Piccolo cinema: i film thailandesi nel 2017

Un calo nelle fortune del cinema thailandese ha ossessionato l’industria cinematografica locale anche nel 2017. La produzione nazionale si è attestata su 59 titoli, in lieve aumento rispetto ai 50 film usciti nel 2016, ma è una cifra alla quale hanno contribuito ampiamente alcune nuove case di produzione di dimensioni ridotte più che i grandi studios, che si sono limitati a una o due produzioni. La linea di confine tra studios e indipendenti non è però così netta: una manciata di registi veterani ha continuato a dare il proprio contributo, mentre un bel gruppo di giovani cineasti esordienti ha invaso il settore. Molti di essi lavorano in modo indipendente, poiché oggi in Thailandia chiunque può realizzare un film.

Questo scenario richiama il modello che è stato alla base dell’ascesa del New Thai Cinema nel 1997, ma oggi i nuovi registi hanno obiettivi assai differenti. I registi del New Cinema si erano fatti un’esperienza negli spot televisivi e desideravano cimentarsi con qualcosa di nuovo. Invece le nuove leve non hanno gli stessi standard elevati, tanto che molte opere prime sono esattamente come gli scalcagnati film di serie B che erano diffusi in alcune regioni prima dell’avvento del New Thai Cinema.

Della sessantina di film prodotti, solo una manciata di titoli ha avuto successo al botteghino, e finora solo la società GDH ha registrato una buona performance. Nel 2017 la GDH ha realizzato solo due titoli: il drammatico Bad Genius di Nattawut Poonpiriya e l’horror The Promise di Sophon Sakdaphisit. Bad Genius racconta la vita di ragazzi e ragazze geniali che imbastiscono un sistema per imbrogliare agli esami, prima all’interno del loro sistema scolastico e poi a livello internazionale. I due protagonisti vanno alla grande escogitando un imbroglio per un test internazionale di inglese, sempre piuttosto fastidioso per i ricchi rampolli asiatici che intendono proseguire gli studi negli Stati Uniti o in Gran Bretagna. La buona sceneggiatura, il montaggio rigoroso e le eccellenti interpretazioni hanno spinto Bad Genius in cima al botteghino, con un incasso di tre milioni di €. Il film ha anche vinto 12 dei 16 premi nazionali in Thailandia. Poonpiriya aveva già dato prova delle sue doti di regista con il suo primo film, Countdown (2012), l’unico film thailandese ad avere vinto un premio al Far East Film Festival. Bad Genius è stato distribuito in Cina ed è stato invitato a festival in tutto il mondo.

The Promise ha avuto meno successo ed è meno sorprendente dal punto di vista cinematografico, ma con tutto il suo spargimento di sangue ha contribuito a fare cassa in patria. Il film narra della promessa reciproca fra due ragazze di commettere suicidio dopo la bancarotta economica delle loro famiglie. È ambientato in un autentico condominio deserto, rimasto incompiuto dopo la crisi economica che ha colpito l’Asia nel 1997. Si dice anche che negli ultimi vent’anni l’edificio sia stato teatro di numerosi suicidi e apparizioni di fantasmi. Nonostante abbia incassato soltanto 900.000 €, The Promise ha registrato profitti in tutti i mercati asiatici, anche grazie all’ottima interpretazione delle due protagoniste.

Lo scorso anno la Sahamongkol Film International, la più importante casa di produzione thailandese, ha prodotto soltanto sei nuove opere, un quarto del numero di film che sfornava nei suoi anni migliori. Nei primi anni Duemila la Sahamongkol Film distribuiva due titoli al mese, ora invece esce un solo titolo ogni due mesi. La metà della produzione è rappresentata da opere prime; solo The Gift, una co-regia di Nonzee Nimitbutr, Praycha Pinkaew, Kongkiat Khomsiri e Chookiat Sakveerakul, coinvolgeva registi veterani. Questo film antologico non è un messaggio diretto di propaganda ma rende significativamente omaggio al defunto re Rama IX, concentrandosi sul contributo che egli ha dato alla società thailandese. Rama IX è celebrato come padre (Beautiful Garbage di Nonzee Nimibutr e The Truth of the Earth di Kongkiat Khomsiri), come patriarca (Rain in the North di Chookiat Sakveerakul) e come amatissimo sovrano (The Letter di Prachya Pinkaew).

