L’industria del cinema giapponese dovrebbe, a pieno diritto, festeggiare i risultati di botteghino del 2012 con grida di giubilo. Dopo un 2011 difficile, con la chiusura di centinaia di sale sulla scia del terremoto e dello tsunami dell’11 marzo e della fusione dei reattori di Fukushima, il pubblico è ritornato in massa al cinema l’anno scorso per vedere i prodotti della Toho e di altri grossi distributori giapponesi.
Nel complesso, secondo le cifre raccolte dalla Motion Pictures Producers Association of Japan (Eiren), sono stati 39 i film locali che hanno incassato almeno un miliardo di yen, misura tradizionale del successo di un film sul mercato giapponese. Nel 2011 erano stati 32.
In cima alla lista dei film, sia nazionali che stranieri, c’è il thriller giapponese sulla guardia costiera Umizaru 4: Brave Hearts con 7,33 miliardi di yen, seguito dal fantasy di viaggi nel tempo Thermae Romae (5,98 miliardi), dal poliziesco Bayside Shakedown 4: The Final (5,97 miliardi) e dal film di animazione fantascientifico Evangelion: 3.0 You Can (Not) Redo (5,30 miliardi). Nel 2011, invece, nessuna pellicola giapponese era riuscita a raggiungere il traguardo dei cinque miliardi di yen.
L’incasso totale al botteghino ha raggiunto i 195,19 miliardi di yen (un aumento percentuale del 7,7%), con 155.159.000 biglietti venduti. Un miglioramento, rispetto ai 144.766.000 registrati nel 2011 che però erano anche la seconda cifra più bassa dopo il 2000, quando erano stati venduti 135.390.000 biglietti.
Inoltre, il numero delle sale, che nel 2011 erano 3339, è sceso nel 2012 a 2290, perché troppi multisala si sono disputati un numero troppo basso di spettatori. Una causa importante per il mediocre volume di biglietti venduti è stato l’allontanamento del pubblico locale dai film stranieri. Nel 2012 il botteghino delle pellicole straniere ha incassato 67 miliardi di yen, con un calo del 17,9%, mentre la quota di mercato dei film stranieri è slittata dal 45,1% del 2011 al 34,3%; solo un film straniero, Mission: Impossible – Protocollo fantasma, è riuscito a superare la soglia dei cinque miliardi di yen, con 5,38 miliardi.
Non si tratta di un fenomeno temporaneo: i film stranieri non hanno una quota di botteghino maggioritaria dal 2005, anno in cui avevano raggiunto il 58,7%. Uno dei fattori di questo declino è stata la mancanza di serie di fantascienza o fantasy di grande successo come Harry Potter e Star Wars, ma anche l’ossessione hollywoodiana per gli adattamenti cinematografici di fumetti americani, i cui supereroi sono relativamente poco noti in Giappone, dove regnano i manga locali.
Uno spiraglio di luce per il contingente d’oltreoceano è stato Quasi amici di Olivier Nakache ed Eric Toledano che, con un incasso di 1,65 miliardi di yen, è stato il miglior titolo straniero non hollywoodiano. Il film è stato lanciato dal premio Tokyo Grand Prix, vinto al Tokyo International Film Festival nel 2011.
In generale, però, la base di pubblico dei film d’essai stranieri ha continuato a contrarsi, in quanto i cosiddetti “mini-cinema”, che un tempo proiettavano regolarmente i film d’autore europei, hanno chiuso i battenti oppure hanno spostato la programmazione su prodotti nazionali più popolari.
All’estero, i film giapponesi hanno continuato ad accumulare inviti da festival grandi e piccoli, anche se come sempre tocca ai tre grandi (Cannes, Venezia e Berlino) scegliere per primi i film di cineasti conosciuti, come Hara-kiri: Death of a Samurai (Cannes 2011) di Miike Takashi, Outrage Beyond (Venezia 2012), epopea sulla yakuza di Kitano Takeshi, e Tokyo Family (Berlino 2013) di Yamada Yoji, rifacimento del capolavoro del 1953 di Ozu Yasujiro Viaggio a Tokyo.
A livello internazionale però sono emerse le voci di nuovi registi, e molte di esse sono femminili. Una di queste è Yang Yong-hi, una cineasta zainichi (di origine coreana), la cui opera prima di finzione Our Homeland narra il ritorno di uno zainichi alla sua famiglia in Giappone venticinque anni dopo essere stato mandato dal padre nel “paradiso” della Corea del Nord. Il film, tratto dalla vera storia familiare della stessa Yang, non solo è stato selezionato per la sezione Forum del Festival di Berlino del 2012 e scelto come candidato giapponese agli Oscar per il miglior film straniero, ma è anche arrivato in cima a diverse classifiche dei dieci migliori film nazionali, compresa quella dei critici della rivista Kinema Junpo, che costituisce l’onorificenza più antica e prestigiosa per un film in Giappone.
