Cent’anni di transizione: il cinema filippino nel 2019

Di solito si dice che il cinema filippino ha cento anni, ma l’anno esatto della sua nascita non è così certo. La questione divide gli storici del cinema – o almeno, quei pochi che ci sono nelle Filippine – al punto che le celebrazioni per il centenario sono state divise in due parti: sono iniziate nel secondo semestre del 2018 per proseguire poi nel 2019. 

Per la maggioranza delle persone, l’idea di “cinema” è ancora legata all’aspetto commerciale, per cui la nascita del cinema filippino si fa coincidere con il primo lungometraggio locale, Country Maiden (Dalagang Bukid) di José Nepomuceno, datato 1919. Anche se questo è indubbiamente il primo lungometraggio prodotto nelle Filippine, non bisogna dimenticare che il cinema non si limita ai lungometraggi.  
Secondo Nick Deocampo (ospite al FEFF 2018), che è probabilmente lo storico più importante del cinema filippino, si può considerare la fondazione degli studi Malayan Movies di Nepomuceno, nel 1917, come l’atto di nascita del cinema filippino. Deocampo ha anche ricordato in un post su Facebook che Nepomuceno realizzò per la prima volta un cinegiornale a Cebu (e non a Manila, la capitale del paese), producendo tecnicamente il primo film filippino, nel 1918. Se così fosse, la celebrazione del centenario sarebbe avvenuta con un po’ di ritardo, ma ad ogni modo questi film sono scomparsi e considerati perduti; ne sopravvive solo una manciata di fotogrammi e riassunti.

Lo spettro del romanticismo aleggia ancora sulle preferenze del pubblico locale. Nel 2019 tra i campioni di incasso ben quattro titoli erano storie d’amore. Hello, Love, Goodbye ha riunito per il grande schermo le coppie romantiche più famose del paese (ovvero attori che sono spesso scritturati in coppia per impersonare degli amanti) dando vita a quello che attualmente rappresenta il film filippino di maggiore incasso di sempre. Anche Alone/Together è interpretato da una famosa coppia romantica filippina, ma in questo caso si tratta più che altro di un cavallo di Troia, poiché la storia parla in realtà di emancipazione femminile. 
#Jowable è la storia irriverente di una donna senza amore che vuole mettere fine alla sua vita da single. Just a Stranger racconta di una breve relazione amorosa in cui c’è una differenza di età di 10 anni tra i due protagonisti, anche se gli attori sembrano così giovani che il presupposto non appare molto credibile. Questo non ha comunque impedito a Just a Stranger di incassare 100 milioni di pesos filippini (2 milioni di dollari statunitensi). Affidarsi a una faccia conosciuta e un divo di primo piano calati un ambiente esotico (Lisbona, Portogallo), e ad una relazione scandalosa tra due star di bell’aspetto e dal forte seguito, è il metodo sicuro per racimolare una bella sommetta. 

I film filippini usciti in sala lo scorso anno sono un insieme decisamente variegato, composto da una gran varietà di film provenienti da estremi diversi dello spettro cinematografico, come dimostra la classifica dei titoli di maggiore incasso dell’anno. Per la prima volta in cinque anni, i film romantici presenti nella Top Ten non sono stati la maggioranza.  
Il dramma familiare Miracle in Cell No. 7, remake dell’omonimo film sudcoreano, si è classificato secondo e ha fatto scalpore quando è stato presentato, a fine anno, durante il decisamente commerciale Metro Manila Film Festival. È stata un po’ un’anomalia: l’attore protagonista (Aga Mulach) è un ex idolo delle folle, la cui redditività al botteghino può variare notevolmente, soprattutto in un festival cinematografico in cui le principali attrazioni sono due autentici fabbricanti di successi come Vice Ganda e Coco Martin, due grandi star del cinema e della televisione i cui nomi da soli bastano per convincere il pubblico ad acquistare il biglietto.
Ma la trama di Miracle in Cell No. 7 di per sé era sufficiente per fare breccia nel cuore tenero dei filippini, specialmente durante le festività natalizie: un padre con problemi mentali viene ingiustamente accusato di aver molestato e ucciso la figlia di un funzionario governativo e viene rinchiuso in un carcere di massima sicurezza. In un primo momento il direttore e gli altri detenuti lo disprezzano, ma in breve tempo diventa chiaro che è innocente. Ben presto la sua unica figlia viene autorizzata a fargli spesso visita in cella, mentre il gruppo eterogeneo di funzionari e criminali che lo circondano cercano di dargli una mano. 
Malgrado la vicenda suoni familiare, è un dramma avvincente. È difficile resistere alla storia straziante di un padre e della sua giovane figlia, soprattutto in un contesto come quello filippino, in cui le relazioni familiari contano più di ogni altra cosa. Miracle at Cell No. 7 è diventato il film più redditizio del festival e ha incassato 543 milioni di pesos filippini (circa 2,7 milioni di US$), battendo i film con Vice Ganda e Coco Martin, che alla fine hanno realizzato rispettivamente 348 milioni di pesos (6 milioni di US$) e 90 milioni di pesos (1,8 milioni di US$). 

