Tra due terremoti: il cinema coreano nel 2019/20

Due terremoti hanno scosso l’industria del cinema sudcoreano dall’ultima edizione del FEFF.
Il primo è stato Parasite di Bong Joon-ho, che è diventato il film coreano di maggior successo di tutta la storia del cinema, per diverse ragioni. La sua traiettoria da favola, iniziata con la Palma d’Oro a Cannes nel maggio del 2019 e conclusasi con l’Oscar per il miglior film nel febbraio del 2020, è stata talmente senza precedenti che l’industria del cinema sudcoreano è stata spinta a riconsiderare alcuni tra i presupposti fondamentali sui risultati che i film coreani possono raggiungere sul mercato globale. Con un totale di incassi al box office mondiale stimati in 257 milioni di dollari statunitensi, compresi i 53 milioni di US$ incassati nei cinema americani, non è solo il film coreano più acclamato e premiato di tutti i tempi, ma anche quello che ha incassato di più. 

Il secondo terremoto, ovviamente, è stato la pandemia Covid-19, che ha colpito l’industria del cinema sudcoreano altrettanto pesantemente che negli altri paesi. Il fatto che in precedenza il paese abbia avuto un mercato cinematografico così vivace, con i coreani che vedevano al cinema più film pro capite di qualunque altro paese del mondo, ha significato che le ripercussioni derivanti dal posticipo delle uscite in sala e dalla chiusura dei cinema siano state particolarmente pesanti. In questo momento l’impatto della pandemia sul lungo periodo è ancora impossibile da calcolare, ma appare probabile che gli aspetti economici della produzione cinematografica  in Corea stiano per cambiare in maniera radicale. 
In futuro, quando le persone guarderanno indietro agli anni 2019 e 2020, i loro ricordi saranno dominati da questi due eventi sismici. Negli ultimi 12 mesi, tuttavia, sono emersi altri film che vale ancora la pena di scoprire, e l’edizione online del FEFF di quest’anno sarà un’opportunità per metterne in luce alcuni. 

Iniziamo tornando indietro all’estate del 2019. Fino a quel momento, l’anno aveva prodotto due grandissimi successi da oltre 10 milioni di biglietti venduti (la commedia Extreme Job, distribuita in gennaio e invitata ad aprile al FEFF 21, e Parasite), ma nessun altro film di rilevanza commerciale. Come al solito, i principali distributori coreani avevano messo in listino parecchie uscite ambiziose per il periodo di punta, la stagione estiva, ma visti i risultati deboli di alcuni film ad alto budget dell’anno precedente, il loro successo era lungi dall’essere garantito. 
Infatti, dei quattro principali titoli in uscita, due sono stati molto deludenti a livello commerciale, il terzo ha faticosamente raggiunto il pareggio e solo il quarto ha avuto grande riscontro. Tra i film deludenti c’erano The King’s Letters, dramma in costume sul più famoso monarca coreano, re Sejong, il cui successo è stato ostacolato da una controversia alimentata dai social network sulle libertà che il film si era ipoteticamente preso rispetto alle testimonianze storiche, e il thriller ad alto budget sull’esorcismo The Divine Fury del regista Kim Joo-hwan (Midnight Runners). Quest’ultimo film non è riuscito a generare un passaparola positivo malgrado nel suo cast ci fosse il famoso divo Park Seo-joon. Il film dai contorni nazionalisti The Great Battle: Roar to Victory, su un’imboscata tesa con successo alle forze coloniali giapponesi dai combattenti coreani per l’indipendenza nel giugno del 1920, ha dato migliori risultati con 4,7 milioni di biglietti venduti. Ma è stato il film catastrofico Exit a primeggiare, con 9,4 milioni di biglietti venduti.