Altra nuova cineasta è Nishikawa Miwa, una protetta di Kore-eda Hirokazu, il cui Dreams for Sale, pellicola dalla comicità macabra su una coppia sposata che raggira donne sole con false proposte di matrimonio, ha avuto la sua prima internazionale lo scorso anno al Toronto International Film Festival. Sempre in concorso a Toronto c’era The Cowards Who Looked to the Sky di Tanada Yuki, film drammatico su una relazione sentimentale atipica tra un adolescente e una casalinga sulla trentina che viene divulgata su Internet. Le scene di sesso del film, esplicite ma intime e umane, insieme agli esperimenti sulla struttura narrativa, come la ripetizione di certe scene dall’inizio alla fine dal punto di vista di un altro personaggio, hanno messo in luce Tanada come narratrice originale e coraggiosa (ricordiamo che il suo dramma on the road al femminile del 2008 One Million Yen Girl ha vinto il My Movies Audience Award a Udine).
Tra le cineaste che si sono cimentate sul versante più popolare, quella che lo scorso anno ha avuto maggior successo è stata la regista e fotografa Ninagawa Mika. Il suo Helter Skelter, un misto di dramma e black comedy che tratteggiava la caduta di una top model (interpretata dalla “cattiva ragazza” del cinema nazionale Sawajiri Erika) dopo la pessima riuscita di diverse operazioni di chirurgia plastica, ha incassato al botteghino la consistente cifra di 2,15 miliardi di yen.
Un altro film distribuito su larga scala dalla Toei, seppur senza vendere così tanti biglietti, è stato il dramma romantico I Have to Buy New Shoes di Kitagawa Eriko. Ambientato a Parigi, dove si è trasferita la diva Nakayama Miho, racconta la breve relazione tra una giapponese espatriata di mezza età (Nakayama) e un altro giapponese più giovane di lei che è stato trascinato in Francia dall’impertinente sorella.
Il modello per le registe desiderose di dare una bella scossa (se non uno tsunami) al botteghino è Ogigami Naoko, che si è fatta il suo onesto seguito di appassionati per film come il Rent-a-Cat dell’anno scorso. La protagonista (Ichikawa Mikako), più o meno trentenne, che “affitta” felini a persone sole può anche sembrare una fantastica affitta-gatti quanto ad aspetto, atteggiamento e modo di fare, ma alla fine si rivela la persona più sola di tutte.
I film di Kitagawa, Ninagawa e Ogigami, al pari di quelli di molte cineaste giapponesi, sono chiaramente destinati a un pubblico femminile, ma considerato il peso delle donne sul mercato giapponese non si tratta tanto di un’autoghettizzazione quanto piuttosto di una scelta commerciale ben ponderata.
Ma attualmente molti film nipponici sono incentrati su personaggi femminili forti anche quando il regista è di sesso maschile. Alcuni esempi sono Girls for Keeps, una commedia drammatica sul potere al femminile di Fukagawa Yoshihiro, Sue, Mai & Sawa: Righting the Girl Ship, dramma sulla solidarietà femminile di Minorikawa Osamu, il film on the road di Ichikawa Hiroshi Petal Dance, lo sfaccettato dramma sentimentale Before the Vigil di Yukisada Isao e, infine, Night People, un noir di Kadoi Hajime interpretato da Sato Eriko (Funuke: Show Some Love, You Losers!) nel ruolo di una donna cui dà la caccia la yakuza, e anche un poliziotto corrotto, per il ruolo da lei avuto in una grossa rapina.
Le donne interpretano anche ruoli da protagonista un tempo riservati solo agli uomini. È il caso di Takeuchi Yuko, che in Strawberry Night di Sato Yuichi è una tenace poliziotta incaricata di investigare su una misteriosa serie di omicidi fra bande. Fino a non molto tempo fa, le sarebbe stato offerto solo il ruolo della fidanzata del protagonista.
Intanto, come riflesso dello spostamento degli equilibri di potere nelle relazioni di genere, fannulloni e freeters (giovani giapponesi di età tra i 15 e i 34 anni che cercano lavori precari e brevi per non perdere la propria libertà) e altri giovani emarginati stanno proliferando nei film giapponesi proprio come nella società nipponica. Tra gli esempi più emblematici troviamo Drudgery Train, una commedia di Yamashita Nobuhiro tratta dal romanzo autobiografico di Nishimura Kenta su un giovane manovale (Moriyama Mirai) con un diploma di scuola media inferiore e un atteggiamento negativo, che spende tutto il suo magro stipendio in alcolici a buon mercato e sesso squallido, e intanto si umilia davanti al suo padrone di casa per indurlo a spostare di qualche giorno la riscossione dell’affitto. Con l’aiuto di un amico eccentrico (Kora Kengo), il ragazzo fa amicizia con una giovane donna (Maeda Atsuko), ma fatica a controllare i suoi stupidi impulsi. Seppur ambientato negli anni Ottanta, il film ha un sapore contemporaneo, visto che il sogno giapponese di una vita sicura e borghese sta svanendo davanti a una stagnazione economica lunga vent’anni.
