I primi cinquant’anni: il cinema di Singapore nel 2015

Il 2015 è stato un anno di festa per Singapore, perché il Paese celebrava cinquant’anni di esistenza come repubblica indipendente. Contemporaneamente i festeggiamenti sono stati segnati della rispettosa commemorazione del padre fondatore della Repubblica, Lee Kuan Yew, scomparso nel marzo dello stesso anno a novantuno anni.

Guardando alla storia del cinema di Singapore tra il 1965 e il 2015, può essere utile ricordare le circostanze specifiche in cui esso si è sviluppato. I primi film sono stati realizzati nel 1927, quando Singapore era una colonia britannica. Negli anni successivi la produzione cinematografica si è sviluppata principalmente in lingua malese, e ha raggiunto il suo apice negli anni Cinquanta e Sessanta, col contributo dei gruppi etnici cinesi, malesi e indiani (Tamil). La produzione cinematografica è andata gradualmente diminuendo nella seconda metà degli anni Settanta, fino a segnare una battuta di arresto durata circa quindici anni. La produzione di lungometraggi è ripresa dopo il 1991 ma, a differenza dei decenni precedenti, quando la lingua predominante nella produzione locale era il malese, i film degli anni della rinascita e quelli successivi erano principalmente in cinese o inglese. La produzione annua è cresciuta gradualmente, fino a stabilizzarsi dopo il 2005 a circa venti titoli l’anno.

Nell’anno del cinquantenario, Singapore ha prodotto venti film diversi per genere, qualità e successo commerciale. Il re del botteghino è stato, come negli ultimi anni, una commedia diretta dal beniamino del pubblico mainstream di Singapore, Jack Neo. Ah Boys to Men 3: Frogmen, è il terzo capitolo della serie di enorme successo di Neo incentrata su delle giovani reclute del Servizio Militare Nazionale (Ah Boys to Men e Ah Boys to Men 2). Questa volta, la storia ruota attorno a un gruppo di giovani soldati del corso di combattimento subacqueo della Naval Diving Unit. Un certo gusto per il melodramma e una quantità sproporzionata di product placement non hanno minimamente inciso sui risultati al botteghino: con la ragguardevole cifra di 10,95 milioni di dollari di Singapore, Frogmen ha raggiunto il record assoluto per un film di Singapore. Il prossimo episodio, Ah Boys to Men 4, è previsto per il 2017.

L’ultimo film di Jack Neo, Long Long Time Ago, è un dramma in costume e rappresenta uno degli omaggi del grande schermo al cinquantesimo compleanno di Singapore. Come Frogmen, è un film in due parti e, secondo la strategia stabilita del regista, la prima parte è uscita il 4 febbraio 2016, in concomitanza con i festeggiamenti del Capodanno lunare.

Il film è ambientato durante il primo decennio d’indipendenza di Singapore (dal 1965 ai primi anni Settanta), un’epoca segnata da inizi difficili, da rivolte razziali e dalla ricerca di una identità nazionale. Neo ha attinto alle proprie esperienze infantili per ricreare la vita del villaggio e la sua atmosfera. I protagonisti sono Mark Lee, attore veterano di Neo, Aileen Tan e Wang Lei. Il centro del film è Tan nel ruolo della vedova Zhao Di che, ripudiata dalla famiglia del marito, lavora duramente per prendersi cura delle tre figlie, in un periodo di trasformazione e insicurezza economica e sociale. Uno dei momenti più drammatici del film è l’alluvione del 1969, considerata allora la peggiore degli ultimi trentacinque anni. Jack Neo ha dichiarato di avere voluto creare un film che preservasse per le giovani generazioni un’immagine realistica della vita in evoluzione dei tempi passati. Long Long Time Ago è stato girato a Singapore e a Ipoh, in Malesia.

Il film è costato sei milioni di dollari di Singapore, molto più di tutti gli altri film di Neo. Ad esempio, Ah Boys to Men: Frogmen è costato circa la metà. Anche se Long Long Time Ago è stato in testa alla classifica del botteghino a Singapore durante la settimana del Capodanno lunare, raccogliendo un incasso pari a 1,65 milioni di dollari di Singapore in sei giorni, sarà difficile che riesca a replicare lo straordinario successo della serie Ah Boys to Men. La seconda parte del film è prevista in uscita per la fine di marzo 2016.

Un film del 2015 che merita particolare attenzione è il lungometraggio antologico 7 Letters, un tributo collettivo per il cinquantesimo compleanno di Singapore creato da sette celebri registi singaporiani. Queste “Lettere a Singapore”, prodotte dal regista Royston Tan e finanziate dalla Singapore Film Commission, sono un episodio di felice allineamento di diversi soggetti, stili e prospettive creative con uno scopo comune.

