L’ennesimo anno impegnativo: il cinema di Hong Kong nel 2017

Per il cinema di Hong Kong il 2017 si è rivelato l’ennesimo anno impegnativo. Anche limitandosi a guardare le cifre indicate sulle prime pagine dei giornali, è facile cogliere i segni delle difficoltà del settore, mentre gli appassionati incalliti del cinema hongkonghese hanno visto scorrere intere settimane senza che venisse fuori un solo titolo locale interessante. Uno sguardo più attento però può rivelare un’industria cinematografica che riesce ancora a scoprire nuovi talenti e a offrire una varietà di scelte filmiche.

Nel 2017, per il secondo anno consecutivo, gli incassi totali al botteghino di Hong Kong sono calati, attestandosi a 1,85 miliardi di HK$ (dollari hongkonghesi), pari a 237 milioni di US$ (dollari statunitensi), con una contrazione del 4,8%. A conti fatti, lo scorso anno quelle che sono andate peggio sono state le produzioni locali. I film hongkonghesi, comprese le co-produzioni con la Cina continentale, hanno rappresentato solo il 13% della quota di mercato (un calo di cinque punti percentuali rispetto all’anno precedente), mentre il numero di produzioni autoctone è sceso da 61 nel 2016 a solo 53 per il 2017. Diversamente dal solito, nessun film hongkonghese rientra tra i primi dieci nella classifica degli incassi, dominata da produzioni americane capeggiate dall’animazione La Bella e la Bestia. Nel 2016 nelle prime dieci posizioni figuravano due produzioni hongkonghesi, tra cui il thriller locale Cold War 2 al terzo posto.

Tra i film locali che sono andati meglio figura la commedia romantica di Pang Ho-cheung, Love Off the Cuff, che ha incassato 30 milioni di HK$ (3,87 milioni di US$), meno della metà degli incassi di Cold War 2. Gli hongkonghesi hanno apprezzato la storia squisitamente locale, incentrata su una coppia di innamorati i cui alti e bassi erano stati precedentemente descritti nel film del 2010 Love in a Puff e nel suo sequel del 2012. È più difficile invece annoverare tra i successi altri titoli che sono stati inclusi nella top ten locale: come già avvenuto nel 2016, per rientrare nella classifica dei migliori dieci film di produzione hongkonghese è stato sufficiente un incasso di appena dieci milioni di HK$ (1,28 milioni di US$), o anche meno. In decima posizione, lo scorso anno, si è piazzato Paradox, film d’azione di Wilson Yip ambientato in Thailandia, che a Hong Kong ha incassato soltanto 7,8 milioni di HK$ (un milione di US$).

In linea con la tendenza emersa negli ultimi anni, dopo la crisi che ha colpito la produzione cinematografica di Hong Kong a metà degli anni Novanta, l’entusiasmo per l’intrattenimento cinematografico hongkonghese si è dissolto di fronte ai più appariscenti prodotti d’importazione. È vero che le vacanze del Capodanno lunare hanno di nuovo richiamato il grande pubblico per le tradizionali escursioni nel cinema cantonese, ma l’offerta proveniente da oltreoceano ha continuato a essere considerata più appetibile rispetto ai film locali, che sono reputati di qualità inferiore. Nel corso dell’anno sono usciti in sala, senza tanto clamore, film hongkonghesi più piccoli, sbarcati al cinema con pochissima o nessuna pubblicità, programmati al di fuori delle ore di punta e in un numero limitato di sale. Di questi tempi gli amanti del cinema devono tenere d’occhio i programmi per non perdersi nulla, mentre il resto del pubblico non si accorgerà nemmeno dell’uscita di molti film. Possono passare mesi e mesi tra la prima proiezione di un film a un festival e la sua uscita in sala, perché i produttori aspettano di fare incetta di premi e riconoscimenti ai festival nella speranza di suscitare interesse in patria.

