Mantenere la posizione: il cinema di Taiwan nel 2017

Sebbene il 2017 abbia confermato il trend negativo della cinematografia taiwanese al botteghino, lo stesso non si può dire per quanto riguarda il livello creativo e la varietà delle proposte, in particolare nella seconda metà dell’anno. L’uscita di The Great Buddha+, The Bold, the Corrupt and the Beautiful e On Happiness Road ci ha consegnato sia un certo rinnovamento formale che un ampliamento di genere, scavando più a fondo nelle questioni storiche, sociali e politiche dell’isola.

Sotto il Capodanno cinese, le pellicole locali nelle sale hanno tutte chiuso con risultati insoddisfacenti: il fallimento di Hanky Panky ha fatto perdere terreno alla superstar Chu Ko-Liang, 52 Hz, I Love You di Wei Te-Sheng ha chiuso con risultati deludenti e persino la mega co-produzione cinese-taiwanese The Village of No Return ha incassato a Taiwan solamente un decimo dei 300 milioni di dollari taiwanesi (NT$) spesi per produrlo. Per non parlare di Zone Pro Site del regista Chen Yu-Hsun, il cui bottino è stato ancora più magro. Tuttavia, sono da incoraggiare i tentativi di innovazione sia in The Village of No Return, una commedia che ammicca ironicamente ai vecchi film d’azione in costume, che in 52 Hz, I Love You, un musical (merce rara a Taiwan) che tenta di catturare il pubblico del piccolo schermo.

Hanno proseguito sullo stesso trend creativo anche le due uscite successive, Who Killed Cock Robin e The Tag-Along 2, entrambi diretti dal giovane Cheng Wei-Hao, che negli ultimi anni si è dimostrato indubbiamente il più abile cineasta di genere con budget limitati. Il primo, un thriller investigativo dal ritmo serratissimo incentrato su un inspiegabile incidente stradale, nasconde in realtà una critica severa contro il mondo dei media; The Tag-Along 2, invece, riprende gli eventi del primo episodio, continuando a rievocare le leggende popolari e i tabù religiosi legati al Moo-sin, lo spirito del primo episodio. L’opera, istituendo una sorta di proprietà intellettuale sull’horror taiwanese, non solo ha superato i successi del suo predecessore, ma lascia ben sperare per il terzo e ultimo episodio, che completerà la “trilogia del demone rosso”.

Allo stesso filone di The Tag-Along 2 appartiene Mon Mon Mon Monsters di Giddens Ko, pellicola estiva colma di atmosfere inquietanti e spiriti orrendi generati dall’abbondante uso degli effetti speciali. La feroce denuncia della violenza nelle scuole, un soggetto che difficilmente avrebbe riscontrato il favore del pubblico taiwanese (tradizionalmente incline al genere drammatico-romantico), non ha impedito a Kent Tsai, interprete del perfido bullo del film, di mettere in luce le proprie doti, rendendolo il miglior esordiente nel panorama cinematografico e televisivo di Taiwan dell’anno scorso.

Tra la serie tv della scorsa primavera The Teenage Psychic, la pellicola estiva Mon Mon Mon Monsters e All Because of Love, il ventenne Tsai ha letteralmente spopolato sia nel grande che nel piccolo schermo, interpretando camaleonticamente il bravo ragazzo, la canaglia incallita, il perdente sfigato, guadagnando una nomination ai Golden Horse Awards come miglior attore esordiente per All Because of Love.

All Because of Love è il secondo lungometraggio taiwanese diretto da Lien Yi-chi dopo Sweet Alibis. Kent Tsai vi interpreta un liceale cresciuto dal nonno. Il ragazzo, più impegnato a correr dietro alle gonnelle che a stare sui libri, dopo il diploma torna nella sua natia Penghu, dove si troverà ad affrontare una nuova sfida sentimentale, e nella ricerca delle sue origini finirà anche per cambiare prospettiva sull’amore. Il film, permeato di spensieratezza giovanile, è una combinazione di immaginazione scatenata, introspezione familiare e umorismo locale.

