L'arte del vento e dell'acqua: intervista con Wang Jing

 Regista di fiction e di documentari, sceneggiatore, professore di Teoria e Pratica del Documentario (Documentary Filmmaking) per 22 anni presso il Dipartimento di Studi di Fotografia dell’Accademia del Cinema di Pechino, adesso Preside di Facoltà di Studi di Fotografia e professore di Teoria e Pratica del Film di Fiction (Feature Film Filmmaking), Wang Jing nelle passate edizioni a Udine con il suo film d’esordio The Last Level (2004) e con Invisible Killer (2009) aveva portato all’attenzione del pubblico storie d’attualità dai risvolti drammatici per riflettere su problematiche riportate dalle news ma poco esplorate dal cinema mainstream in Cina popolare. Il suo ultimo film Feng Shui, che avrà a Udine la sua première europea, basato sul romanzo della scrittrice Fang Fang, si spinge oltre esplorando l’animo umano nelle sue contraddizioni e nella sua complessità.

Il titolo originale del film ripropone quello del romanzo 萬箭穿心, Wan Jian Chuang Xin, letteralmente “Diecimila frecce trafiggono il cuore”.

Nel titolo inglese Feng Shui, la traslitterazione fonetica dei caratteri 凤水, richiama invece la tradizionale filosofia cinese, l’Arte del Vento e dell’Acqua, secondo cui la natura delle cose e dell’ambiente circostante interagiscono continuamente con la vita degli individui.

Cos’è che l’ha convinta a girare questa storia? Il regista Xie Fei mi ha invogliato a leggere il romanzo.

Il titolo stesso, “Diecimila frecce trafiggono il cuore”, mi ha colpito molto. In cinese è un’espressione molto forte che esprime una pena intensa, una sofferenza inaudita.

Il personaggio principale di Li Baoli (l’attrice Yan Bingyan) mi è piaciuto immediatamente. Nei romanzi cinesi del passato, ma anche nei film, è difficile trovare un personaggio del genere. Una donna con tragedie o sofferenze alle spalle appare sempre in atteggiamenti benevoli, gentili, che non lasciano trasparire nulla. Nel romanzo di Fang Fang, la donna rivela un dramma personale, e questo rende la storia molto particolare. Il personaggio è interessante perché difficile da definire, non è cattivo o negativo, è solo complesso, tanto da farmi riflettere. Non tutte le opere letterarie si adattano alla trasposizione cinematografica, ma in questa storia ho trovato una drammaticità straordinaria che si prestava a essere raccontata in un film. La storia, ambientata a Wuhan, una città popolosa, ricca di vita e di colore, aveva quegli elementi toccanti, per nulla scontati, piatti o semplici, che mi hanno convinto a cercare uno sceneggiatore.

Com’è stato il lavoro di stesura della sceneggiatura? Ho lavorato insieme a una sceneggiatrice di Wuhan, Wu Nan, con la quale avevo collaborato in passato per il film The End of Year.

Siamo andati insieme a Wuhan a incontrare la scrittrice Fang Fang e a visitare lo Han Zhan Jie, il mercato più famoso della città e il più grande mercato all’aperto dell’intera Cina, una delle location descritte nel romanzo. Per visitarlo interamente occorrono parecchi giorni, un labirinto di migliaia di bancarelle che vendono a prezzi che davvero più bassi non si può.

Il mercato richiama gente da ogni parte della Cina. I produttori di abbigliamento del sud e gli acquirenti del nord s’incontrano in questo mercato. Con un grande porto sul Fiume Azzurro, la città è uno snodo di grandi commerci e di smercio di prodotti. Caratteristica del mercato è di essere molto sporco e affollatissimo di gente che si muove spingendosi a gomitate. L’effetto che ti dà è di un posto estremamente vitale. Per molti versi assomiglia alla Cina di oggi, sporca, caotica, affollata, grossolana, ma per questo di grande vitalità.

Visitare il mercato mi ha permesso di percepire e di capire meglio il personaggio e la sua natura. Se Li Baoli fosse stato un lupo, allora avevo trovato la sua foresta.