Il piccolo mercato locale da solo non può sostenere produzioni ad alto budget, ed è quindi la coproduzione con partner della Cina continentale che continua a mandare avanti il cinema hongkonghese di fascia alta. Mentre a Hong Kong l’industria cinematografica attraversa un momento di stasi, nel 2017 il mercato cinese continentale ha registrato un’ulteriore crescita e i cineasti hongkonghesi hanno ottenuto risultati notevoli oltre confine. Basta pensare al fantasy d’azione diretto da Tsui Hark e Stephen Chow dal titolo Journey to the West: The Demons Strike Back. Il blockbuster, uscito in occasione del Capodanno lunare del 2017, è balzato in cima alle classifiche in Cina, e ha infranto il record di botteghino per il maggiore incasso in una singola giornata.

In Journey to the West: The Demons Strike Back Tsui indulge nel suo pluridecennale entusiasmo per la realizzazione di spettacoli intensamente creativi e ricchi di effetti speciali – uno stile cinematografico reso ora possibile da importanti investimenti cinesi, con un occhio ai profitti. Per avere accesso agli oltre 50.000 schermi cinematografici del Paese, la coproduzione con la Cina continentale, in modo da aggirare il sistema di quote di importazione, rimane la strada principale per i cineasti di Hong Kong. Raggiungere un vasto pubblico però non è semplice, poiché prima di essere proiettate ovunque le coproduzioni devono soddisfare determinati criteri e ottenere il visto della censura cinese.

È noto che la censura ha messo i cineasti davanti a tutta una serie di tabù, che spaziano dalla superstizione al comportamento immorale, al divieto di lasciare impuniti i trasgressori. Mentre alcuni autori evitano semplicemente argomenti o generi spinosi, altri mettono in atto soluzioni alternative. Ad esempio, le scene di “fantasmi” dei giorni nostri possono avere scenari nettamente non sovrannaturali, mentre un film poliziesco può essere ambientato ai “brutti vecchi tempi” del periodo coloniale di Hong Kong. Alcuni di questi stratagemmi sono fluidi e ben riusciti, ma altri sembrano compromessi maldestri.

A complicare le cose c’è poi la questione della diversità di gusti, perché il pubblico continentale e quello hongkonghese hanno opinioni contrastanti su ciò che vogliono vedere. L’anno scorso il film d’azione che ha superato ogni record sul continente, Wolf Warrior II, ha avuto un modesto successo a Hong Kong, probabilmente incrementato dalla pura e semplice curiosità per il film che in Cina è divenuto il campione d’incassi di tutti i tempi. Ma si è trattata di un’eccezione in un mercato in cui le produzioni cinesi entrano ed escono dalle sale perlopiù senza farsi notare. Allo stesso modo alcuni dei più grandi successi con attori di Hong Kong in Cina, come la commedia d’azione Kung Fu Yoga di Stanley Tong con Jackie Chan, a Hong Kong hanno avuto un’accoglienza tiepida.

È grazie alle maggiori risorse disponibili per le coproduzioni, comunque, se nel 2017 ci sono state alcune ottime prove cinematografiche, con diverse opere di alto livello apprezzate sia dal pubblico di Hong Kong che da quello della Cina continentale. Oltre a Journey to the West: The Demons Strike Back, che è il film che è andato meglio a Hong Kong per il Capodanno lunare, si sono distinti Ann Hui e Herman Yau. Our Time Will Come, la saga bellica di Hui, è uno dei piatti forti, un dramma ben congegnato e ambientato tra le fila della resistenza all’occupazione giapponese della città durante la seconda guerra mondiale. La Hong Kong del passato ricreata da Hui è magistrale, e spazia dalle scene più intime della vita della comunità al divampare degli scontri militari, supportata da un ottimo cast e da sequenze che si ricollegano alla città di oggi. Al momento delle candidature per gli Hong Kong Film Awards di quest’anno il film ha sbaragliato il campo, ottenendo ben 11 candidature.

Un’altra opera di spicco dello scorso anno è Shock Wave di Herman Yau, un thriller ambientato al giorno d’oggi, incentrato sul reparto artificieri della città e su un grande piano criminoso per piazzare esplosivi in un’infrastruttura chiave. Il dramma umano e l’acuirsi della tensione erano affascinanti e gli hongkonghesi potevano godersi, in più, alcune chicche su impenetrabili dettagli locali.