Lien Yi-chi ama lavorare con i film di genere per tentare nuovi percorsi artistici: dopo aver analizzato l’amore in Sweet Alibis per mezzo del thriller-poliziesco tinto di humour nero, si è approcciato ad All Because of Love con una vena espressiva iperbolica, quasi fumettistica, per spiegare la forza commovente di un amore semplice e diretto. Esteticamente il film si rifà alle immagini stilizzate e al sound design di Trainspotting, in particolare per l’uso intervallato di vecchie canzoni, tanto che la trama sembra progredire al ritmo di un video musicale.

Ha ormai compiuto dieci anni Cape No. 7, il successo di Wei Te-Sheng che trionfò al botteghino con la sua vena comica ma allo stesso tempo altamente motivante, due elementi che continuano a caratterizzare la filmografia taiwanese odierna. Turn Around di Chen Da-Pu, incentrato sulla ricostruzione dopo il sisma del 21 settembre 1999 e sulla successiva trasformazione dell’istruzione nelle zone rurali, parla di un giovane insegnante che aiuta gli studenti a guarire dal trauma sviluppandone la fiducia in se stessi. Peccato che la struttura e lo stile narrativo siano ancora limitati; tuttavia è da incoraggiare l’uso dello humour taiwanese e il tentativo di coinvolgere il pubblico con una storia basata su fatti reali.

The Great Buddha+, scritto e diretto da Huang Hsin-Yao, è anch’esso una tipica produzione taiwanese, piena di energia e linguaggio sguaiato, ma allo stesso tempo sovverte completamente la tradizionale gioia e positività dei film di Taiwan, proponendosi come una black comedy che addirittura rinuncia in parte all’uso del colore. Dopo i cinque riconoscimenti dai Taipei Film Awards, tra cui il primo premio da 5 milioni di NT$, successivamente il film ha bissato il successo ai Golden Horse Awards con altri cinque premi, fra cui miglior nuovo regista, confermati da un imprevisto successo al botteghino per quasi 30 milioni di NT$.

Il film, adattato dal cortometraggio Da Fo dello stesso regista, mantiene la struttura originale della storia raccontando le peripezie di due uomini di mezza età, uno spazzino e una guardia notturna di una fabbrica di statue di Buddha, che decidono di sbirciare nella dash cam (telecamera da cruscotto) del titolare, rimanendo invischiati in una rete di oscuri segreti. Sotto l’egida del produttore e direttore della fotografia Chung Mong-Hong, l’aspetto tecnico è notevolmente migliorato e l’innovativa pellicola riesce a trattare argomenti profondi in modo leggero, lanciando frecciate taglienti alla politica e alla società; il tutto accompagnato da una spiritosa recitazione in dialetto taiwanese e da un’alternanza di immagini a colori e in bianco e nero, tra il mondo videoregistrato e quello esterno dove i due piccoli personaggi sviluppano un legame di amicizia solidale.

Ai Golden Horse Awards dello scorso anno, il più feroce competitor di The Great Buddha+ è stato The Bold, the Corrupt and the Beautiful (uscito a distanza di cinque anni dal suo predecessore, GF & BF) del regista Yang Ya-Che, che ha ottenuto i premi come miglior film, miglior attrice protagonista e miglior attrice non protagonista. Sia in GF & BF che in The The Bold, the Corrupt and the Beautiful, Yang usa il medium della narrazione visiva per scagliarsi contro i frequenti scandali nel mondo politico ed economico di Taiwan; in particolare, l’ultima pellicola punta il dito contro le collusioni tra politica e finanza, descrivendone gli illeciti e le truffe con un approccio estremamente realistico.

