Non è stata solo la pandemia: perché a Hong Kong la catena UA Cinemas ha chiuso i battenti

Il Covid-19 ha avuto un impatto considerevole sull’industria e sul mercato cinematografico hongkonghese, colpendo tutta una serie di attività. A questo proposito, una delle notizie più impressionanti del 2021 è stata l’improvvisa messa in liquidazione volontaria del circuito UA Cinemas, una delle maggiori catene cinematografiche di Hong Kong, che ha chiuso i battenti senza alcun preavviso l’8 marzo 2021. Sebbene la maggior parte dei commentatori ne abbiano imputato la responsabilità al Covid-19, il vero motivo della chiusura è molto più complesso.

Il circuito UA Cinemas è stato fondato nel 1985 da Ira Kaye con l’apertura di un cinema a Shatin. Nei primi 20 anni di attività, UA ha saputo costruirsi una solida reputazione tra gli spettatori hongkonghesi per la struttura e i servizi di alto livello, che spaziano dall’introduzione della prenotazione telefonica di biglietti, alle biglietterie automatizzate, ai venditori di snack di ottima qualità, a orari di proiezione più flessibili. Alla fine degli anni Novanta UA gestiva circa 12 cinema a Hong Kong, con una quota di mercato che arrivava al 30%, pari a quella di Broadway, un altro esercente di primaria importanza.  

All’interno del settore, molti attribuiscono al governo di Hong Kong la responsabilità della messa in liquidazione di UA. Sebbene a Hong Kong la pandemia sia stata meno devastante che altrove, nel 2020 le sale cinematografiche sono state chiuse per ben tre volte, e l’ultima chiusura è durata quasi tre mesi. Malgrado i cinema non avessero entrate nei giorni in cui non erano operativi, gli esercenti dovevano comunque coprire le spese e occuparsi della manutenzione, oltre a pagare gli stipendi del personale essenziale, necessario per mantenere operativi tutti i proiettori e gli altri macchinari. Dopo la riapertura, ci sono state comunque delle restrizioni: l’occupazione dei posti a sedere era permessa solo fino al 50% della capienza e non era consentito consumare cibo o bevande in sala, poiché il pubblico doveva indossare sempre la mascherina, e tutto questo ha avuto forti ripercussioni sui proventi dei venditori di snack.  

Malgrado gli esercenti dovessero affrontare difficoltà economiche dovute alla significativa contrazione del reddito, i proprietari sono rimasti del tutto indifferenti e pochissimi di loro hanno acconsentito a ridurre i canoni di affitto. Delle sei sale della UA che erano operative prima della messa in liquidazione, la metà era aperta da meno di tre anni e i loro contratti di locazione erano stati firmati in un momento in cui i centri commerciali che li ospitavano chiedevano affitti elevati.

Per gli addetti ai lavori del settore la messa in liquidazione di UA Cinemas non è stata una sorpresa, ma non se lo aspettavano così presto. La direzione di UA operava in modo efficace e teneva alto il morale sotto la guida della direttrice generale Vicky Wong, che ha iniziato la sua carriera come responsabile dell’accoglienza. La situazione è cambiata nel 2015, quando una ristrutturazione ha portato ai vertici aziendali dirigenti che non avevano precedenti esperienze nel mondo dello spettacolo, ma che provenivano dal settore delle telecomunicazioni. La nuova direzione ha proceduto a tagliare i costi operativi, con buona pace della fedeltà del personale e del pubblico.

La variazione nel meccanismo di fidelizzazione, che ha introdotto livelli diversi in base alla spesa dei clienti, è stata pesantemente criticata dal pubblico e ha spinto un gran numero di clienti a scegliere di non rinnovare la propria iscrizione. L’incapacità di mantenere operative diverse sedi redditizie e popolari ha penalizzato ulteriormente l’azienda.

Allo stesso tempo l’ascesa della Emperor Cinemas, guidata da Vicky Wong, tornata all’esercizio cinematografico dopo un anno di pausa, ha conquistato una posizione di vantaggio, dando vita a un marchio di qualità che ha conquistato il segmento di pubblico di fascia alta, sottraendolo ad altre catene cinematografiche come UA. Contemporaneamente, altri circuiti cinematografici hanno aumentato gli investimenti e aggiornato i loro servizi e le loro strutture, contribuendo  così al declino di UA. 

La contrazione dell’attività di distribuzione ha messo in evidenza i punti deboli della strategia di UA per mantenersi a galla. UA Cinemas aveva fondato CineHub e UA Films per distribuire film indipendenti non hongkonghesi, mossa questa che aveva permesso di incrementare pian piano i ricavi. La nuova dirigenza UA si è però dimostrata fin troppo conservatrice sul fronte delle acquisizioni di film e ha sprecato potenziali opportunità. Contemporaneamente, da metà del 2020 alla UA si sono registrate carenze a livello di organico, e il posto di direttore operativo è rimasto vacante per mesi. La pandemia da Covid-19 non ha fatto che amplificare tutti i problemi di fondo, portandoli in superficie. 

La messa in liquidazione di UA Cinemas è una vicenda molto triste, poiché a un certo punto la società era rinomata per i molti servizi innovativi e diversi appassionati di cinema sono rimasti fedeli al circuito per oltre 35 anni. A seguito della chiusura, l’attenzione dell’industria si è concentrata sulla questione degli affitti elevati. Se non viene affrontato seriamente il tema dei canoni di affitto troppo alti, altri esercenti potrebbero dover iniziare a chiudere le sale, e questo renderebbe la distribuzione cinematografica a Hong Kong più difficile che mai.
Ryan Law