Ancora la criminalità è il tema di Chasing the Dragon, che narra le vicende di un famigerato delinquente e di un poliziotto corrotto nella Hong Kong degli anni Sessanta e Settanta. La saga diretta da Wong Jing e Jason Kwan consegna un divertente intrattenimento d’epoca, anche se il suo modo di descrivere con mano pesante l’assenza di legalità durante il periodo coloniale potrebbe risultare irritante. Gli amanti delle scene ambientate nel mondo della malavita di epoche passate potevano trovare pane per i loro denti anche in un’altra epopea criminale, la meno appariscente Dealer/Healer, diretta da Lawrence Lau, mentre gli appassionati del cinema d’azione hanno avuto la loro dose di adrenalina con Paradox, thriller di Wilson Yip su un rapimento, terzo capitolo di una serie iniziata con SPL nel 2005. Anche The Brink, del regista esordiente Jonathan Li, carico di un’azione esageratamente stilizzata, narra la vicenda di un poliziotto determinatissimo che tenta di annientare una banda criminale dedita al contrabbando d’oro.

Dopo Journey to the West: The Demons Strike Back, uscito per il Capodanno lunare, un altro film carico di costosi effetti speciali è Wu Kong di Derek Kwok. Tratto da un romanzo online, ispirato a sua volta al Re delle Scimmie del classico della letteratura cinese Viaggio in Occidente, il film di Kwok, letteralmente infarcito di computer grafica, è incentrato su un giovane eroe alle prese con un regime oppressivo, introducendo l’allegoria politica in mezzo al sovraccarico sensoriale. Gordon Chan, da parte sua, ha proposto il film epico in costume God of War, concentrato sulle strategie con cui un agile esercito cinese affronta i pirati giapponesi. Anche se il film vanta una sceneggiatura solida e degli ottimi interpreti, il modesto riscontro del botteghino riflette il declino del genere epico in costume, una volta popolarissimo.

Verso la fine del 2017 Tsui Hark ha assunto l’incarico di sceneggiatore e produttore per The Thousand Faces of Dunjia di Yuen Woo-ping. Il film, che si apre con godibilissime scene di lotta contro un demone, racconta la lotta per la sopravvivenza di un clan trasformandosi progressivamente in un mix di spettacolo basato sugli effetti speciali e alcuni efficaci frammenti di dramma umano. Altrettanto costoso, ma tristemente malriuscito, è il film per famiglie di Benny Chan, Meow, storia fantascientifica di un gatto alieno che arriva in una famiglia scalcagnata, appesantita da un umorismo infantile e da una sceneggiatura approssimativa.

Tra le altre grandi coproduzioni tra Cina e Hong Kong del 2017 va menzionato This Is Not What I Expected, del montatore e regista esordiente Derek Hui. Si tratta di una deliziosa e agile commedia romantica incentrata su una chef di talento e un ricco albergatore, che si incontrano a Shanghai. Con Manhunt il regista veterano John Woo torna a quell’eroico cinema tutto sparatorie con cui si è fatto conoscere a livello internazionale. L’azione stavolta si svolge in Giappone e, in mezzo ai tanti scontri a fuoco, il film di Woo diverte involontariamente per le tante buffe stranezze della sceneggiatura.

Il noto direttore della fotografia Jason Kwan ha esordito alla regia con la bizzarra storia d’amore ambientata alle Hawaii A Nail Clipper Romance, adattamento di un racconto del produttore Pang Ho-cheung. L’attrice Sandra Ng ha dato nuovo impulso alla commedia horror leggera con il suo esordio alla regia, Goldbuster, in cui vicende spaventose sono utilizzate in un complotto diabolico per cacciare dalle loro case alcuni residenti cinesi. L’attore-regista Stephen Fung si è cimentato con risultati contrastanti nel cinema di rapina appariscente e spensierato in The Adventurers, ambientato in Europa, mentre l’opera seconda del cantante Leon Lai, Wine War, è un film estremamente stravagante su una truffa, ambientato in Francia, che lega insieme scene di bella vita, intrighi familiari e scatenate esplosioni d’azione.