La stesura della sceneggiatura non ha richiesto molto tempo. Abbiamo lavorato su una prima bozza circa un mese e mezzo.
Quanto si discosta la sceneggiatura dal romanzo originale? La storia è essenzialmente la stessa. Nel romanzo la storia copre un periodo di vent’anni mentre nella sceneggiatura abbiamo preferito spezzare la storia in due periodi, quando il figlio di Li Baoli ha otto anni (l’attore Wang Tiange) e quando ne ha diciotto (l’attore Li Xian). Questa è sicuramente una differenza sostanziale rispetto al romanzo, che invece segue le vicende del figlio fino all’età adulta quando, laureatosi e conseguito il dottorato, troverà un lavoro e deciderà a quel punto di cacciare la madre da casa. Sarebbe stato complicato raccontare una storia così lunga perché avrebbe richiesto agli attori di invecchiare sullo schermo e al personaggio del figlio di essere interpretato da diversi attori. Inoltre, il personaggio del figlio raccontato nel romanzo non ci piaceva affatto, era descritto in toni pesanti e negativi, accentuava all’estremo la sua cattiveria nei confronti della madre.

Riproponendo fedelmente il romanzo la sua cattiveria sarebbe stata imperdonabile, per me descriveva un comportamento eccessivo per una persona già matura, cosciente delle proprie azioni, ma se fosse stato più giovane si poteva comprendere e accettare il suo stato d’animo e il suo comportamento... si sa, i giovani sono impulsivi e turbolenti, non riflettono molto sulle cose, sono facili a emozionarsi. Per la scrittrice il personaggio del figlio è totalmente negativo, colpevole di non comprendere gli sforzi della madre, responsabile di azioni deplorevoli come quello di cacciarla via da casa, come a rappresentare un’intera generazione ingrata nei confronti dei genitori che sacrificano tanto per i figli. Questo lo senti ripetere a tutti i genitori, e non ci convinceva.

Wu Nan è una trentenne ancora meno disposta ad accettare quest’ottica. A quale delle due generazioni appartiene la scrittrice? Fang Fang è vicina ai 60.

Possiamo dire che la distanza tra il romanzo e la sceneggiatura è proporzionale a quella che separa la generazione della scrittrice da quella della sceneggiatrice? Forse. Un altro cambiamento alla storia originale riguarda il personaggio del malavitoso, amante di Li Baoli (l’attore Chen Gang). Nel romanzo il personaggio è il boss di un locale con alle spalle anni trascorsi in prigione. Il fatto che avesse una forte simpatia per Li Baoli non lo trovavamo per niente realistico. Li Baoli sarà stata attraente da giovane, ma la sua bellezza sarà anche sfiorita dopo anni di affanni. Nella sua vita si presentava come un “angelo sceso dal cielo”. Ci sembrava una forzatura. Per la scrittrice, Li Baoli ha una vita così miserevole e tragica da volerle regalare una speranza. Forse in un romanzo sembra accettabile, ma cinematograficamente non lo immaginavamo plausibile.
Se Li Baoli fosse stata un lupo era più credibile che incontrasse un altro lupo in quella stessa foresta dove la incontriamo noi.
Il romanzo è basato su una storia vera? A Wuhan puoi incontrare i personaggi del romanzo.

Sono in molti a fare il lavoro di portantini, anche donne.

La maggior parte di loro viene dalle campagne. La gente di città non si presta a fare questo tipo di lavoro, perché sarebbe nelle condizioni di cercare qualcosa di meglio. Il personaggio del romanzo è atipico nella vera Wuhan. Credo che la storia nasca dall’idea della scrittrice di far maturare il suo personaggio attraverso le avversità.

I suoi film precedenti si caratterizzano per le storie strettamente legate all’attualità: The Last Level e la mania dei videogiochi, The End of Year e la condizione dei lavoratori, Invisible Killer e lo stalking online, Vegetate e lo scandalo farmaceutico. Feng Shui è il film più amaro.

Nelle storie dei miei film precedenti i problemi che si abbattono sui personaggi provengono dall’esterno...
per cui il film stesso focalizza sul problema esterno, sulla situazione esterna che interferisce con la vita dei personaggi. In Feng Shui il problema, e da qui il dramma, nasce dai personaggi stessi, per cui il film focalizza sulle persone, chi sono, come pensano, come si comportano, come si relazionano con gli altri.

