli hongkonghesi, che potevano ritrovare caratteristiche locali in una gran varietà di film. I registi che si sono dati da fare in questo ambito non si sono rivolti esclusivamente agli adolescenti, che negli ultimi anni hanno costituito il target abituale dei film per il pubblico locale, ma anche agli spettatori di mezza età, meno inclini ad andare al cinema per vedere prodotti hongkonghesi. Nel 2012 il profilo decisamente più elevato dei film locali è stato accolto molto favorevolmente, dopo la preoccupazione degli ultimi anni che le coproduzioni pensate per il pubblico della Cina continentale diluissero troppo l’identità cinematografica hongkonghese. Si tratta di una tendenza in linea con l’aumentata sensibilità di molti hongkonghesi verso la celebrazione e la protezione del patrimonio culturale nazionale, come si era già visto quando, nel 2010, il nostalgico lungometraggio di Alex Law Echoes of the Rainbow aveva richiamato grandi folle .

Vulgaria di Pang Ho-cheung è stato un titolo chiave all’interno della produzione cinematografica locale dello scorso anno. Dopo avere partecipato a diversi festival in tutto il mondo (tra cui Udine), questo film sboccato che parla della realizzazione di un film per adulti ha fatto furore nelle sale di Hong Kong. Il film, che chiaramente non era in grado di passare la censura cinese ed è infarcito di slang cantonese e di sguaiate gag hongkonghesi, mirava a un forte supporto locale, che è puntualmente arrivato. Questo film vietato ai minori si è piazzato secondo tra i film hongkonghesi al botteghino locale del 2012 .

Nei mesi successivi all’uscita di Vulgaria diversi altri registi hanno portato a termine altri titoli, chiaramente non idonei alla Cina continentale, che hanno dato origine a un’interessante tendenza. I due film vietati ai minori di Daniel Chan, Triad e Young and Dangerous: Reloaded, trattano di bravate della malavita senza compromessi con la censura e con un tocco di nostalgia per il cinema hongkonghese degli anni Novanta. Il porno soft ha trovato il suo rappresentante in Due West: Our Sex Journey di Christopher Sun, una commedia licenziosa sulle avventure a luci rosse di alcuni hongkonghesi nella Cina continentale. Il rozzo Lan Kwai Fong 2, di Wilson Chin, racconta di giovani carini alle prese con gli alcolici e l’amore, ed è inteso a titillare sia l’ambiente dei nightclub che il pubblico più giovane andando a scavare nelle sale cinematografiche non vietate ai minori. Ovviamente non tutti i film rinunciano al mercato continentale e anche tra le coproduzioni tra Cina e Hong Kong, indipendentemente dalla loro portata, si può ritrovare un sapore nettamente locale, indipendentemente dalla portata del film .
Cold War è una di queste storie orientate al mercato locale; e in prima linea c’è anche A Simple Life di Ann Hui, che racconta il rapporto tra un produttore cinematografico hongkonghese e la domestica che ha servito la sua famiglia per anni; uscito in sala nel marzo dello scorso anno, dopo avere iniziato nel 2011 il giro dei festival. Un cinema più emozionante lo offre Motorway di Soi Cheang, un’elegante saga poliziesco-automobilistica, con una sceneggiatura ridotta al minimo ma tanta azione automobilistica a tutto gas per le strade della città. E il mese scorso, gli hongkonghesi hanno potuto apprezzare Ip Man – The Final Fight di Herman Yau, l’ultimo di una serie di film sul celebre maestro di arti marziali Ip Man .

L’ambizioso film di Yau, con Anthony Wong che veste i panni di Ip, racconta la vita del Maestro nella Hong Kong del dopoguerra e va oltre il cinema di kung fu per confezionare un nostalgico ritratto collettivo della città adottiva di Ip .
Tra le opere degne di nota che stanno fuori dal territorio dei film di genere ci sono Floating City di Yim Ho, Diva di Heiward Mak e Love Lifting di Herman Yau. Floating City, un film biografico dimesso e infuso di nostalgia, è incentrato su un uomo del posto, proveniente da un ceto socialmente svantaggiato, che arriva ai piani alti di una società commerciale coloniale. Diva è ambientato ai nostri giorni e si infila nel mondo del pop locale per seguire un cantante esaurito e l’ingresso nell’industria di un giovane novellino. In Love Lifting un sollevatore di pesi cinese si stabilisce a Hong Kong prima di tornare a combattere – un piccolo, appassionato ritratto di uno dei tanti nuovi arrivati della città .

