Gli ultimi dodici mesi hanno portato alla politica e alla società coreane un cambiamento di stagione. Per la comunità cinematografica coreana, l’elezione del presidente Moon Jae-in al posto di Park Geun-hye, infangata e messa sotto accusa, ha segnato la fine di un inverno durato un decennio e segnato da pesanti tagli ai finanziamenti, rappresaglie governative e segrete liste nere di personalità della cultura. L’anno scorso ci si è impegnati soprattutto nella ricostruzione di istituzioni come il Korean Film Council e il Busan International Film Festival che erano state compromesse sotto le due precedenti amministrazioni. L’arrivo della primavera, però, non è stato esente da un certo grado di turbolenza. Nella sfera politica, le tensioni con la Corea del Nord e gli Stati Uniti hanno tenuto il paese sul filo del rasoio, anche se all’inizio del 2018 si è aperto un nuovo fronte diplomatico. E, dopo un inizio lento, il movimento #MeToo ha investito con forza anche la Corea del Sud, scuotendo diversi settori della società, compresa l’industria del cinema.
Parecchi film distribuiti lo scorso anno hanno catturato con successo diversi aspetti dell’attuale momento storico. Il senso della società che si risolleva e inaugura una nuova epoca è stato ritratto efficacemente nella pellicola di Jang Joon-hwan, 1987: When the Day Comes. Ambientato durante le sollevazioni della cosidetta Lotta del Giugno 1987, quando delle dimostrazioni di massa obbligarono il governo militare a introdurre elezioni presidenziali dirette e una costituzione democratica, il film segue un vasto gruppo di personaggi per mostrare come un piccolo atto di resistenza può condurre a un altro e poco a poco costruire lo slancio verso il cambiamento sociale. Abbinando un tempestivo messaggio sociale (il film inevitabilmente riporta alla mente le dimostrazioni popolari contro la leadership governativa nel periodo 2016-17) a una narrazione complessa ma efficace e a un cast stellare, 1987: When the Day Comes è stato per molta parte della critica il film coreano dell’anno.
Altrettanto opportuno è stato, per molti versi, il thriller politico Steel Rain, che esplora le attuali tensioni tra la Corea del Sud e quella del Nord. Diretto da Yang Woo-seok (la cui opera prima The Attorney è stata premiata al FEFF del 2014), il film si apre con un elaborato tentativo di colpo di stato contro la leadership nordcoreana. Nel caos che ne consegue un militare nordcoreano finisce a Seoul ed è costretto a collaborare con un segretario alla sicurezza nazionale sudcoreano, anche se non crede alle sue motivazioni. Il film, a tratti ricco di suspense, divertente, spaventoso e pieno di spunti di riflessione, è stato distribuito in dicembre, un periodo in cui le tensioni nucleari sulla penisola coreana erano forti quasi quanto gli eventi descritti nella storia.
Questi film rappresentano due delle tre produzioni più importanti per il botteghino della stagione invernale 2017-18, ma anche il terzo, Along with the Gods: The Two Worlds si è ritrovato (senza volerlo) al centro di una grossa tempesta sociale. Il movimento #MeToo, sorto l’autunno scorso a Hollywood in seguito alle accuse contro il produttore Harvey Weinstein, non ha preso subito piede in Corea ma, verso la fine di gennaio, la giudice Seo Ji-hyun è apparsa in diretta televisiva raccontando di essere stata molestata a un funerale da uno dei suoi superiori e descrivendo le rappresaglie di cui era stata oggetto per aver cercato di parlarne. Il grande sostegno pubblico da lei ricevuto ha incoraggiato altre donne a raccontare in pubblico le loro storie e in pochissimo tempo il movimento #MeToo è penetrato in profondità anche nella società coreana.
All’interno dell’industria cinematografica, una delle prime figure ad essere accusate è stato il popolare attore Oh Dal-soo (Assassination, Ode to My Father), che ha confessato di aver abusato sessualmente di diverse donne agli inizi della sua carriera. Oh interpretava un ruolo secondario ma importante nel grandissimo successo Along with the Gods: The Two Worlds, che però, nel momento in cui il caso è diventato pubblico, aveva già venduto la maggior parte dei complessivi 14,4 milioni di biglietti (il film è il secondo campione d’incasso di tutta la storia del cinema coreano). Ad ogni modo, questo è solo il primo episodio di due film; la seconda parte è già stata girata e sarà pronta per l’uscita nell’estate 2018. Dopo aver riflettuto, la società di produzione ha deciso di girare con attori diversi le scene in cui apparivano Oh e Choi Il-hwa, un altro attore accusato di molestie sessuali.
Molte sono state le personalità importanti del mondo politico, accademico, letterario e teatrale, ma non solo, la cui reputazione è stata distrutta dalle accuse di #MeToo, ma il caso di maggior rilievo nell’industria del cinema coreano ha coinvolto il regista vincitore del Leone d’Oro a Venezia, Kim Ki-duk, e il suo collaboratore abituale Cho Jae-hyun, accusati di aggressioni sessuali ripetute da diverse donne nel corso di un’importante trasmissione televisiva investigativa. I due sono attualmente sotto indagine e la loro carriera potrebbe essere finita.