Spesso simili progetti ad hoc si traducono in prodotti conformisti e politicamente corretti, nei quali l’aspetto artistico è inferiore alle aspettative. 7 Letters è una deliziosa eccezione, che è riuscita a toccare un tasto particolarmente sensibile per il pubblico locale e che ha fatto registrare il tutto esaurito alle proiezioni, rendendo necessario un prolungamento della tenitura. I singoli episodi sono i seguenti:
1) Cinema, diretto da Eric Khoo. Un affascinante omaggio alla “età d’oro” del cinema singaporiano degli anni Cinquanta e Sessanta, strutturato come un “film nel film”.  
2) That Girl, diretto da Jack Neo. La delicata storia di un amore in erba, in cui la cotta di una ragazza di 12 anni per un compagno di classe le crea delle difficoltà con i genitori.
3) The Flame, diretto da K. Rajagopal. La storia intima di un conflitto generazionale tra padre e figlio che coinvolge la questione dell’identità di Singapore.
4) Bunga Sayang (Flower of Love), diretto da Royston Tan. Il potere della musica mette insieme due vicini di casa, trascendendo generazioni e differenze culturali.
5) Pineapple Town, diretto da Tan Pin Pin. Un dramma romanzato, riflessivo e complesso, sulla ricerca delle proprie radici nel quale una madre adottiva da Singapore si reca in Malaysia per conoscere la madre biologica di suo figlio.
6) Parting, diretto da Boo Junfeng. Una storia d’amore, di perdita e di memoria che può essere letta in luce allegorica. Un vecchio malese arriva a Singapore dalla Malaysia in cerca del suo primo amore, una ragazza di etnia cinese, e scopre che la città che ha lasciato nel 1965, dopo la separazione tra Singapore e Malaysia, è del tutto irriconoscibile.
7) Grandma Positioning System (GPS), diretto da Kelvin Tong. Ogni anno una famiglia singaporiana composta da tre generazioni attraversa il confine a Johor per andare a far visita alla tomba del nonno. Tong, che ha realizzato una lunga serie di film horror, qui utilizza il motivo della morte per mettere in evidenza i gap generazionali, il valore autentico delle tradizioni e il ritmo incessante del cambiamento nel paesaggio di Singapore, in modo delicatamente umoristico e sostanzialmente commovente.

Anche se i sette episodi sono stati realizzati senza che i registi sapessero quello che gli altri stavano facendo, vi sono alcuni temi ricorrenti. La maggior parte degli episodi è pervasa da un senso malinconico di perdita o di nostalgia e dall’accettazione delle cose così come sono. È interessante notare come più della metà degli episodi siano stati girati in Malaysia o presentino dei valichi di frontiera, una conferma del fatto che i legami tra Singapore e Malaysia sono molto più profondi e forti storicamente, culturalmente ed emotivamente della politica che li ha separati.

Un altro lungometraggio dedicato al cinquantesimo anniversario di Singapore è 1965, co-diretto da Randy Ang e Daniel Yun. La trama di questo thriller drammatico si concentra sui disordini razziali del 1964 e sugli eventi che hanno portato alla creazione di Singapore come stato indipendente, nell’agosto del 1965. Tra i protagonisti della storia figurano l’ispettore di polizia Cheng (Qi Yuwu) e suo fratello Seng (James Seah), leader di un gruppo cinese di attivisti radicali. Nel loro stesso villaggio vive la fruttivendola malese Khatijah (Deanna Yusoff), che accusa Cheng della morte del figlio, avvenuta durante una sommossa.

1965 è un film ambizioso ma anche un’occasione mancata, opinione condivisa dalla maggior parte dei critici cinematografici di Singapore. I suoi difetti sono molteplici (come la penosa rievocazione che mostra il primo ministro Lee Kuan Yew annunciare in lacrime la separazione tra Singapore e Malaysia) e vanno dalla sceneggiatura alla regia e alla recitazione. Non sorprende che il film sia andato male al botteghino.

Eric Khoo ha realizzato un dramma erotico, In the Room, coprodotto dalla produttrice hongkonghese Nansun Shi con un budget di 1,12 milioni di dollari di Singapore. Si tratta di un film antologico, composto da sei racconti erotici densi di varie eccentricità e personaggi. Le vicende sono tutte ambientate nella stessa camera d’albergo di Singapore e abbracciano diversi decenni. In the Room è stato definito il primo film erotico singaporiano; come è stato sottolineato, malgrado le scenografie fantasiose e l’ottima fotografia, purtroppo la sceneggiatura e la recitazione degli attori sono troppo squilibrate per dare un’anima a ciò che rimane sicuramente un concetto interessante.