Gli spettatori in cerca di un buon intrattenimento cantonese potrebbero anche scegliere tra le commedie .
Il film di animazione McDull – The Pork of Music di Brian Tse è molto divertente e intesse la cultura popolare locale, e dei riferimenti hongkonghesi intraducibili, in una storia toccante su un preside amante della musica .
Chi preferisce le commedie romantiche ha trovato pane per i suoi denti con My Sassy Hubby di James Yuen, nato come sequel del successo di Yuen del 2002 dal titolo My Wife Is 18, che propone il racconto rilassato di una coppia dove l’uno accetta i difetti dell’altra, aggiungendo dei tocchi di commento sociale. Tra le altre commedie salienti dello scorso anno figurano Mr and Mrs Gambler di Wong Jing e, più recentemente, Hotel Deluxe di Vincent Kok, che pochi definirebbero un film di qualità. Il film di Wong (il titolo si spiega da sé) è una commedia romantica a basso budget densa d’azione, mentre Hotel Deluxe, uscito in occasione del Capodanno lunare, compensa una trama slegata accumulando gag assurde in linea con la tradizione locale della stagione festiva .

Nell’ambito dei film più piccoli non è stato però tutto rose e fiori, e per diversi film gli occasionali spettatori si saranno chiesti perché hanno pagato i soldi del biglietto. Cross, per esempio, la storia di un uomo devoto che diventa assassino per misericordia, ha avuto una storia produttiva complessa; per completarlo ci sono voluti più di due anni e ben quattro registi, e quando è uscito in sala sembrava ancora confuso. Shadows of Love di Calvin Poon, in cui una fiorista qualunque prende il posto di una ricca sosia, ha deluso con le sue divagazioni nel melodramma. Passion Island di Kam Kwok-leung, un’escursione cinematografica nella guarigione romantica, l’ossessione, i messaggi ambientalistici e la parodia del film d’arte, forse era semplicemente troppo bizzarro per uscire nelle sale mainstream .

Da una prospettiva più ampia, vedere un certo slancio nel campo delle produzioni a basso o medio budget è uno sviluppo positivo. Mentre i registi hongkonghesi già affermati favoriscono le grandi coproduzioni, i film più piccoli rappresentano un’opportunità per i nuovi talenti emergenti. Tra le celebrità, quelle vecchie e quelle nuove che nel 2012 hanno cementato la loro base, figurano Chapman To, Ronald Cheng, Fiona Sit e Mag Lam, mentre tra gli esordienti alla regia vanno menzionati Brian Tse, Mark Wu, Fung Chih-chiang (col poliziesco The Bounty) e Jacky Lee (con il film sulle band indipendenti Lives in Flames). Un ulteriore supporto ai film a basso budget è stato annunciato dal governo all’inizio di quest’anno attraverso la First Feature Film Initiative (“Iniziativa per il primo lungometraggio”), che mira a individuare nuovi talenti attraverso un concorso di proposte di sceneggiatura e di produzione .

Questo progetto andrebbe a completare il Film Development Fund (Fondo per lo Sviluppo Cinematografico), che dal 2007 garantisce un finanziamento parziale a un certo numero di piccole e medie produzioni e collabora alla promozione cinematografica. Anche le iniziative dell’industria, come l’Hong Kong-Asia Film Financing Forum, possono svolgere un ruolo nel sostenere i registi emergenti, e il concorso cinematografico per cortometraggi Fresh Wave continua ad aiutare i giovani che ambiscono a portare i loro lavori sul grande schermo .

Il rinnovato entusiasmo per i film più piccoli e orgogliosamente locali è incoraggiante anche perché opere di quel tipo possono equilibrare i film di più ampia portata che puntano al successo in Cina, ed enfatizzare i punti di forza locali. Dopotutto, è stata una diversa e spesso imprevedibile sensibilità del cinema di Hong Kong, sommata alle stesse scene di vita hongkonghese, ad attrarre spettatori di tutto il mondo verso il cinema locale .

Tuttavia, ottenere e conservare il sostegno del pubblico locale è una parte importante del gioco, e non è un compito facile. Negli ultimi anni mantenere vivo l’interesse degli spettatori hongkonghesi di oggi per film a basso o medio budget si è dimostrato difficile, e continua a esserci la necessità di mantenere un livello qualitativo adeguato. Se arrivasse in sala un’ondata di opere fatte con i piedi, o se l’industria continuasse a sottovalutare l’importanza della qualità della sceneggiatura, per esempio, i registi di Hong Kong rischierebbero di essere superati dai talenti della Cina continentale e di farsi voltare le spalle dal pubblico locale .
 

Tim Youngs