Opera prima del regista Lee Sang-geun, Exit immagina un atto terroristico durante il quale del gas nervino si diffonde attraverso il centro di Daegu, obbligando i cittadini a fuggire in cima agli edifici per salvarsi. L’efficace miscela di personaggi piacevoli, umorismo e sequenze di arrampicamento cariche di suspense ha fornito quel genere di divertimento fresco che molti spettatori cercavano nei mesi estivi. Prodotto da Ryoo Seung-wan insieme a sua moglie Kang Hye-jeong, il film non ha avuto successo grazie alla formula ormai familiare di potere divistico ai massimi livelli e costosi effetti speciali (uno dei vantaggi di avere il gas nervino come principale antagonista è che risulta piuttosto semplice renderlo a livello visivo), bensì attraverso la suspense e una buona narrazione.

Come spesso accade, la stagione autunnale ha fornito un’occasione a un misto di film di genere a budget più basso e pellicole drammatiche che hanno toccato diversi aspetti della società coreana contemporanea. Una produzione degna di nota i cui risultati sono andati ben oltre le aspettative è stata l’intensa commedia romantica Crazy Romance, della regista esordiente Kim Han-kyul. La storia, interpretata da Kim Rae-won (The Prison) e dalla sempre deliziosa Gong Hyo-jin (Door Lock), è incentrata su due colleghi di lavoro, entrambi con qualche problema di alcolismo, i quali avviano un rapporto che a volte sembra amicizia, a volte qualcosa di più, e non si sa mai veramente in che direzione vada. Il sarcastico punto di vista della regista Kim sulla scena sociale e lavorativa coreana e il suo rifiuto di idealizzare i sentimenti hanno reso il film qualcosa di totalmente unico e difficile da inquadrare. 

Il titolo più discusso dell’autunno è la storia di una normale casalinga, Kim Ji-young, Born 1982. Il film è tratto da un romanzo del 2016 di Cho Nam-joo diventato un bestseller in Corea del Sud, Giappone e Cina (una sua traduzione inglese è stata pubblicata all’inizio del 2020). Il carattere ordinario della protagonista faceva parte delle intenzioni dell’autrice, che l’ha chiamata Kim Ji-young proprio perché è il nome femminile più comune della sua generazione, e anche la caratterizzazione del personaggio è deliberatamente vaga; in questo modo, le battaglie della donna per farsi strada in una società maschilista acquistano maggior risonanza. Malgrado la difficoltà di adattare il romanzo in un film, la scelta di Jung Yoo-mi per il ruolo della protagonista da parte del regista Kim Do-young è stata ispirata, e l’uscita del film ha acceso un dibattito nazionale (o, in alcuni ambienti, una reazione infastidita) riguardo al femminismo nella Corea contemporanea. Alla fine della tenitura, il film si è ritrovato con ben 3,7 milioni di biglietti venduti. 

La seconda metà del 2019 è stata anche un periodo relativamente fecondo per i film coreani indipendenti. Laddove negli ultimi tempi l’attenzione del grande pubblico – tra gli oltre cento film indipendenti distribuiti in sala ogni anno – era stata catturata per la maggior parte da documentari di argomento politico, nel 2019 sono stati i drammi al femminile a guadagnarsi le luci della ribalta. La storia di formazione House of Hummingbird, ambientata a Seoul nel 1994, è stata di gran lunga la più acclamata, con oltre 130.000 biglietti venduti e oltre 50 premi ricevuti a festival e cerimonie di premiazione dentro e fuori dalla Corea. Ma ci sono state anche altre storie di successo. 

The House of Us, per la regia di Yoon Ga-eun, un accorato sequel del suo acclamato film del 2017, The World of Us, è incentrato su una studentessa di scuola media che cerca di salvare il matrimonio dei suoi genitori e su due ragazzine più giovani che lei incontra e che stanno cercando di salvare la loro casa. Moonlit Winter, opera seconda del regista Lim Dae-hyung (Merry Christmas Mr. Mo), si svolge principalmente in Giappone e racconta una vecchia storia d’amore tra due donne. Un forte passaparola ha permesso al film di vendere oltre 100.000 biglietti. Persino un film audacemente sperimentale come Maggie, che è stato presentato al Busan International Film Festival del 2018 e che si allontana da molte convenzioni narrative, è riuscito a far affluire in sala 40.000 spettatori, risultato importante per un film indipendente. In effetti pare che, nell’ambito del cinema indipendente, il successo di un film spesso spiani la strada anche ai successivi in termini di afflusso di pubblico. 