La Sahamongkol ha prodotto altri due lungometraggi di autori esordienti che mostrano un certo spirito: l’horror Siam Square di Pairach Khumwan, che è stato presentato a Udine lo scorso anno, e 15+ di Artwanun Klinaiem e Napat Jidwerapat, una commedia adolescenziale su un gruppetto di quindicenni alla scoperta dell’amore e del sesso. Nessuno dei due però è andato bene in Thailandia, mentre il film targato Sahamongkol che ha incassato di più, con 650.000 €, è stato la commedia Thailand Only di Isara Nadee, interpretato dal popolarissimo comico Padung Songsang, alias Jazz Chuanchuen. Gli altri titoli sono andati in pareggio o in perdita.

Negli ultimi due anni Songsang ha interpretato altri tre film, tutti rientrati nella top ten del botteghino (Som Pak Sian: E-San Love Story, Slum Boy e Jazz the Dog), che hanno attirato il pubblico thailandese mettendo in scena gag e stili di vita locali. Tra di essi Jazz the Dog, del noto regista Yuthlert Sippapak, manifesta qualche buona idea. Songsang interpreta un fallito che torna indietro nel tempo per correggere il suo passato.

Oltre alla Sahamongkol Film, le più attive sono state la M Pictures e la Logo Motion Pictures, con tre produzioni ciascuna. La M Pictures, collegata all’esercente più importante del paese, è riuscita a sperimentare un nuovo modello distributivo con il suo blockbuster Som Pak Sian: E-San Love Story (Bussarakham Wongkamlao), la vita di un uomo che incontra la sua ex ragazza nella loro città natale, nel nord-est del paese. La società ha distribuito direttamente questo film nella regione nord-orientale, invece di cedere i diritti all’agente di zona, visto il recente successo di diversi film del nord-est. Il film ha incassato oltre 1,9 milioni di €.

Nonostante i limiti distributivi, la Logo Motion Pictures ha realizzato tre horror. Di solito, come per molte altre piccole società e per gli indipendenti, la sua tenitura non va oltre una settimana di programmazione in poche sale, e per andare in pareggio l’azienda riduce al minimo i costi di produzione assoldando giovani registi in cerca di una prima opportunità. I diritti vengono poi ceduti in pacchetti nei territori vicini, come Cambogia, Vietnam e Laos. Questi nuovi mercati possono aiutare a recuperare le entrate risicate generate dai film thailandesi negli ultimi anni.

Altri studios preferiscono rimanere meno attivi nelle nuove produzioni, come la storica Five Star Productions, che ha appena distribuito il film a episodi 3 AM Part 3, costruito su tre storie spettrali: un fantasma su una superstrada (regia di Pawat Panangkasiri), l’infatuazione di un pittore per una dama misteriosa (James Thanadol) e la strana esperienza di una troupe durante le riprese di un film (Nitiwat Cholwanichsiri).

Le 59 produzioni realizzate lo scorso anno comprendono film realizzati da produttori e registi nuovi e talvolta inesperti provenienti da tutte le parti del paese. Di solito questi film sono destinati ad avere una distribuzione molto limitata, e alcuni produttori sono arrivati al punto di noleggiare le sale per una proiezione singola. Molti di loro non avevano alcun legame con l’industria cinematografica e facevano altro. A volte trovavano i fondi necessari da fonti esterne, come una fondazione musulmana oppure organizzatori di proiezioni all’aperto.

Queste caratteristiche hanno qualcosa in comune con l’industria cinematografica thailandese antecedente il 1997. A quel tempo, le produzioni mainstream erano indirizzate agli adolescenti di città, mentre i film di serie B andavano alla periferia di Bangkok e nel nord-est. I finanziamenti venivano ottenuti da produttori e distributori sia a Bangkok che nelle regioni, soprattutto nel nord-est del paese. Si realizzavano film appartenenti a quattro generi cinematografici: horror, azione, commedia e drammi copiati da popolari serie televisive.

Oggi sono emersi ulteriori generi, e di conseguenza la qualità è migliorata e si sono ampliati i mercati di riferimento. In questi tempi, con l’avanzamento della tecnologia digitale e la varietà di media disponibili, il pubblico è frammentato, suddiviso in gruppi più piccoli. Gli studios ripropongono ancora gli horror, i film d’azione, le commedie, i film per adolescenti e così via, mentre gli indipendenti seguono direzioni diverse, fra cui i film d’essai, i film a tematica gay, i documentari e, soprattutto, i film “E-san”, ovvero ambientati nel nord-est.

