— Potrebbe dirci che cosa, nel progetto di Crossroads: One Two Jaga di Nam Ron, l’ha convinta a produrlo? E com’è stato per lei assumere quel ruolo?
Nam Ron è un mio caro amico. Quello che all’inizio era solo un rapporto di lavoro fra attori sul set, è diventato in modo naturale quello tra regista e attore in tre diversi progetti. Questa collaborazione in realtà è nata per caso: lui era reduce da un progetto che all’ultimo momento non era decollato e aveva bisogno di parlarne con qualcuno, così è venuto da me. In qualche modo la nostra conversazione si è spostata da quello che non aveva funzionato nella sua idea al genere di storia che voleva condividere con il mondo. Dopo un po’ è risultato chiaro che abbiamo la stessa visione del nostro paese, dei problemi, della complessità, delle cose che pensiamo dovremmo raccontare attraverso un film. Abbiamo girato la nostra “previsualizzazione” due settimane dopo, per sperimentare alcune delle sue idee.
— Come film indipendente incentrato sulla corruzione, lo sfruttamento e l’immigrazione illegale, Crossroads: One Two Jaga rappresenta uno sforzo davvero coraggioso e inconsueto nell’attuale panorama del cinema della Malaysia. Che cosa si aspetta in termini di reazione della censura e del pubblico relativamente ai soggetti affrontati dal film?
Con l’etichetta che viene attribuita al film, è stato sorprendentemente semplice trattare con la nostra censura. Ci hanno classificato PG13 – “Bambini accompagnati: visione sconsigliata ai minori di 13 anni” – con piccoli tagli sul montaggio, cosa che abbiamo trovato decisamente generosa da parte loro, se consideriamo il tipo di storia che raccontiamo. Le nostre Forze di Polizia invece sono molto più difficili da convincere. Ci hanno bocciato la sceneggiatura sin dall’inizio ma, dopo innumerevoli riunioni e ricorsi hanno ceduto e ci hanno lasciato girare il film. Ora che il film è fatto, e abbiamo avuto il visto della censura, stiamo ancora aspettando i risultati del procedimento di revisione della Polizia. Detto ciò, c’è ancora una possibilità che il film non venga proiettato nelle sale malaysiane.
— In Crossroads: One Two Jaga, lei ha solo un cameo. Non ha considerato la possibilità di interpretare uno dei ruoli principali?
Mi sono rassegnato ad essere solo un produttore per questo film. Ci avevo anche fatto un pensierino, ma credo che non sarei stato utile al progetto se per metà del mio tempo disponibile avessi dovuto pensare alle battute, alla recitazione, ecc. Col senno di poi, penso di aver preso la decisione giusta.
— Visto che il film sarà presentato per la prima volta a Udine, che strategia ha pianificato per il lancio in Malaysia? Si aspetta che il pubblico locale lo accoglierà senza riserve o sente che sarà piuttosto considerato un film di nicchia, un titolo da festival?
Quando abbiamo pensato per la prima volta di raccontare questa storia, volevamo condividerla con il maggior numero di persone possibile, e lo pensiamo ancora; sotto questo aspetto non è cambiato nulla. La strategia per la distribuzione in Malaysia dipenderà molto dalla decisione della Polizia. Visto il primo riscontro dei cinefili locali, degli operatori chiave del settore e degli esercenti, sembrano tutti eccitati all’idea di vederlo, e queste ci sembrano delle buone premesse in termini di richiamo commerciale.
— Il pubblico di Udine la vedrà anche nell’horror indonesiano di Joko Anwar Satan’s Slaves (Pengabdi Setan). E l’anno scorso, l’hanno vista in un’altra produzione indonesiana, My Stupid Boss di Upi. Visto che in questo momento lei è decisamente uno dei più attivi, se non il più attivo e riconoscibile attore malaysiano a lavorare nei film indonesiani (compreso un altro recente successo, Ayat-Ayat Cinta 2), potrebbe commentare la sua scelta di lavorare così spesso “al di là dello stretto”?
Forse per me è giunta l’ora di volare verso altri lidi per lavorare con Bianca Balbuena [ride]. Lavorare all’estero mi dà entusiasmo, nuove esperienze, nuovo materiale sul quale lavorare. Adoro la tensione di lavorare fuori dal mio ambiente, assumere dei rischi, superare i miei limiti, fare cose di cui non sono sicuro, trovare le risposte durante il percorso. Lavorare oltre lo stretto mi dà tutte queste cose insieme. La vita è breve, la vita lavorativa di un attore è ancora più breve, quindi perché no?
Paolo Bertolin