Com’è stato il processo del casting degli attori? Non è sempre facile formare il cast. Nelle tue storie hai delle sensazioni, dei sentimenti verso i personaggi, ma in questa storia il feeling non è neanche così semplice da definire. Il figlio si comporta male nei confronti della madre, ma sappiamo che ha le sue ragioni per farlo: ritiene la madre responsabile di aver fatto soffrire il padre e di aver causato la sua morte. Il suo personaggio è piuttosto complesso, così come il personaggio della nonna (l’attrice He Minglan) che vuole proteggere il nipote facendo le veci del figlio. Riconosce gli sforzi e le ragioni di Li Baoli e l’atteggiamento esagerato del nipote ma nel trovarsi tra i due il suo comportamento è incerto, volubile. Il romanzo ci offriva una serie di personaggi complessi e la sceneggiatura ha mantenuto questa loro caratteristica. Per il casting la difficoltà è stata quella di mantenere questa stessa complessità attraverso i personaggi.

Aveva avuto già occasione di conoscere o di lavorare con gli attori del cast di Feng Shui? No. Inizialmente ero andato alla ricerca di star [per il ruolo di Li Baoli]. Anche I produttori dei miei film precedenti hanno sempre tentato la carta delle star, ma trattandosi di produzioni a basso budget le star hanno sempre trovato una scusa gentile per declinare l’invito. Questa volta, alcune star erano interessate.

Ci hanno chiesto del tempo per valutare l’opportunità di interpretare un personaggio così particolare, ci hanno richiamato chiedendoci se fosse stato possibile cambiare la storia del personaggio perché non risultasse così tragica. Questa loro incertezza la capisco, interpretare questo tipo di personaggio è un po’ rischioso (per la loro carriera). Sugli schermi in Cina i personaggi sono tipicamente ben chiari e definiti. Se descrivono delle persone buone, anche se afflitte nelle peggiori condizioni la loro immagine rimane inalterata.

In questa storia è difficile dire se i personaggi siano semplici persone buone o che tipo di persone siano, sono personaggi difficili da volere [interpretare].

Com’è stato lavorare con Yan Binyan? Yan Binyan non è una star, ma è un’attrice di talento e in Cina è conosciuta soprattutto per i suoi ruoli in serial televisivi. Durante le riprese del film abbiamo lavorato in perfetta sintonia. Nei film a basso budget si lavora per lo più con studenti o con giovani appena laureati. Il direttore della fotografia di Feng Shui, Liu Younian, aveva già fatto esperienza in un altro mio film, Vegetate, quando era ancora uno studente. La voglia di fare esperienza è tanta per cui il budget non è un problema. L’attrezzatura è fornita dall’Accademia a buon prezzo. Il problema è il cast. Se il budget è basso, è difficile trovare attori bravi e disposti a lavorare a certe condizioni economiche. Con Yan Binyan mi sono trovato a lavorare con un’attrice professionista con la quale ho avuto modo di discutere il personaggio a più livelli e con la quale mi sono confrontato parecchie volte durante le riprese. Si girava solo quando avevamo raggiunto un’intesa che soddisfaceva entrambi, quindi un’attrice che non attendeva istruzioni e direzioni ma mi dava un suo punto di vista. Abbiamo lavorato nelle condizioni più disagiate in inverno, a Wuhan dove fa molto freddo in quella stagione e dove non ci sono riscaldamenti… per una storia che è ambientata in estate… Per il casting avete dovuto fare parecchi provini? Sì, soprattutto per i personaggi del figlio e della nonna. La storia è interamente ambientata a Wuhan e i personaggi parlano in dialetto. L’ideale era cercare attori di Wuhan, ma lì non ce ne sono tanti. Yan Binyan era disposta a imparare il dialetto, ma non sarebbe stato facile porre la stessa condizione agli altri attori.