In un certo senso, quindi, l’industria cinematografica coreana sta attraversando un periodo di profondo sconvolgimento e cambiamento. Il Korean Film Council si sta sforzando di affrontare questioni come le molestie sessuali e la discriminazione di genere all’interno dell’ambiente, ma nel contempo cerca anche di attrarre progetti e di accrescere il sostegno al cinema indipendente, che ha patito un decennio di vacche magre a causa del governo conservatore. Il numero di pellicole indipendenti prodotte in Corea dovrebbe aumentare nei prossimi anni, visto che si stanno rendendo disponibili maggiori finanziamenti a sostegno della loro produzione. Tuttavia, la distribuzione e la commercializzazione dei film indipendenti continueranno a rimanere una sfida in un mercato completamente dominato dai grossi distributori.
L’unica area del settore che non ha mostrato grossi cambiamenti è quella delle statistiche complessive. Nel 2017 sono stati venduti 219,9 milioni di biglietti per un totale di 1,66 miliardi di US$, con un incremento dello 0,8% rispetto all’anno precedente, mentre la quota di mercato dei film nazionali è leggermente calata, attestandosi sul 51,8%. Il mercato è sempre dominato da quattro società di distribuzione: CJ Entertainment, Lotte Entertainment, Showbox, e NEW, con la CJ che è il principale distributore del paese da quindici anni filati, malgrado il piccolo distributore-esercente Megabox abbia ottenuto un successo considerevole con produzioni di medio budget come The Outlaws, Little Forest e Anarchist from the Colony.
Alcuni dei film che sono andati meglio al botteghino del 2017 erano dei successi annunciati, mentre ce ne sono stati altri a sorpresa. La produzione più ambiziosa e di alto profilo dell’anno è stata il film a grosso budget The Battleship Island di Ryoo Seung-wan, arrivato in sala a luglio. Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale nella miniera di carbone dell’isola di Hashima, il film descrive le tragiche esperienze dei coreani costretti a lavorarvi e delle donne obbligate a prostituirsi. Le sorprendenti sequenze d’azione e l’abbondanza di riprese in location esterne ha indubbiamente introdotto un nuovo standard per i blockbuster coreani. Malgrado ciò il mix di polemica storica e di spettacolo di genere si è rivelato decisamente controverso, tanto da evidenziare varie divisioni all’interno della società coreana: i nazionalisti più accesi si sono infuriati per la descrizione dei coreani che collaboravano con i giapponesi, mentre i rappresentanti dell’altro estremo dello spettro politico hanno accusato di nazionalismo la pellicola stessa. In conclusione, The Battleship Island ha venduto 6,6 milioni di biglietti: una cifra importante ma decisamente più limitata rispetto alle aspettative.
Anche un altro tra i più importanti film usciti in estate, A Taxi Driver di Jang Hun, si ispira a una tragedia reale: la pesante repressione di una manifestazione nella città di Gwangju nel 1980, che è finita con centinaia (o forse migliaia) di persone uccise e l’occupazione militare della città. La storia è incentrata sul fotogiornalista tedesco Jürgen Hinzpeter che, con l’aiuto di un tassista di Seoul, riprese gli eventi di Gwangju e diffuse le immagini fuori dalla Corea. Visto che la notizia degli scontri era stata soppressa dalla stampa coreana, videocassette del materiale girato da Hinzpeter iniziarono a circolare sottobanco tra la popolazione coreana negli anni che seguirono, come si può vedere anche in una memorabile scena di 1987: When the Day Comes. Con 12,2 milioni di biglietti venduti, A Taxi Driver si è rivelato il film da non perdere nella stagione estiva.
Alcuni altri successi del 2017 sono arrivati in sala con un battage pubblicitario meno enfatico ma hanno avuto successo attraverso un forte passaparola. Midnight Runners, del regista emergente Jason Kim, narra la storia di due giovani studenti dell’accademia di polizia che una sera sono testimoni di un rapimento e decidono di inseguire i rapitori malgrado la scarsa esperienza. Questa commedia d’azione, divertente e piena di calore ma anche a tratti piuttosto cupa, è riuscita ad accumulare ben 5,7 milioni di biglietti.
The Outlaws del debuttante Kang Yoon-sung è stato una sorpresa ancor maggiore. Il film, un violento thriller su un gangster di origini coreane che arriva dalla Cina e sul detective della polizia che cerca di consegnarlo alla giustizia, dall’esterno poteva somigliare a uno qualunque dei tanti film coreani di medio budget sulla criminalità, ma una combinazione di caratterizzazione creativa e ritmo sostenuto, uniti all’interpretazione carismatica di Ma Dong-seok (a.k.a. Don Lee, Train to Busan), lo hanno trasformato in una potenza al botteghino. In effetti, con il suo mix unico di vigore fisico e di asprezza che mascherano calore e sensibilità, Ma Dong-seok si sta rivelando una delle maggiori attrazioni al botteghino. Dopo essere partito in terza posizione a inizio ottobre, The Outlaws è rapidamente salito in cima alla classifica e vi è rimasto abbastanza a lungo per racimolare un sorprendente numero di biglietti, ben 6,9 milioni.