The Bold, the Corrupt and the Beautiful ci trasporta nella Taiwan di circa 30 anni fa: Kara Hui interpreta la vedova di un generale, che ufficialmente lavora come mercante antiquario, mentre sotto banco ricicla denaro sporco per conto di affaristi e politici, sviluppando una vera e propria rete di traffici illegali, tanto che finisce per coinvolgere in questa “impresa familiare” anche le due figlie, Wu Ke-Xi e Vicky Chen. Yang Ya-Che sfrutta una prospettiva femminile per presentare un ambiente politico-economico dominato dagli uomini e incarica la celeberrima cantastorie Yang Hsiu-Ching di interpretare amore e odio, desideri e bramosie dei personaggi, rendendo il film una satira moderna dal sapore vintage.

La tematica più popolare nel cinema taiwanese degli ultimi anni è l’innocenza giovanile condita da nostalgia retrò, e Take Me to the Moon di Hsieh Chun-Yi, pur non discostandosi da questo modello, se ne distacca per il punto di vista retrospettivo, dove lo spettatore conosce subito l’epilogo per poi assistere alla ricostruzione degli antefatti, in cui i personaggi ripensano ai sogni di una volta. L’uso massiccio delle canzoni di Chang Yu-Sheng è anche un tributo alla musica pop degli anni Novanta.

Hsieh Chun-Yi, dopo la sua partecipazione al Far East Film Festival di Udine con Apolitical Romance che narra di un ragazzo che aiuta una donna a realizzare i propri desideri, con Take Me to the Moon ci presenta un giovane che per un caso del destino viene trasportato indietro di vent’anni, alla vigilia della maturità, e tenta in ogni modo di impedire a un’amica di inseguire i propri sogni per evitarle le frustrazioni che avverranno in futuro e che la condurranno alla morte. Tuttavia, a distanza di venti anni si renderà conto che solo la passione è la motivazione che spinge i giovani ad andare avanti. Vivian Sung, la cantante resa famosa da Our Times, in Take Me to the Moon interpreta una fan di Chang Yu-Sheng impegnata a perseguire il sogno di una carriera musicale.

On Happiness Road è un film di animazione in 2D scritto e diretto da Sung Hsin Yin, basato su una storia ideata dall’autrice oltre un decennio fa mentre studiava sceneggiatura negli Stati Uniti: è il racconto di un’epoca filtrato dagli occhi di una ragazzina taiwanese a partire dall’infanzia fino all’età adulta. Fatto ritorno a Taiwan, Sung voleva trarne un live action, ma dietro suggerimento dei suoi amici ha prima sviluppato un cortometraggio animato, subito premiato ai Taipei Film Awards, per poi riadattarlo in lungometraggio. Spinta dalla sponsorizzazione di un milione di NT$ assegnatale dal progetto Taipei Golden Horse Film Project Promotion, Sung si è dunque lanciata in questa nuova avventura entrando in un territorio assolutamente inesplorato.

Con On Happiness Road, produzione dai toni un po’ autobiografici, non è difficile osservare l’ambizione della giovane regista. La protagonista Chi, nata con un quarto di sangue aborigeno proprio nel giorno della morte del generalissimo Chiang Kai-shek, ha un compagno di giochi taiwanese-americano; crescendo dopo la fine del controllo politico che vigeva sotto la legge marziale, Chi assiste ai movimenti sociali e al boom economico che seguono la fine del regime; si reca negli Stati Uniti dove studia e mette su famiglia; ma ancora sente la mancanza della sua terra. Come un microcosmo dell’epoca, la storia personale della ragazza copre quasi quarant’anni di sviluppi storici e sociali taiwanesi rievocando la memoria collettiva dell’isola. L’atmosfera di fantasia a volte rende la narrazione più libera, altre volte invece evidenzia l’assurdità del mondo reale. Tra i doppiatori principali troviamo Gwei Lun-mei e Wei Te-sheng.

