L’amore ai tempi del Covid-19: una breve introduzione a quattro film taiwanesi

Il 2020 è stato un anno magico per il cinema di Taiwan. In un momento nel quale i cinema di tutto il mondo chiudevano a causa della pandemia, il popolo taiwanese viveva in una specie di universo parallelo in cui i film venivano regolarmente distribuiti in sala, i festival e le cerimonie di premiazione si svolgevano normalmente e i titoli locali avevano successo al botteghino. Di seguito, un compendio su come si è sviluppato il cinema di Taiwan dal 2020 alla primavera del 2021. 

La nostra attenzione va soprattutto a due film autoriali che hanno brillato alla 57° edizione dei Golden Horse Awards, My Missing Valentine e Dear Tenant, ma anche a Gatao: The Last Stray e Man in Love, due film commerciali per il grande pubblico che nel primo trimestre del 2021 hanno incassato oltre 100 milioni di NT$. Attraverso un’analisi approfondita di questi quattro film, si spera di dare al lettore un’idea dell’attuale situazione del cinema di Taiwan. 

Se guardiamo allo sviluppo del mercato cinematografico e dei film taiwanesi nel 2020, l’interpretazione più comune è che sia stata la diffusione del Covid-19 a influenzarlo. Le grandi produzioni hollywoodiane si sono contratte, permettendo ai film di Taiwan – dove la pandemia era ben controllata – di prosperare. Nonostante l’assenza di fenomeni dal grande successo commerciale come Detention, che nel 2019 che aveva incassato 260 milioni di NT$, se confrontiamo i film taiwanesi usciti nel 2019 e nel 2020, quelli che nel 2020 hanno raggiunto un incasso di 100 milioni sono passati da uno a due, mentre i titoli locali che al botteghino hanno incassato almeno 30 milioni sono passati da quattro a 11. 

Vale la pena di sottolineare che nel 2020 ben sei film hanno incassato tra 30 e 50 milioni di NT$, un’impennata rispetto all’unico film del 2019, e tutti e sei erano candidati ai premi Golden Horse. Una simile crescita, sia nella quantità che nella qualità, è dovuta in parte al momento propizio: il fatto che le grosse produzioni di Hollywood siano state sospese a causa della pandemia ha permesso ai film locali di beneficiare di un miglior calendario di uscita e di essere presenti su un maggior numero di schermi. Importante è stata anche la posizione geografica favorevole: molti film della Cina continentale e le grosse co-produzioni commerciali tra Cina e Hong Kong non si sono candidati alla 57° edizione dei Golden Horse Awards per ragioni politiche.

I film taiwanesi del 2020, inoltre, avevano soggetti sufficientemente variegati e uno standard complessivo più elevato, e il gran numero di candidature ricevute ai Golden Horse Awards hanno dato loro grossa risonanza. Tutto questo, insieme alle condizioni favorevoli prodotte dall’effetto mediatico sul pubblico e alla richiesta di mercato, ha contribuito a produrre un ottimo risultato finale.  

Durante la “Golden Horse Award wave” del cinema taiwanese alla fine del 2020, due film che descrivevano la solitudine e i rapporti sociali di categorie ai margini della società hanno fatto incetta di molti premi importanti. My Missing Valentine, diretto da Chen Yu-hsun, ritrae le commoventi schermaglie amorose tra una ragazza che è sempre un passo avanti agli altri e un ragazzo che, al contrario, è sempre un passo indietro. Questa commedia fantasy leggera e divertente è stata la principale vincitrice dei Golden Horse Awards del 2020 e si è portata a casa ben cinque premi: miglior lungometraggio, miglior regia, migliore sceneggiatura originale, migliori effetti speciali e miglior montaggio. 

In seconda posizione c’era Dear Tenant di Cheng Yu-chieh, la storia di un insegnante di piano che decide di prendersi cura della famiglia del suo compagno defunto, ma che si ritrova sospettato di possesso di stupefacenti e di omicidio. Ai Golden Horse Awards il film si è aggiudicato tre premi: miglior attore protagonista, miglior attrice non protagonista e miglior colonna sonora originale. 

Chen Yu-hsun si è fatto notare per la prima volta nel 1995 con Tropical Fish, che attraverso la storia di un finto rapimento esplora il divario, all’epoca estremamente marcato, tra le classi abbienti e quelle indigenti. A causa dell’ingenuità dei personaggi e dell’umorismo della storia, Chen è divenuto famoso come il più importante regista comico taiwanese; tuttavia, siccome in quegli anni il cinema locale stava attraversando una fase estremamente negativa, l’opera seconda di Chen, Love Go Go (1997), non ha avuto un buon risultato al botteghino, e il regista si è dedicato alla realizzazione di spot pubblicitari. È stato solo nel 2010 che Chen è rientrato nell’industria del cinema presentando il cortometraggio Another Juliet, terzo e ultimo segmento del film antologico Juliets.