Era un’esigenza quella di girare in dialetto di Wuhan? Se la storia è ambientata a Wuhan, girare in dialetto, specialmente quello di Wuhan, dà maggior colore ai dialoghi, alla storia e ai personaggi. In Cina, alcune città sono peculiari, per esempio Wuhan (nella provincia dello Hubei), Chengdu e Chongqing (nella provincia del Sichuan), Shanghai... Il tipo di cultura che si respira in queste città le distingue dalle altre. In passato, Wuhan era uno dei porti più grandi, un luogo caotico con i suoi traffici e con le sue gang… la sua gente è conosciuta per essere rissosa, facile a irritarsi. Lì si parla con un tono di voce molto alto e molto veloce, la cucina è piccante, l’atteggiamento è sempre spavaldo e arrogante, e il temperamento aggressivo. Sarà un’impressione che lì tutti siano sempre pronti a litigare… [ride] Questa caratteristica culturale di Wuhan è popolare in tutta la Cina? Sì, per questo era importante che si girasse in dialetto.

Se la storia di Feng Shui fosse stata girata a Pechino, il risultato sarebbe stato diverso? Assolutamente. Le donne di Wuhan hanno una tempra più forte. Gli uomini a confronto appaiono deboli e mollaccioni. Il risultato sarebbe stato decisamente diverso.

Come si è trovato a girare l’intero film in dialetto di Wuhan? Parla il dialetto? Non proprio, a poco a poco sono riuscito a farci l’orecchio. A Wuhan abbiamo assunto due consulenti locali che ci aiutavano nelle traduzioni. La sceneggiatura stessa è stata scritta in dialetto. Nel leggerla i caratteri erano comprensibili, anche se le espressioni non erano familiari, ma nel sentire le battute non le capivo… per la prima metà delle riprese dovevo chiedere spesso a Wu Nan. Nella seconda metà riuscivo già a capire il 70-80%.

Qual è stato il budget del film? Poco più di 3 milioni RMB [circa 370.000 euro].

Quanti disagi s’incontrano nel girare un film a basso budget? Di tutti i tipi, e spesso per via delle locations. Nelle vicinanze del Fiume Azzurro, per esempio, ci erano state vietate le riprese. All’improvviso arrivava la notifica che avevamo ottenuto l’autorizzazione a girare, il che ci costringeva a cambiare i piani delle riprese del giorno dopo. Per poi scoprire il giorno dopo che le riprese erano state autorizzate da qualcuno il cui boss non era per niente d’accordo. Si giravano le scene lo stesso guardandosi continuamente alle spalle in caso arrivasse qualcuno a interromperle. E ogni tanto qualche poliziotto arrivava a verificare il perché le riprese non fossero finite quando l’autorizzazione era stata data per due ore e non per tre. Pressioni e ansie per le locations, un freddo straordinario, gli attori che si ammalavano in continuazione. Nonostante ciò, l’atmosfera sul set era davvero piacevole per tutti. Se lei dovesse chiedermi quale scena è stata la più difficile da girare, le direi tutte.
Il titolo originale del film, Wan Jian Chuan Xin, “Diecimila frecce trafiggono il cuore”, è lo stesso del romanzo della scrittrice Fang Fang su cui si basa la storia. Perché la scelta del titolo Feng Shui per la promozione del film all’estero? Nella storia della protagonista, il feng shui (l’arte del vento e dell’acqua) sembra poter spiegare il perché nella sua vita ci sia tanta sofferenza e dolore. In realtà, servirsi del feng shui per spiegare le dinamiche della storia di Li Baoli è una scusa. Enfatizzare il feng shui come possibile risposta ai problemi di Li Baoli è un modo per far riflettere. Li Baoli e il tipo di rapporto che ha con suo figlio, i sacrifici e gli sforzi per crescere un figlio, l’ingratitudine e il risentimento dei figli nel sentirsi incompresi, descrivono dinamiche frequenti in Cina e spesso li si attribuiscono a cause esterne quando invece a mio parere questi conflitti generazionali andrebbero ricercati nelle persone stesse, ovvero genitori e figli dovrebbero partire da se stessi per cercarne le ragioni.
Attribuirne le ragioni al feng shui, quindi una causa esterna, sarebbe darsi una risposta sbagliata.