Mentre diversi cineasti chiave, tra cui Tsui Hark, Ann Hui e Herman Yau, cavalcano abilmente entrambi i mercati con mega-produzioni in grado di attrarre sia gli hongkonghesi sia i cinesi del continente, i produttori di film minori – alcuni dei quali sono anche coproduzioni – sono chiaramente più concentrati sul pubblico della città. Per quanti temevano che la coproduzione avrebbe diluito le caratteristiche locali in termini di temi, cultura e linguaggio sullo schermo, così come per quelli che cercano il tipo di lavori che non potrebbero assolutamente passare la censura cinese, questi film possono costituire degli spettacoli molto apprezzati. Ma i confini, a volte, possono essere piuttosto sfumati. Love Off the Cuff di Pang Ho-cheung è una coproduzione cinese a medio budget, con due personaggi del nord, ma costellata di battute in slang e di riferimenti culturali locali. In alcuni casi i produttori tengono d’occhio anche la vicina provincia di Guangdong, un importante mercato della Cina continentale in cui alcuni film di Hong Kong escono contemporaneamente anche in cantonese.

Tra i film hongkonghesi minori del 2017 particolarmente rilevante è il dramma sulla malattia mentale del regista esordiente Wong Chun, Mad World, che è uscito in sala dopo avere fatto incetta di premi e riconoscimenti a vari festival. Questo apprezzato film a basso budget incarna lo stile maggiormente concentrato sull’elemento locale di una nuova schiera di registi hongkonghesi, spesso attenti a cogliere temi sociali e piccoli dettagli urbani nelle loro escursioni sul grande schermo.

Chapman To si è cimentato per la seconda volta nella regia per The Empty Hands, un dramma coinvolgente sul karate che inserisce molta azione pur proponendo delicati tocchi di nostalgia. 29 + 1 di Kearen Pang, opera prima tratta da un precedente omonimo testo teatrale della stessa regista, è l’elegante racconto di una donna in carriera che conosce una ragazza allegra e spensierata della sua stessa età e si lascia influenzare da lei. Il film ha attratto enormemente sia i fan di questo testo scritto da Pang per il teatro in forma di monologo femminile, sia chi era semplicemente alla ricerca di un film drammatico di alta qualità.

In Vampire Cleanup Department, debutto alla regia di Chiu Sin-hang e Yan Pak-wing i due registi, infischiandosene della distribuzione nella Cina continentale, confezionano una divertente commedia horror in stile vintage, ricca di scenografie nostalgiche e riferimenti cinematografici locali come ulteriore elemento di richiamo. C’è più materiale per lo spavento in Ghost Net, un film di fascia bassa, diretto sempre da registi esordienti. Il film è composto da tre cortometraggi poco costosi, incentrati sugli incontri con il soprannaturale sperimentati da alcuni soggetti giovani e carini. Invece Zombiology: Enjoy Yourself Tonight, debutto alla regia di Alan Lo, offre un guazzabuglio disordinato di comicità, satira e caos di orrore zombie.

With Prisoners, diretto dall’esordiente Andrew Wong, si rifà a una storia vera e cerca di evidenziare le pecche del sistema correzionale locale attraverso la vicenda di un giovane delinquente che viene incarcerato e maltrattato. Altri due nuovi registi, Stephen Ng e Nero Ng, si cimentano nella satira sociale in The Sinking City: Capsule Odyssey. Tratto da un romanzo online, questo disordinato lungometraggio racconta le bislacche prodezze di alcuni coinquilini di un appartamento condiviso, che culminano in scene da thriller. Il veterano dello schermo Lawrence Cheng con The Yuppie Fantasia 3 rivisita una famosissima serie del 1989-1990, riproponendola a una nuova generazione di spettatori sotto forma di un’attraente commedia romantica. Dal canto suo, il prolifico Herman Yau ha sfornato un terzetto di film piccoli ma degni di nota: l’affascinante 77 Heartbreaks è il racconto di una relazione singolare, con tocchi di comicità locale; la storia di fantasmi Always Be with You riprende la sua classica serie di fine anni Novanta dal titolo Troublesome Night; mentre l’horror The Sleep Curse si sviluppa a partire da orribili fatti avvenuti a Hong Kong durante l’occupazione giapponese.