Spostandosi verso le redditizie vacanze invernali, le grandi case di produzione hanno schierato tre titoli importanti per la seconda metà di dicembre. Forbidden Dream, del regista veterano Hur Jin-ho (The Last Princess), era sempre incentrato sul famoso re Sejong, questa volta raccontando la sua amicizia con il famoso inventore Jang Young-sil. L’alchimia tra gli attori Han Suk-kyu e Choi Min-sik si è guadagnata le lodi dei critici, ma ha raccolto solo un modesto numero di biglietti, circa un milione. La commedia Start-Up, tratta da un webtoon e interpretata dal prolifico divo Ma Dong-seok, è invece andata un po’ meglio, con 3,3 milioni di ingressi. Come Exit, anche questo film proviene dalla società di produzione di Kang Hye-jeong e Ryoo Seung-wan, la Filmmakers R&K. 

In termini di portata, budget e successo commerciale complessivo, il colosso dell’inverno è stato Ashfall. Questo disaster movie, che ha come interpreti i divi Lee Byung-hun, Ha Jung-woo, Ma Dong-seok, Jeon Hye-jin e la cantante di K-pop diventata attrice Bae Suzy, immagina una violenta eruzione multipla del vulcano Monte Baekdu, che si trova al confine tra Corea del Nord e Cina. Con la penisola minacciata dalla catastrofe e la leadership nordcoreana spazzata via da un terremoto, tocca a un agente operativo delle forze speciali sudcoreane e ad una spia nordcoreana evitare la devastazione totale. Partendo dal principio “more is more”, l’incessante escalation di spettacolarità, distruzione e sensazionali colpi di scena, ha collocato il film a un livello più alto rispetto ai soliti blockbuster coreani.     

Anche la prima parte del 2020 si è aperta su una nota commercialmente forte. Nel periodo in cui Parasite stava raccogliendo i suoi quattro Oscar, il thriller politico The Man Standing Next ambientato negli anni Settanta del secolo scorso, si avviava a raccogliere 4,8 milioni di biglietti. Il film, opera del regista di Inside Men e The Drug King, Woo Min-ho, è ispirato alla storia vera dell’assassinio nel 1979 del dittatore coreano Park Chung-hee ad opera del capo della sua agenzia di intelligence (interpretato da Lee Byung-hun). L’argomento è stato trattato diverse volte nel cinema coreano: basti pensare al controverso The President’s Last Bang (2005) di Im Sang-soo – che pure viene presentato nel programma del FEFF di quest’anno. The Man Standing Next si concentra sui quaranta giorni che portarono all’omicidio e sui vari intrighi e lotte di potere che alla fine spinsero il protagonista a premere il grilletto. Il film forma un’interessante abbinata con The President’s Last Bang, che si sviluppa nel corso di ventiquattr’ore ma che ha considerevoli sovrapposizioni con il nuovo film. Il grande successo al botteghino di The Man Standing Next suggerisce che la storia coreana contemporanea, alla base di diversi blockbuster degli ultimi vent’anni, continua ad avere attrattiva commerciale, se confezionata a dovere. 