 

Dopo vari alti e bassi degli ultimi anni, come il successo di Zone Pro Site e il fiasco di The Village of No Return, Chen è ritornato a raccontare una storia malinconica con un senso dell’umorismo più raffinato e una più delicata rappresentazione delle emozioni. 

My Missing Valentine contiene sicuramente degli elementi romantici ma non può essere definito un film sentimentale in senso stretto. Anche se Chen ha ormai superato i 50 anni, la sua visione del mondo rimane molto innocente e pura. Questa è una storia di formazione su due anime solitarie in cerca di compagnia, che è anche un tema ricorrente in tutti i film di Chen dal 1995 ad oggi. Nelle sue opere Chen non nasconde mai la sua avversione nei confronti di Taipei o delle grandi città, e i suoi protagonisti sono tipici disadattati sociofobici. 

La realtà, però, è che questi disadattati sono esattamente come tutti noi, e non potrebbero essere più ordinari. I loro vari difetti fisici o psicologici creano un bel numero di situazioni umoristiche, ma Chen strumentalizza il meno possibile la loro ridicolaggine, impotenza, innocenza e goffaggine, insistendo invece su una base di uguaglianza. Così, il pubblico viene messo nelle condizioni di sviluppare impercettibilmente delle emozioni complesse di empatia e malinconia, pur continuando a ridere: è questa la capacità peculiare del “regista di commedie” Chen Yu-hsun. 

Per pura coincidenza, anche Cheng Yu-chieh, che nei suoi film ha sempre mostrato una tendenza profondamente critica e un approccio frontale ai problemi, ha manifestato in Dear Tenant un’inaspettata tenerezza. Il regista si è fatto notare per la prima volta nel 2006 con Do Over, un film a più livelli narrativi nel quale vengono presentati cinque eventi che coinvolgono dieci personaggi diversi nell’arco di 24 ore. Le sue opere solitamente toccano temi legati all’identità personale, alla famiglia, ai legami di sangue e al pensiero nazionalistico. 

Cheng, che non realizza solo lungometraggi, ha ottenuto ottimi risultati anche con corti e serie televisive, come la miniserie Days We Stared at the Sun (1 e 2) e il cortometraggio autofinanziato a tema antinucleare (Un)Ordinary Happiness. Se analizziamo le opere più recenti di Cheng, appare ovvio come il cineasta non scelga più di perseguire virtuosismi stupefacenti e sia ritornato alle cose semplici, concentrandosi maggiormente sulle relazioni degli esseri umani tra loro, con la terra e con l’ambiente.

Dear Tenant è qualcosa di più di una buona storia: l’interpretazione di Mo Tzu-yi nei panni dell’insegnante di pianoforte e quella di Chen Shu-fang, nel ruolo della madre del compagno gay, hanno folgorato il pubblico e sono state definite le migliori interpretazioni del cinema taiwanese nel 2020. Il film, inoltre, è uscito dai soliti binari dei soggetti a tematica queer per affrontare argomenti come il matrimonio omosessuale, l’accudimento a lungo termine, la tossicodipendenza e la criminalità nelle famiglie non tradizionali. A Taiwan il matrimonio gay è stato legalizzato il 24 maggio 2019, ma il film è ambientato nel 2011, quando ancora non si parlava granché né di matrimoni omosessuali né di famiglie non tradizionali, e le leggi relative al controllo delle sostanze stupefacenti e alle adozioni erano diverse da come sono ora. Nel tempo si sono verificati importanti cambiamenti, e osservare il divario tra ciò che è cambiato e ciò che è rimasto immutato può far comprendere molte cose.

I Golden Horse Awards hanno avuto luogo alla fine del 2020 e in molti si sono chiesti se i brillanti risultati – o la fortuna – dei film taiwanesi nel corso dell’anno potessero avere continuità anche nel 2021. Il Capodanno Lunare rappresenta tradizionalmente un campo di battaglia altamente competitivo tra blockbuster hollywoodiani e film locali che possano reggere il confronto. Non essendoci grosse produzioni di Hollywood nel calendario dei film in uscita per il Capodanno Lunare del 2021, il film di gangster Gatao: The Last Stray è stato l’unico tra sei film locali di generi diversi a farsi notare e a raggiungere i 100 milioni di NT$ di incasso al botteghino.

I film di gangster dominano da diverso tempo il calendario del Capodanno Lunare a Taiwan; basti pensare a Monga nel 2010, agli episodi della serie David Loman nel 2013 e nel 2016, e a Gatao 2: Rise of the King nel 2018. Della serie Gatao fanno attualmente parte tre film: Gatao e Gatao 2: Rise of the King, usciti a distanza di tre anni uno dall’altro, presentano una sola vicenda, con la sovrapposizione di alcuni personaggi ma storie indipendenti, mentre l’episodio del 2021, Gatao: The Last Stray, è uno spin-off e prequel, incentrato su un personaggio chiave di Gatao 2. Il film è diretta da Ray Jiang, un componente della troupe dei due episodi precedenti. 