Il film è stato già distribuito in Cina? Sì, il 16 novembre l’anno scorso. Qual è stato il risultato al box office? Non eccezionale, tra i 3 e i 4 milioni di RMB [circa 494.000 euro]. Il film è stato distribuito nelle grandi città, ma in una fascia oraria giornaliera non ottimale, al mattino presto o nel primo pomeriggio, ovvero nella fascia con la più bassa affluenza di pubblico. Nello stesso periodo in calendario c’era nelle sale il film iraniano Una separazione di Asghar Farhadi, vincitore dell’Orso d’Oro. Lo stile dei due film era piuttosto simile, il loro box office altrettanto. In quei giorni però era atteso il film di Ang Lee Vita di Pi.
Quali sono i vantaggi di portare avanti due carriere: insegnamento e regia? Ci sono aspetti interessanti nell’essere un insegnante e un regista allo stesso tempo. Innanzitutto, quello di lavorare all’interno dell’Accademia. Tutti parlano e discutono di cinema in modo diverso da quelli che lavorano nell’industria cinematografica al di fuori dell’Accademia. Il cinema è visto come qualcosa di sacro.

C’è un rispetto diverso verso il cinema. Sei circondato da persone che lo trattano non esclusivamente come materia di business. Questa è una caratteristica che accomuna i professori dell’Accademia che sono anche registi: Xie Fei (Black Snow, A Girl from Hunan), Xu Haofeng (The Sword Identity, Judge Archer), Cao Baoping (Troublemakers, The Equation of Love and Death). Nell’insegnamento essere un regista è un vantaggio perché ti rende più sicuro e più convincente con gli studenti che hanno di fronte un professore che ha fatto la sua esperienza sul campo. Sul set, da professore mi viene piuttosto naturale comunicare con cast e crew quando devo spiegare come voglio girare e cosa voglio girare.

Nei suoi film, i tuoi personaggi sono degli eroi? No, nei miei film i personaggi sono persone ordinarie.

Non ci sono eroi. Forse sono persone la cui vita è più drammatica di quella di altre. Nel mio prossimo film, Da Ming Jie, “Il grande disastro della Dinastia Ming”, ci saranno degli “eroi”. La Dinastia Ming governò in Cina dal 1368 al 1644, poi salì al potere la Dinastia Qing (1644-1911). Nel 1642 il clima era piuttosto caotico, da fine del mondo, con epidemie e guerre. La storia racconta di due personaggi, un generale e un dottore di medicina cinese, uno appartenente alla sfera militare e l’altro alla sfera intellettuale, il generale 孙传庭 Sun Chuanting e il medico 吴又可 Wu Youke sono realmente esistiti. La Storia di quel periodo è raccontata attraverso il loro punto di vista e le loro gesta.

Qual è al momento lo stato del film? Quando uscirà nelle sale? Il film è in fase di postproduzione, il montaggio è stato ultimato. Si sta lavorando alle musiche originali del film in collaborazione con il compositore tedesco Friedemann Matzeit, agli effetti speciali per le scene di guerra, e ai sottotitoli in inglese. L’uscita nelle sale è prevista per i primi di maggio di quest’anno. L’idea del produttore è di promuovere il film in occasione della commemorazione che si avrà per i dieci anni dalla S.A.R.S. Il metodo in medicina adottato durante l’epidemia del 2003 risale agli studi fatti dal medico Wu Youke.

Che cosa ci può dire del film? Il produttore e sceneggiatore Xie Xiaodong (The End of Year, Vegetate), mi ha proposto di lavorare a questo film quattro anni fa. Il budget è stato di circa 20 milioni RMB [circa 2.470.000 euro] con un periodo di riprese di 55 giorni, il che mi ha permesso di girare in condizioni decisamente migliori. Il cast comprendeva seimila persone. Sul set, per ogni scena di guerra c’erano all’incirca 500 persone, nella parte di soldati e contadini. Anche se si tratta di una storia ambientata in altri tempi, ho voluto lo stesso cogliere degli aspetti di vita reali. Nella storia della Cina il generale Sun Chuanting è un militare modello. Mi sono documentato sulla sua storia. E ancora più dettagliatamente la ricerca è stata approfondita per la stesura della sceneggiatura che ha richiesto tre anni. Il generale Sun Chuanting fece di tutto per proteggere la Dinastia Ming, allora al potere ma ormai in declino. Per questo motivo massacrò tantissime persone, tra queste coloro colpiti dall’epidemia, coloro che si rifiutavano di finanziarlo e di supportare la sua campagna in difesa del paese, convinto fino alla fine di essere nel giusto.