Ma per il cinema coreano stavano arrivando problemi. Il 20 gennaio è stato registrato il primo caso di Covid-19 in Corea del Sud e fra la popolazione, che ancora ricordava un’epidemia causata dal coronavirus MERS e mal gestita nel 2015, si è diffusa velocemente la preoccupazione. Le case di distribuzione hanno dovuto affrontare il dilemma di come reagire. Una delle prime perdite è stato Beasts Clawing at Straws, un thriller molto apprezzato dalla critica che aveva vinto un premio speciale della giuria a Rotterdam il mese prima e che avrebbe dovuto uscire nelle sale il 12 febbraio. Il film, con una trama complessa e ben strutturata e le ottime interpretazioni di Jung Woo-sung e Jeon Do-yeon, sembrava avere un grosso potenziale commerciale, ma quando sulle prime pagine dei quotidiani hanno cominciato a proliferare titoli spaventosi sul nuovo coronavirus, il distributore Megabox Plus M ha deciso di spostare di una settimana l’uscita del film, al 19 febbraio. Col senno di poi si è trattato di un errore fatale, visto che a Daegu è stato registrato un grosso numero di contagi proprio il 19. Le notizie sono peggiorate rapidamente e, nel giro di una settimana, la Corea del Sud aveva una delle maggiori concentrazioni al mondo di casi conclamati. Beasts Clawing at Straws ha finito per vendere solo 630.000 biglietti, primo di diversi titoli a veder andare in fumo i propri profitti. 

La pandemia ha colpito anche i film in fase di produzione: in uno spettacolare caso di tempismo sbagliato, tutta una sfilza di film ad alto budget con delle location internazionali prevedeva un’accelerazione della produzione nei primi mesi del 2020. Di questi, solo Isolated in Mogadishu di Ryoo Seung-wan, le cui riprese erano iniziate in Marocco alla fine del 2019, è riuscito a concludere la produzione prima che venissero messe in atto le restrizioni internazionali. Tra le produzioni che non sono state altrettanto fortunate c’erano il dramma d’ambiente criminale Bogota, la cui troupe ha dovuto lasciare la Colombia dopo aver completato solo una piccola parte delle riprese; Negotiation di Yim Soon-rye, ambientato in Afghanistan, le cui riprese in Giordania sono state cancellate; e Pirap, dramma su un rapimento ambientato in Libano e interpretato da Ha Jung-woo, la cui produzione è stata posticipata al 2021. 

La Corea del Sud ha finito per gestire bene l’epidemia e abbassarne la curva, tanto che nel paese non c’è mai stato un lockdown completo. I cinema però sono stati colpiti in modo particolarmente duro e l’afflusso del pubblico si è ridotto fino allo stillicidio. In pratica, l’uscita in sala dei più importanti film commerciali è stata spostata ai mesi successivi, mentre il vuoto è stato riempito con la riprogrammazione di film come La La Land. Ciò nonostante, alcuni titoli indipendenti a basso budget la cui distribuzione è stata accelerata sono usciti in sala e hanno finito per raccogliere numeri che, per gli standard del cinema indipendente, erano più che decorosi. Un esempio di rilievo è quello di Lucky Chan-sil, eccentrica storia di una produttrice cinematografica disoccupata, che è stata accolta in modo entusiastico alla sua presentazione al Busan International Film Festival  del 2019. Il film, che è uscito nelle sale il 5 marzo, è riuscito ad attirare in sala 25.000 spettatori, numero che sarebbe stato considerato un successo anche in qualunque altro periodo. 

Se guardiamo avanti, è difficile dire cosa ci riservi il futuro. A causa di tutti i problemi affrontati dal cinema coreano indipendente negli ultimi anni, questo settore farà di certo prova di resilienza nei confronti dei danni derivanti dalla pandemia. Ma rimane senza risposta la domanda su quando il pubblico tornerà al cinema in numeri tali da sostenere un film ad alto budget. Le nuove normative sul lavoro introdotte negli ultimi anni in Corea hanno aumentato il costo delle riprese, per cui in definitiva sarà una fatica tornare a girare film delle proporzioni di Ashfall. D’altro canto, il successo di Parasite suggerisce che se o quando il mondo si riprenderà dalla pandemia, la Corea del Sud potrà essere pronta a mantenere il proprio ruolo di leader culturale influente ben oltre i suoi confini. 
Di certo, ci aspettano tempi duri. Ma non tutte le speranze sono perdute.
Darcy Paquet