A partire dal 2015, i blockbuster hollywoodiani Kingsman, Deadpool e Resident Evil: The Final Chapter hanno dominato uno dopo l’altro le sale sotto il Capodanno cinese, con riscontri sempre superiori alle produzioni locali. Quest’anno il protagonista americano è stato il supereroe della Marvel Black Panther, ma i film locali gli hanno tenuto testa, grazie a Back to the Good Times e Gatao 2: Rise of the King, che hanno avuto entrambi un discreto seguito.

Back to the Good Times, tratto dalla serie televisiva A Boy Named Flora, è la seconda opera del regista Chu Yu-Ning, a distanza di cinque anni dal precedente To My Dear Granny. Diversamente da quest’ultimo, è un film per il grande pubblico, brioso, tipicamente taiwanese, che spinto dal crescente successo della serie tv cerca di catturare spettatori anche nel periodo del nuovo anno cinese. A Boy Named Flora è stato uno dei programmi televisivi di maggior successo a Taiwan lo scorso anno, tanto che l’episodio finale ha raggiunto ben il 4,16% di share.

Gatao 2: Rise of the King, come anche il suo prequel, è una pellicola incentrata su gruppi criminali che si contendono il territorio, ma dietro a quest’ultima produzione ci sono un team rinnovato e contenuti inediti. In particolare Yen Cheng Kuo, che aveva solo ottenuto un cameo nel primo episodio, è ora passato al timone della regia. Dopo aver recitato nel ruolo del ragazzaccio durante la nuova era del cinema taiwanese ed essersi fatto un nome per le scene di lotta della serie Kung Fu Kids, aveva vissuto un periodo di sbandamento giovanile ed era stato condannato a undici anni di prigione per sequestro a scopo di riscatto. Uscito di prigione sei anni fa, si è rifatto una vita insegnando calligrafia, ed inoltre è voluto rientrare nel mondo dello spettacolo.

Gatao 2: Rise of the King ruota attorno a Wang Shih-hsien e Collin Chou, due amici fraterni che violano ogni regola per gestire i propri traffici di droga, scatenando una sanguinosa vendetta da parte di altre bande criminali. Pur essendo alla prima esperienza dietro la macchina da presa, Yen Cheng Kuo, coadiuvato dal direttore della fotografia Yao Hung-I del team di Hou Hsiao-hsien, mantiene altissimi gli standard qualitativi presentando numerose scene su larga scala di lotta armata fra clan, che rendono la pellicola ancora più energica e violenta.

Tra i film di Taiwan di quest’anno, oltre alla commedia e al gangster movie già menzionati, menzioniamo infine un’altra commedia leggera, Dear Ex (prevista nelle sale a fine settembre), frutto della collaborazione fra Mag Hsu, sceneggiatrice di idol dramas, e il giovane regista Hsu Chih-Yen. La sceneggiatura di Lu Shih-yuan, premiata ben due volte ai Golden Bell Awards, ci parla di Roy Chiu, uno studente che sviluppa una relazione omosessuale con Spark Chen, il regista del musical in cui recita. Tuttavia, Spark finisce per sposare una donna e solo al momento della sua morte la moglie Hsieh Ying-xuan scopre che il beneficiario dell’assicurazione del marito è in realtà Roy. Il loro figlio ribelle, per pura ripicca contro la madre, sta dalla parte dell’uomo. Per ricostruire la storia di Roy, Hsieh Ying-xuan dovrà rivalutare tutta la relazione tra quest’ultimo e suo marito, impegnandosi a completare quel musical lasciato in sospeso dieci anni prima.

I film gay sono una parte importante del cinema taiwanese; in seguito alla revisione costituzionale dello scorso anno, si prevede che l’isola diventerà il primo paese asiatico a riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Dear Ex esplora nuovamente le tematiche dell’amore omosessuale, senza però l’inquietudine delle produzioni precedenti, ma anzi con un approccio più leggero e rilassato.
Hsiang Yifei