La redditività di un film è ancora determinata dal potere divistico e questo modello non scomparirà tanto presto. Lo scorso anno l’eccezione alla regola è stata #Jowable, il cui regista è uscito dall’anonimato dopo che molti dei suoi cortometraggi, con personaggi amareggiati e senza amore, sono diventati virali sui social media. I suoi personaggi #jowable (traducibile come “potenziale fidanzato/a” o “buon partito”) sono entrati in sintonia con un pubblico che è sempre pronto per contenuti legati alla dolorosa ricerca dell'amore.  
Elsa, la protagonista di #Jowable, è interpretata da Kim Molina, conosciuta principalmente per ruoli secondari ma che ha anche interpretato uno spettacolo teatrale di successo basato – ovviamente – su alcune delle più famose canzoni d’amore filippine. Elsa si lamenta spesso della sua vita amorosa (o della sua mancanza), annega i suoi dispiaceri nell’alcol e prega il Signore che le mandi qualcuno che la sbatta fino allo stremo. È un interessante mix di tradizionalismo e volgarità, le due esecrabili caratteristiche dei film romantici filippini. La società conta ancora sul fatto che le donne si comportino come fanciulle innocenti e crede che esistano soltanto per farsi corteggiare. Ma allo stesso tempo, le donne sono rappresentate come oggetti sessuali, resi più erotici dalla sottomissione.  
I filippini adorano le battute sconce e in #Jowable ce ne sono parecchie, mescolate a citazioni sull'amore, che ne fanno un film “meme-rabile” in cui è facile immedesimarsi. Nonostante il successo commerciale ottenuto, #Jowable ha ricevuto recensioni negative ed è stato criticato per aver presentato diversi personaggi con un’angolazione discutibile e razzista. È come se volesse deliberatamente andare contro il “politicamente corretto”.
 
Vale la pena sottolineare che i film di maggior successo commerciale dell’anno presentano personaggi femminili straordinari, che si tracciano la propria traiettoria. Vale per Hello, Love, Goodbye, dove Joy (Kathryn Bernardo) insegue il sogno di diventare infermiera in Canada invece di rimanere a Hong Kong per un ragazzo; per Alone/Together dove Tin (Liza Soberano) intraprende una carriera nel campo artistico – una scelta unica nel panorama della commedia romantica filippina – invece di far funzionare la sua relazione con Raf (Enrique Gil); e perfino per The Panti Sisters, dove tre reginette di bellezza transgender (Paolo Ballesteros, Christian Bables e Martin Del Rosario – nessuno dei quali è transgender, per inciso) combattono per affermare la propria identità all’interno di una famiglia fortemente patriarcale.  
Il “personaggio femminile forte” non è una novità nel cinema filippino, un settore in cui le registe donna hanno un grande seguito (come Cathy Garcia Molina e Antoinette Jadaone che hanno diretto rispettivamente Hello, Love, Goodbye e Alone/Together). Tuttavia, avere tutti questi personaggi sullo schermo nello stesso anno – seppur sotto il giogo di un governo che mina costantemente il ruolo e i diritti delle donne – rivela l’esistenza di una corrente sotterranea che resiste alla rappresentazione femminile tradizionale nelle storie romantiche. Il cavaliere non è più tenuto a salvare la fanciulla, non è che un accessorio della sua autorealizzazione, un aiuto perché essa possa adempiere al suo destino. 

Ma quali sono i migliori film dell’anno? Nel 2019, nonostante il numero crescente di film prodotti, i titoli più interessanti rappresentano un gruppetto ristretto.  
Ci sono scelte ovvie come John Denver Trending, un’opera intensa sul cyberbullismo che ha fatto un’ottima impressione quando è stato presentato in anteprima al Cinemalaya Film Festival. È stato l’unico titolo degno di nota del festival, a parte Edward, pacatamente potente, che è incentrato sulla storia di un ragazzo che si prende cura del padre rinchiuso in ospedale.

Anche per il Cinema One Originals Film Festival, che di solito è una garanzia, il 2019 è stato un anno debole, che ha fatto registrare un solo film memorabile, The Same People (Sila Sila), incentrato sulle complicate relazioni tra un gay, il suo ex boyfriend e i loro amici. L’alternativo QCinema International Film Festival ha avuto qualcosa in più da mostrare in termini di qualità. I festival cinematografici più vecchi sono diventati, come afferma il critico cinematografico Oggs Cruz, “l’ennesima fabbrica che sforna contenuti” e la ricerca di nuove voci è diventata secondaria rispetto alla realizzazione di film appena coerenti con attori noti. La maggior parte di questi film è irrilevante e non sopravvive alla fine del festival. 