Com’era prevedibile, la stagione autunnale era piena zeppa di thriller. Essendo un genere dai risultati garantiti e con un certo grado di attrattiva sul piano internazionale, negli ultimi anni il thriller ha occupato uno spazio ancora più grande nei listini delle società di produzione. Fra alcuni degli altri film di rilievo del 2017 è compreso il thriller psicologico Forgotten di Jang Hang-jun, che fa entrare il pubblico nella mente di un giovanotto decisamente disturbato, il quale vede e ricorda dettagli su uno sconvolgente omicidio che potrebbe accadere o essere già accaduto. A Special Lady del regista esordiente Lee An-gyu si fa notare per la sua protagonista affascinante, interpretata con piglio autorevole e intimidatorio dall’esperta attrice Kim Hye-soo. The Chase, invece, capovolge i soliti polizieschi procedurali, descrivendo le indagini e l’inseguimento di un serial killer non da parte di un gruppo di detective giovani e duri, bensì ad opera di due pensionati che compensano le proprie carenze a livello fisico con la cocciutaggine e il rifiuto di arrendersi.
Andando oltre i film di genere, il 2017 è stato un buon anno per i film indipendenti e i drammi dal budget più ridotto, anche se solo alcuni di questi film sono riusciti a sfondare e a farsi notare dal grande pubblico. I documentari a tema politico come Our President (sul defunto presidente Roh Moo-hyun) e Criminal Conspiracy (sugli sforzi del governo di controllare le emittenti pubbliche) hanno avuto buoni risultati di botteghino, cosa forse prevedibile visto l’attuale stato d’animo. Per i lungometraggi di fiction il percorso per raggiungere gli spettatori è stato tutto in salita, ma i vari soggetti e lo stile innovativo dei film indipendenti hanno parlato da soli. Un esempio di un film del genere, anche se si tratta di un caso decisamente speciale, è stato Running Actress, l’esordio alla regia dell’acclamata attrice Moon So-ri, nel quale la regista-attrice interpretava se stessa. Il film è uno sguardo sarcastico alle varie difficoltà e pressioni che attori e altri addetti ai lavori dell’industria cinematografica devono affrontare quotidianamente.
Spostandoci all’inizio del 2018, una delle cose più sorprendenti sul cinema coreano nei primi tre mesi di quest’anno è stato il risultato, andato oltre le aspettative, di un gruppo di film a basso e medio budget. Little Forest, diretto da Yim Soon-rye e interpretato dall’astro nascente Kim Tae-ri (The Handmaiden), è l’adattamento di un manga giapponese su una donna che abbandona una vita frenetica per trasferirsi in campagna a coltivare l’orto e cucinare. Assai popolare presso il pubblico giovanile, il film deve i suoi risultati molto superiori alle aspettative alla qualità della regia, ma forse anche al fatto che le giovani generazioni – che soffrono maggiormente della natura altamente competitiva della società coreana – stanno recuperando determinati valori esistenziali.
Sono andati molto bene anche due film di generi che un tempo erano dei capisaldi del cinema coreano ma che negli ultimi anni sono stati raramente prodotti dalle principali case di produzione. Il melodramma classico Be with You è il rifacimento di una pellicola giapponese del 2004 nella quale una donna ritorna misteriosamente dal marito e dal figlio piccolo sei mesi dopo la sua morte. Con un’interpretazione notevole dell’attrice Son Ye-jin, il film ha sbaragliato concorrenti dal budget decisamente più alto e ha dato prova del potenziale che hanno ancora i melodrammi per il mercato coreano.
Solo alcune settimane dopo, una simile dinamica si è messa in moto con l’horror del genere P.O.V., detto anche found-footage, Gonjiam: Haunted Asylum, diretto da Jung Bum-sik (Epitaph). Il film, realizzato con un budget di solo un milione di US$, è incentrato su un gruppo di fanatici dell’orrore che filmano la loro visita in un manicomio abbandonato e presumibilmente infestato dai fantasmi, nella speranza di far soldi mettendo il video su YouTube. Il genere horror è ben lungi dalla sua epoca d’oro, nei primi anni 2000, quando all’inizio di ogni estate arrivavano nelle sale cinque o sei film agghiaccianti. Quella tradizione stagionale sembra ormai passata alla storia, ma il successo di Gonjiam, che con molta facilità ha superato sia Ready Player One che la grossa produzione della CJ Entertainment Seven Years of Night, sembra aver dato nuova vita al genere horror.
È possibile che l’inatteso successo dei tre film di cui sopra sia dovuto a fattori episodici e irripetibili, ma può anche darsi che questo sia un indicatore del fatto che il pubblico coreano abbia voglia di qualche novità. Ormai da diversi anni, i critici stanno richiedendo alle principali case di produzione un listino più variato e forse adesso anche il pubblico farà altrettanto. L’anno che abbiamo davanti, con il suo numero record di blockbuster con budget dai 10 milioni di US$ in su, ci potrà dare qualche indicazione in più.
Darcy Paquet