Ai margini di ogni classificazione sociale si colloca anche l’esuberante e improbabile protagonista (Hamada Gaku) di See You Tomorrow, Everyone, di Nakamura Yoshihiro, che all’età di dodici anni giura di trascorrere la sua esistenza entro i confini del danchi (zona residenziale popolare) dove vive con la tollerante madre single (Otsuka Nene). Diventando grande, trova un lavoro nella pasticceria del danchi e una fidanzatina, ex compagna di classe. Ma il suo mondo personale si restringe e il più vasto contesto intorno si modifica quando degli stranieri del Terzo Mondo si trasferiscono in questo “paradiso” ormai fatiscente.
L’industria cinematografica giapponese, intanto, continua a sfornare un sacco di film commerciali, quasi tutti adattamenti di sceneggiati televisivi di successo, di manga, romanzi o altri prodotti collaudati, e sempre intrattenimento di evasione. Fra quelli di maggior successo al box office dell’anno scorso c’era Rurouni Kenshin di Otomo Keishi, adattamento di un popolare manga su un giovane spadaccino, ex assassino di professione, che dopo la fine dell’era feudale giapponese decide risolutamente di non uccidere più nessuno.
Pur essendo fumettistico quanto la sua fonte, il film è pieno di scene di azione con la spada senza quartiere (benché non fatali) coreografate da Tanigaki Kenji, che si è specializzato in arti marziali a Hong-Kong. Nel 2012 il film ha incassato 3,01 miliardi di yen solo in Giappone ed è stato distribuito finora in 64 paesi e territori.
Non tutti i successi giapponesi dell’anno sono pacifisti quanto Rurouni, comunque. Lesson of the Evil (Il canone del male) di Miike Takashi, tratto da un romanzo bestseller, proponeva Ito Hideaki nel ruolo di un insegnante psicotico che punta un fucile contro i suoi studenti ammazzandone la maggior parte in una spietata sequenza di ben trenta minuti. Il film è stato criticato sia dentro che fuori dal Giappone per aver provocato il brivido partendo da uno sfondo fin troppo familiare a causa di simili stragi realmente avvenute in Europa e Stati Uniti (pur essendo stato distribuito poco prima del massacro alla scuola elementare Sandy Hook). Oshima Yuko, componente della popolare band musicale femminile AKB48, si è categoricamente rifiutata di andare sul palcoscenico ad accogliere Ito durante un evento per il lancio del film, definendo la storia “detestabile”, ma molti spettatori giapponesi non sono stati d’accordo con lei: quando è uscito in sala, nel novembre del 2012, Lesson of the Evil ha fatto il consistente, seppur non spettacolare, incasso di 2,34 miliardi di yen.
Quest’anno il ritmo della produzione nazionale non mostra segni di cedimento. Tra i film dei cineasti di maggior rilievo che dovrebbero uscire in sala quest’anno abbiamo il thriller di Miike Takashi Shield of Straw (uscita prevista: aprile), il dramma sentimentale Real di Kurosawa Kiyoshi (luglio), il violento thriller di Sono Sion Why Don’t You Play in Hell? (settembre) e il dramma familiare Like Father, Like Son (Soshite Chichi ni Naru) di Kore-eda Hirokazu (ottobre). Tutti film che probabilmente finiranno in festival importanti prima o dopo la loro uscita nelle sale giapponesi.
Ma l’uscita più attesa dell’anno per i suoi milioni di fan giapponesi e di tutto il mondo è quella del nuovo film di animazione di Miyazaki Hayao, The Wind Rises. Ispirato alla vita di Horikoshi Jiro, disegnatore dei cacciabombardieri Zero durante la seconda guerra mondiale, il film dovrebbe andare in sala in luglio. Intanto, l’uscita di Kaguya-hime, primo lungometraggio di animazione in quattordici anni di Takahata Isao, collaboratore di lunga data di Miyazaki, che era prevista in contemporanea con The Wind Rises, è stata posticipata al mese di settembre a causa di ritardi nella produzione.
Non che la cosa sia importante: la sola presenza di Miyazaki è sufficiente a garantire un’estate positiva alla società di distribuzione, la Toho, e un anno migliore della media per il botteghino giapponese nel suo complesso.
Mark Schilling