Ad ogni modo, il film ha fatto un giro intorno al mondo di tutto rispetto ed è stato presentato ai festival di Toronto, San Sebastián, Busan e Singapore, dove è stato vietato ai minori di 21 anni e proiettato senza tagli nel dicembre 2015. Non c’è da stupirsi che un film del genere sia finito nel mirino dei censori. In un primo momento, Khoo ha ritirato la domanda di classificazione del film alla Media Development Authority (MDA) perché avrebbe dovuto operare vari tagli per far uscire il film nel circuito commerciale singaporiano. Successivamente però il regista ha elaborato una versione modificata del film, con due sequenze controverse “rielaborate”, ma non tagliate. Questa “versione internazionale” parallela, che ha la stessa durata di quella originale, è uscita a Singapore il 25 febbraio 2016.

3688 è una commedia-musical diretta da Royston Tan. Il titolo segue la tradizione del regista di titolare i suoi film utilizzando i numeri. Nel dialetto cinese di Hokkien, 3688 suona come “Voler essere Fei Fei” (Xiang ru fei fei), che è, in effetti, il titolo alternativo del film.

Con 3688, Tan torna alla produzione cinematografica dopo un’assenza di sette anni e rende omaggio alla musica della popolare cantante taiwanese Feng Fei Fei (1953-2012), che aveva un grande seguito a Singapore e in Malaysia. Xia Fei Fei (la cantante pop singaporiana Joi Chua), l’eroina di 3688, è una posteggiatrice sui quarant’anni, che vive una vita senza scossoni, con il padre vedovo che si sta avviando verso la demenza senile. Xia Fei Fei sogna di diventare una cantante come il suo idolo Feng Fei Fei e, per far fronte all’aumento delle spese mediche per il padre, decide di partecipare a un concorso nazionale di canto.

In 3688 ci sono personaggi esagerati e coreografie stravaganti, che aggiungono un tocco di umorismo. Quel che eleva il film, però, è la recitazione sensibile e ricca di sfumature di Joi Chua e Michael Tan, che interpreta il padre, e le esibizioni sobrie e appassionate di Chua.

Per commemorare i propri ottant’anni di attività, la Cathay Organisation, una delle due principali società di produzione attive nel periodo d’oro del cinema di Singapore, negli anni Cinquanta e Sessanta, è tornata alla produzione dopo una pausa di sedici anni, durante la quale si è occupata di mostre, di distribuzione e di attività immobiliari. Our Sister Mambo è ispirato alla popolare commedia hongkonghese della Cathay del 1957, dal titolo Our Sister Hedy, la storia di un vedovo e delle quattro figlie nubili. In questo rifacimento commemorativo, al centro del film c’è una famiglia di Singapore appartenente alla classe media: Mr. Wong (il comico Mosè Tan), sua moglie (l’attrice Audrey Luo) e le loro quattro figlie. La star televisiva Michelle Chong interpreta Mambo, la sorella numero due, che cerca di far accasare le altre.

La trentottenne Chong in effetti ha sei anni più della sua madre nel film e undici anni più della sua sorella maggiore sullo schermo (Ethel Yap)! Anche se Luo è perfettamente a suo agio nell’interpretare una donna più matura, vederla come madre di quattro figlie adulte va un po’ oltre i limiti della credibilità. Si tratta ad ogni modo di un film coinvolgente e piacevole, ricco di riferimenti alla storia della Cathay senza essere eccessivo. Il film è diretto da Ho Wi Ding (Pinoy Sunday), nato in Malaysia ma residente a Taiwan, con una vivace sceneggiatura di Michael Chiang, al quale si deve anche lo script di Army Daze della Cathay (1996).

The Naked DJ è un documentario di 75 minuti diretto dal regista singaporiano Kan Lume (Solos, 2007) incentrato sul navigato DJ anticonformista di Singapore Chris Ho (alias X’Ho). Lume accompagna Ho nella sua prima visita in Cina, alla scoperta delle sue radici cinesi. Durante il viaggio, il cineasta registra le riflessioni di Ho, incluse quelle (perlopiù negative) riguardanti la natìa Singapore, la sua vita e il suo governo. Il film ha vinto il premio NETPAC per il miglior film asiatico al Jogja-NETPAC Asian Film Festival, Yogyakarta, Indonesia 2014.

Ultimo ma non meno importante, Snakeskin di Daniel Hui è un intrigante mix di documentario e fantascienza che mescola storia e mito, ricordi reali e immaginari, attraverso lo stratagemma del viaggio nel tempo. L’influenza di La Jetée di Chris Marker è innegabile. Nel film, che è ambientato nel 2066, l’unico sopravvissuto di un misterioso culto singaporiano utilizza immagini d’archivio per narrare gli eventi della storia del paese nel 2014 e prima, raccontando l’ascesa e la caduta del culto, mentre personaggi del passato propongono i loro racconti personali. Nell’anno delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario di Singapore, Snakeskin offre un punto di vista originale e ambivalente sulla storia ufficiale del Paese, un ammonimento a ricordare che le cose non sono sempre quello che sembrano.


Nota: 1 SGD (dollaro di Singapore) = USD 0.725 // EUR 0.66

Yvonne Ng Uhde and Jan Uhde