Interessante la direzione presa da QCinema con il suo concorso di lungometraggi, nel quale film nazionali competevano con i vicini thailandesi, vietnamiti, taiwanesi, ecc. I film filippini erano presentati in anteprima e avevano budget inferiori rispetto ai concorrenti, alcuni dei quali avevano già fatto il giro dei festival cinematografici internazionali.
Il primo premio, meritatissimo, è andato a un film filippino, Cleaners di Glenn Barit (mentre Suburban Birds ha vinto il premio della giuria NETPAC). Cleaners è, senza dubbio, il miglior film filippino del 2019 e uno dei film più interessanti usciti negli ultimi anni. Si contraddistingue anche tra i pochi film filippini davvero rilevanti dell’anno, se non del decennio. 
Cleaners esamina l’esperienza collettiva del liceo e la trascrive visivamente sullo schermo con i colori degli evidenziatori e il grigio ipnotico delle fotocopie. Gli autori hanno ottenuto questo effetto esportando un montaggio offline del film a otto fotogrammi al secondo, stampando ogni fotogramma in modo che assomigliasse a una fotocopia e colorando manualmente ciascuno di essi con evidenziatori. Quindi hanno scansionato e montato i fotogrammi colorati nel montaggio offline definitivo. È un procedimento folle che poteva richiedere anni, ma il regista Glen Barit e il suo team di produzione lo hanno completato in pochi mesi per rispettare la scadenza del festival. È un effetto che ricorda i dipinti fatti a mano di Loving Vincent
Cleaners colora i suoi personaggi con tonalità specifiche, che conferiscono uno spessore di verosimiglianza a ogni piccola storia. È come se qualcuno avesse realizzato un film da un annuario del liceo. I cinque episodi del film spaziano dall’assurdo (una timida studentessa  se la fa addosso, sporcandosi la gonna, durante una presentazione scolastica) all’allarmante (un ragazzo sperimenta l’avvio alla corruzione attraverso i suoi genitori politicanti). 
Il film si basa sulle peculiarità dell’esistenza dei giovani adulti degli anni Duemila per illustrare un'esperienza universale. Offre una visione panoramica del processo di formazione nelle Filippine senza mai dimenticare le piccole batoste amorose, le futili delusioni e i tumultuosi momenti di ribellione che tutti vivono. È la pubertà vista come un’apocalisse. 

Probabilmente è giusto inaugurare un nuovo secolo di cinema filippino con registi come Barit, che sono intransigenti per quanto riguarda la visione che vogliono affidare allo schermo. A parte gli effetti visivi che ha utilizzato nel film, Barit ha insistito per scritturare attori esordienti di Tuguegarao, in Cagayan, dove è ambientato il film (e che è anche la sua città natale). Altri produttori gli avrebbero chiesto di scegliere attori più famosi, ma il regista voleva rimanere fedele allo spirito della storia. 
“In un settore che ha già una propria serie di convinzioni su ciò che è necessario per vendere, le case di produzione cinematografica possono essere naturalmente allergiche a queste nuove forme”, ha dichiarato Barit in un’intervista a CNN Philippines Life. “Allo stesso tempo, è dichiaratamente un incubo dal punto di vista logistico, all’interno di un arco temporale limitato. Il rischio di fallire è troppo alto per loro, dal punto di vista commerciale, e lo capisco benissimo. La maggior parte dei compromessi suggeriti riguardava l’aspetto del film, del tipo ‘forse non è necessario fotocopiare tutto’ o ‘magari si può girare in modo convenzionale’. Alcuni suggerirono di girarlo da qualche parte vicino a Manila. Ad un certo momento, nessuno credeva nel film tranne me. Ma io, fortunatamente, sono molto stupido e cocciuto”. 

Il nuovo secolo del cinema arriva in un momento in cui lo streaming sta modificando i modelli commerciali. È più difficile convincere la gente ad andare al cinema per vedere qualcosa che non sia un blockbuster, ma sempre più persone, attraverso lo streaming, hanno accesso a film che altrimenti nelle sale sarebbero svaniti. Gli spettatori hanno l’imbarazzo della scelta e stanno diventando più abili nel comprendere stili cinematografici e meccanismi narrativi diversi. 
I film locali non competono più soltanto tra loro, ma devono vedersela con tutto ciò che è disponibile su Netflix, su Prime Video e persino su YouTube. L’economia basata sull’attenzione vorrebbe far credere ai big data ma le storie di successo di film più piccoli come Cleaners e di società di produzione come la Black Sheep (cui si devono Alone/Together e due dei film romantici dell’anno più acclamati dalla critica come Between Maybes e Once More with Feelings), suggeriscono che forse c’è una luce alla fine di questo piccolo tunnel, anche se ci sono voluti 100 anni.
Don Jaucian