Il medico Wu Youke rischiò la sua vita più volte nel tentativo di curare e salvare i malati. I due personaggi rappresentano due modi diversi di essere eroi. Il Generale Sun Chuanting morì in battaglia nel tentativo di proteggere il paese e la Dinastia Ming. Fu davvero un eroe? Il suo comportamento ne valse la pena? Successivamente il paese cambiò lo stesso e la Storia continuò. Il medico scrisse un libro che ancora oggi ha un valore, la gente può studiare e mettere in pratica il suo metodo, ancora oggi oggetto di discussione in convegni di medicina. Tra i due personaggi e le loro azioni, quale ha avuto più valore nella Storia? In Cina il cambiamento che ha portato a una produzione e distribuzione di cinema commerciale ha relegato quello d’autore a un cinema per pochi. Etichettato come non commerciale, spesso è criticato come cinema realizzato per il pubblico straniero, l’unico forse ad apprezzarlo e a premiarlo. In un periodo di transizione e di crescita per il cinema in Cina, crede che il cinema d’autore sia destinato a mantenere l’etichetta di cinema per stranieri? Le cose stanno proprio così, ma non credo che continuerà così ancora a lungo. Non importa che un film sia d’autore o commerciale, credo che in ogni caso vada realizzato per il pubblico locale innanzitutto. Sicuramente è un onore che un film partecipi ai festival internazionali ma non avrebbe senso realizzare un film solo a quello scopo. Il mercato del cinema in Cina è ancora giovane e sarà soggetto ad altri cambiamenti. Sono convinto che migliorerà, i miei film sono sempre stati a basso budget, ma ognuno dei miei film ha conquistato a poco a poco un pubblico più grande.

La distribuzione ritiene che un film d’autore/non commerciale non abbia pubblico in Cina. Cosa ne pensa? Penso che sia una scusa bella e buona. Tutti i miei film sono stati distribuiti in tv sul canale CCTV6 Movie Channel che nel caso di Feng Shui ha co-prodotto il film acquistando i diritti per 2 milioni RMB [circa 247.000 euro]. Per il cinema d’autore/non commerciale, la distribuzione in tv, il box office nelle sale, i canali su Internet, la distribuzione in DVD, i premi ai film festival, l’eventuale distribuzione all’estero, porterebbero da 3 a 6 milioni RMB [370.000–740.000 euro]. Questo significa che, se vuoi, puoi girare un film d’autore/non commerciale, perché nessun produttore ci rimetterà dei soldi, al massimo andrà a pari. Fissando un tetto di budget basso si è sicuri di un ritorno dell’investimento. In questo mercato puoi continuare a fare film non commerciali perché c’è un pubblico… non sarà vasto, ma abbastanza grande da permetterti di continuare a fare film non commerciali. Anche se non amo etichettare i miei film come d’autore/non commerciali, riconosco che Feng Shui non ha le caratteristiche di quei film che sono etichettati come commerciali. Ma è il mercato stesso che fa differenze. Quando arriva il momento di andare alla ricerca di distributori per i miei film, il mio produttore me lo ripete in continuazione di non enfatizzare che tipo di film sia, con che budget è stato realizzato perché è quel tipo di linguaggio comune cui tutti sono abituati che influenza l’approccio alla visione e alla valutazione del film.

Se gli attori di Feng Shui fossero state delle star, il film avrebbe acquistato un profilo da film commerciale, avrebbe avuto altre chance in fase di distribuzione? Forse un po’, ma non avrebbe fatto una grande differenza. Prenda per esempio il film 1942 di Feng Xiaogang il cui soggetto era serio e drammatico. Il pubblico corre per andare a vedere un film di Feng Xiaogang, ma il box office di 1942 non ha riscontrato un successo all’altezza delle aspettative della produzione, gli incassi sono stati forse poco al di sopra del budget.

Tutti i film di Feng Xiaogang fanno incassi straordinari al botteghino, ma questo no.
 

Maria Ruggieri