I film “E-san”sono incentrati sulle regioni nordorientali della Thailandia, l’area che è considerata la più povera del paese. Gli abitanti di queste zone di solito emigravano per trovare lavoro a Bangkok, dove venivano sminuiti come “classe operaia”. Tuttavia, anche qui si è sviluppata una vera industria cinematografica regionale. Nei primi anni Novanta i cineasti del nord-est, grazie ai fondi provenienti da realtà locali come agenti regionali o esercenti di cinema all’aperto, hanno realizzato film di genere (horror, commedie, film d’azione) destinati a essere distribuiti solo in queste province, come ha fatto il defunto Panna Rittikrai, mentore di Tony Jaa.

I registi della generazione attuale invece preferiscono ritrarre lo stile di vita moderno e disinvolto degli abitanti del nord-est. Le trame ruotano sempre attorno alle attività quotidiane e viene usato il dialetto del posto. Tra i personaggi c’è sempre un occidentale che parla fluentemente dialetti nord-orientali, che sono simili alla lingua laotiana. Molti di questi film sono così popolari da avere dato origine a sequel.

I film d’essai thailandesi non riescono a raggiungere i festival internazionale nella stessa misura che in passato. Lo scorso anno solo alcuni di questi film hanno ottenuto apprezzamenti nei circuiti festivalieri. È stato distribuito finalmente l’attesissimo film numero nove del regista veterano Pen-Ek Ratanaruang, Samui Song, dopo una limitata anteprima a Venezia alle Giornate degli Autori. Ma è stato un flop e, nonostante i suoi vent’anni di regia, per il cineasta è forse il peggior insuccesso commerciale della sua carriera. Il film racconta le sofferenze di un’attrice di soap opera il cui marito straniero si dedica al carismatico capo di una setta e la spinge ad avere una storia con lui.

Il secondo lungometraggio della regista di spicco Anocha Suwichakornpong, By the Time It Gets Dark (2016), ha fatto clamore nel circuito festivaliero occidentale ed è stato candidato dalla Thailandia per il premio Oscar per il miglior film straniero. Il film presenta diversi personaggi e le loro esperienze all’interno del movimento studentesco del 1976, anno di nascita della regista.

Nawapol Thamrongrattanarit (Mary Is Happy, Mary Is Happy, 2013, Heart Attack, 2015) ha realizzato da indipendente il semi-documentario Die Tomorrow, sul confronto con la morte. Il film, che sembra girato con smartphone, è stato apprezzatissimo dai suoi fan hipster, grazie alla promozione sui social media e al merchandising.

Anucha Boonyawatana per il suo secondo film Malila: The Farewell Flower rielabora le tematiche gay in una direzione più complessa e strutturata. Shane, proprietario di un’azienda di coltivazione di gelsomini, cerca di riprendere in mano la sua vita dopo la morte della figlia. In questo percorso ritrova il suo ex amante, un uomo che ha dedicato la sua vita a intrecciare composizioni floreali.

Lo scorso anno è aumentato anche il numero di coproduzioni estere, ma operate a livello personale e non globale. Di solito si tratta di una collaborazione tra un regista thailandese e attori stranieri, o viceversa, e i dialoghi di questi film sono spesso – in parte o interamente – in lingua straniera. Il regista britannico Kaprice Kea ricorre al thriller soprannaturale per raccontare gli strani eventi che si manifestano in una casa nel suo secondo film, The Attic. La regista singaporiana Kirsten Tan ha lavorato con un cast interamente thailandese per raccontare il viaggio di un architetto con l’elefante della sua infanzia in Pop Eye, candidato singaporese all’Oscar per il miglior film straniero. Tuttavia, questi film sembrano appartenere più al movimento indipendente locale, o al massimo asiatico che non al mercato globale come le opere di Apichatpong Weerasethakul. A parte la Thailandia e l’area limitrofa, questi titoli raramente arrivano nel resto del mondo.

Il cinema thailandese si è strutturato in modo quasi molecolare, nel senso che è disperso in piccole unità di produzione, esercizio e fruizione. Sono pochi i film che possono affermarsi a livello nazionale o addirittura globale. Ma forse tutta questa piccolezza potrebbe accumularsi in una massa critica in grado di ridare impulso al cinema thailandese in futuro.

La Top Ten dei film thailandesi al botteghino nel 2017

1° Bad Genius, € 2,7m

2° Som Pak Sian: E-San Love Story, € 1,9m

3° Mr. Hurt, € 1,7m

4° The Promise, € 840.000

5° Thailand Only, € 600.000

6° Slum Boy, € 440.000

7° Oversize, € 350.000

8° Siam Square, € 240.000

9° Saranae, € 185.000

10° Thong Dee, € 163.000
Anchalee Chaiworaporn