A differenza di Gatao 2, che ambiva a diventare la versione taiwanese de Il Padrino, Gatao: The Last Stray non ha una trama complicata di passaggi di potere e nemmeno scene di combattimento elettrizzanti; il suo maggior punto di forza è che si inserisce nel mondo a predominanza maschile della malavita dal punto di vista di un personaggio femminile, illustrando la sua angoscia nel sentirsi intrappolata nel mondo della criminalità. 

Oltre ai lungometraggi, Ray Jiang ha realizzato anche diverse serie televisive che scavano nella psiche femminile; per Gatao: The Last Stray ha creato due personaggi femminili a tutto tondo: una fotografa che si innamora di un malavitoso e una figlia amorevole nata in una famiglia di gangster. Jiang ha concesso loro uno spazio maggiore di quello che viene solitamente attribuito ai personaggi femminili nei film tradizionali sulla malavita, permettendo loro di comunicare i propri conflitti interiori in modo che il pubblico possa percepire i loro commoventi tentativi di cambiare quando invece non hanno il potere per farlo. Questa non è semplicemente una storia di malavitosi che si combattono e si uccidono a vicenda, bensì un nuovo tipo di film sulla criminalità che si affranca dagli stereotipi di genere, esprime sentimenti ed enfatizza la prospettiva al femminile; è forse proprio per questo che è riuscito a primeggiare in un contesto ad alta competitività come quello del Capodanno Lunare.  

Dopo le vacanze del Capodanno Lunare, di solito era necessario attendere quelle estive per avere la possibilità di vedere un altro “fenomeno” al botteghino. Per questo nessuno si aspettava, alla fine di marzo di quest’anno, l’improvvisa affermazione di Man in Love, un film che ha già incassato 400 milioni di NT$ e attualmente occupa la sesta posizione tra i campioni d’incasso locali di sempre. 

Dei primi cinque film in classifica, uno si basa sulla storia di Taiwan e gli altri quattro sono tratti da soggetti originali. Man in Love invece è un vero e proprio outsider, perché è tratto da un film sudcoreano del 2014 che porta lo stesso titolo; è la commovente storia di un malavitoso che inaspettatamente si innamora della ragazza da cui deve riscuotere  del denaro e che sconsideratamente decide di rifarsi una vita con lei, finendo in un mare di guai. La storia, chiaramente orientata al successo commerciale, si è conquistata i favori del pubblico, e sono piaciute anche le sinergie tra i componenti del cast stellare e l’immagine professionale del film. Il regista è stato bravo nella localizzazione di una buona storia che, importata, ha incontrato i favori del pubblico, consentendo al cinema taiwanese di fare un grande passo avanti verso il raggiungimento della propria maturità come industria. 

Man in Love è l’opera prima dell’esordiente Yin Chen-hao, già rinomato regista di video musicali. Il produttore, Cheng Wei-hao, ha scelto di lavorare con lui perché gli piaceva molto il video che Yin aveva realizzato per la famosa band EggPlantEgg. Non è quindi una sorpresa, dato il suo background, che il cineasta abbia trasmesso a Man in Love una ricca musicalità. La pellicola, seppur ambientata nel mondo della criminalità, non è sicuramente un altro episodio della serie Gatao. La vera ragione per cui il pubblico di Taiwan è impazzito per questo film è il modo assai sincero e commovente in cui Yin ha reso l’adorazione e l’innamoramento del malavitoso per l’algida e bella ragazza piena di debiti, trasformando un dramma con personaggi e sceneggiatura originale tipicamente coreani in una storia d’amore e di morte ambientata in una cittadina taiwanese.  

Come aveva già fatto Wei Te-sheng nel 2008 con il suo Cape No. 7, Yin ha preso le distanze dalla gelida giungla urbana per creare sul grande schermo una nuova ambientazione taiwanese piena di fascino tipico: un universo interessante e genuino dove ogni personaggio, indipendentemente dal fatto che sia buono o cattivo, è vivido, brioso e circondato da un’aura di calore. Man in Love rompe con le limitazioni dei film locali del passato, che ruotavano sempre attorno al mondo della mala, a quello della scuola, alle vicende storiche o alle commedie dal sapore locale, per buttarsi in un genere composito fatto di spettacolarità gangsteristica, sentimenti tradizionali e romanticismo con il quale il pubblico può ridere e piangere insieme. In parole povere, questa storia ha dimostrato con precisione quali dovrebbero essere gli ingredienti per un buon film commerciale.

Ryan Cheng