Con piccole produzioni come queste che fungono da terreno di prova per registi emergenti, il cinema di Hong Kong dimostra grande efficacia nello sviluppare nuovi talenti dietro le quinte. I lavori dei nuovi registi, e anche i progetti in via di sviluppo, trovano supporto da parte dei produttori tradizionali. Per i nuovi talenti l’iniziativa hongkonghese Fresh Wave, che finanzia la realizzazione di cortometraggi di giovani aspiranti registi per presentarli poi a un concorso annuale, rimane un canale imprescindibile per acquisire esperienza e farsi conoscere. Finora la First Feature Film Initative del governo ha avuto grande successo. Il programma, fondato nel 2013 con l’obiettivo di finanziare interamente alcune opere prime selezionate attraverso un concorso di sceneggiatura, ha permesso fino ad oggi la realizzazione di quattro opere di rilievo, tra cui Mad World.

Lo sviluppo del talento recitativo invece non è andato di pari passo. Le principali produzioni cinematografiche di Hong Kong fanno ancora affidamento su un pool di attori di alto livello, affermatisi più di dieci anni fa, tra cui Andy Lau, Louis Koo, Lau Ching-wan, Aaron Kwok, Tony Leung Chiu-wai, Ronald Cheng e Shawn Yue. Per trovare star della nuova generazione nei ruoli principali bisogna cercare in lavori più piccoli, con artisti del calibro di Michael Ning e Babyjohn Choi. Per quanto riguarda le attrici, Miriam Yeung e Sandra Ng continuano ad essere grandi dive locali e a interpretare i più importanti film hongkonghesi, ma nelle coproduzioni i ruoli femminili più significativi sono riservati soprattutto ad attrici della Cina continentale più che a hongkonghesi.

Film più piccoli, però, il problema di questo squilibrio se lo sono posto. Stephy Tang in particolare si è distinta per una serie di interpretazioni magistrali nell’ultimo anno, e altre giovani attrici come Chrissie Chau, Joyce Cheng e Cecilia So stanno guadagnando terreno accanto a veterane come Teresa Mo e Kara Wai. Tuttavia, quando all’inizio dell’anno le candidature agli Hong Kong Film Awards sono arrivate persino a includere il brevissimo cameo di una nuotatrice nella categoria dei migliori attori emergenti, è apparsa evidente la necessità di investire in nuovi talenti.

La serie di promettenti opere prime è continuata con i primi film usciti in sala nel 2018. Tam Wai-ching, che aveva partecipato a Fresh Wave, ha realizzato In Your Dreams, un dramma raffinato sul rapporto tra uno studente problematico e la sua supplente. Lo sceneggiatore Chan Tai-lee, anch’egli uscito dalla scuderia di Fresh Wave, ha diretto Tomorrow Is Another Day, incentrato su una madre che si prende cura di un figlio autistico e con problemi mentali. L’acclamato documentarista Cheung King-wai è perfettamente a suo agio con la sua prima storia di fiction, il giallo Somewhere Beyond the Mist, che si avvale di una straordinaria interpretazione della debuttante Rachel Leung.

A febbraio, in occasione delle vacanze per il Capodanno lunare, è uscita una variegata gamma di grandi film, tra cui l’epopea fantasy di alta qualità di Soi Cheang The Monkey King 3, la parodia della cultura pop e dei film di spionaggio del regista esordiente Jeff Cheung Agent Mr Chan e l’ibrido di animazione e live-action Monster Hunt 2 di Raman Hui. Dante Lam ha proposto l’esperienza cinematografica più enfatica con Operation Red Sea, racconto spesso brutale sui commando della marina cinese che portano in salvo i propri compatrioti in Africa e per di più sventano piani terroristici per la diffusione di bombe radioattive. Con il film di Lam, che si è piazzato al primo posto in classifica al botteghino cinese, e film di portata minore con nuovi talenti che fanno ancora sensazione in patria, il cinema di Hong Kong ha dato ancora una volta prova di resilienza, cercando di superare le sfide che gli si parano davanti.

Tim Youngs