Un altro anno è trascorso e l’industria del cinema coreano si ritrova più o meno nella stessa situazione della primavera del 2021. Tutto sommato, la Corea del Sud ha resistito alla pandemia meglio di molti altri paesi, ma andare al cinema è un’abitudine che molti cittadini hanno accettato di abbandonare nei momenti difficili. Non più tardi del 2019, la Corea del Sud aveva il più alto tasso di affluenza nelle sale di tutto il mondo, con una media di 4,37 film pro capite. Nel 2021, al contrario, l’affluenza è crollata all’1,17, e il quesito principale che si pone attualmente l’industria cinematografica coreana è cosa ci vorrà per far riprendere questa abitudine al grande pubblico.
Ritorniamo per un attimo al maggio del 2021. Gli studi cinematografici coreani e gli esercenti si trovavano di fronte a un dilemma. C’era grande incertezza, in quel momento: non si sapeva se ci sarebbe stata una qualche stagione estiva al botteghino, o se i cinema avrebbero continuato a rimanere vuoti anche durante i mesi tradizionalmente di punta di luglio e agosto. La primavera aveva offerto ben poco incoraggiamento, e film di alto profilo come The Book of Fish e Seobok avevano avuto risultati di molto inferiori alle aspettative. Eppure il ritorno imminente nei cinema dei blockbuster hollywoodiani dopo un anno di assenza dava almeno un po’ di speranza di rinascita parziale. Nessuno naturalmente si aspettava di ritornare ai livelli del 2019, ma la domanda era se avesse senso, a livello economico, far uscire in sala alcuni dei numerosi film coreani ad alto budget che erano rimasti intrappolati nel limbo dagli inizi del 2020.
È stato un po’ il problema dell’uovo e della gallina. L’unica cosa che probabilmente avrebbe portato al cinema spettatori di tutte le età era il battage pubblicitario, l’attenzione dei media e il fermento del passaparola che potevano essere forniti da un film locale ad alto budget. Per questo gli esercenti speravano che i distributori coreani avrebbero inserito nei loro listini estivi dei blockbuster. Ma dal punto di vista dei distributori era tremendamente rischioso far uscire film così costosi in tempi così incerti. Solo milioni di biglietti venduti avrebbero garantito la possibilità di fare dei guadagni ed è per questo che hanno preferito attendere che ci fossero segni più positivi al botteghino.
In prima battuta, l’attenzione si è rivolta alle pellicole hollywoodiane in uscita a fine primavera. La prima di queste, Fast & Furious 9, ha venduto 2,3 milioni di biglietti verso la fine di maggio, mentre Crudelia della Disney, distribuita in sala nello stesso mese, ha venduto 1,2 milioni di biglietti. Tali cifre non erano poi così male, ma nemmeno particolarmente incoraggianti, così uno per uno, i distributori che avevano ipotizzato di far uscire dei film ad alto budget in estate, hanno annunciato che ci sarebbe stato un ulteriore posticipo.
È stato a questo punto che gli esercenti, con l’ansia di evitare un’estate fallimentare, hanno deciso di stringere un accordo. In tempi normali, i cinema trattengono all’incirca la metà dei guadagni derivanti dalle vendite di botteghino mentre l’altra metà va alla compagnia distributrice. Per l’estate del 2021, però, hanno concordato che le società cinematografiche coreane avrebbero avuto il 100% degli incassi fino al recupero dei costi di produzione del film. Una volta raggiunto il punto di pareggio, i guadagni sarebbero stati spartiti come al solito.
Tale accordo temporaneo ha trasformato per poco l’economia dei film in uscita; anche se alcuni dei più importanti distributori non hanno accettato di entrare nell’accordo, alla fine tre blockbuster coreani sono andati avanti e sono usciti in sala durante l’estate. Il primo di questi era Escape from Mogadishu del regista Ryoo Seung-wan, girato in Marocco e ultimato poche settimane prima dell’inizio della pandemia. Escape from Mogadishu è ispirato alla storia vera di un gruppo di diplomatici nordcoreani e sudcoreani intrappolati durante la guerra civile scoppiata in Somalia alla fine del 1991. Con un cast corale di grandi talenti, una storia decisamente drammatica e alcuni momenti di spettacolo mozzafiato, questo film in tempi normali avrebbe sicuramente venduto 10 milioni di biglietti; alla sua uscita, verso fine luglio, le recensioni e il passaparola erano entrambi molto positivi, ma un’impennata intempestiva nei contagi dovuta all’arrivo della variante Delta ha avuto l’effetto di smorzarne i risultati. Con il suo alto budget di produzione, Escape from Mogadishu avrebbe normalmente dovuto vendere oltre sei milioni di biglietti per coprire i propri costi, ma per il nuovo accordo fatto con gli esercenti, il punto di pareggio era di 3,4 milioni di biglietti venduti. Alla fine della fiera, una tenitura estesa e costante ha permesso al film di vendere 3,6 milioni di biglietti, abbastanza per ottenere un minimo di profitto e superare Black Widow, diventando il film di maggior incasso del periodo estivo.
Il disaster movie Sinkhole, su una famiglia intrappolata in una gigantesca voragine che inghiotte il loro condominio, è arrivato secondo tra i film coreani con 2,2 milioni di biglietti venduti. Il film, che offriva un mix familiare di commedia e pesanti effetti di CGI, è stato accolto in modo più tiepido dalla critica ma è riuscito ugualmente ad avere un afflusso decoroso di pubblico.
Il film che occupava il terzo posto tra i più importanti dell’estate si è affidato più all’idea e alla sua realizzazione che agli effetti speciali o a un budget da blockbuster. Hostage: Missing Celebrity, dell’esordiente regista e sceneggiatore Pil Gam-sung, presenta il grande divo Hwang Jung-min nel ruolo di se stesso in una storia di finzione sull’attore che viene rapito e imprigionato per ottenere un riscatto. Nel rispetto del progetto, il regista ha deciso di scritturare principalmente attori poco conosciuti negli altri ruoli del film per accrescere l’impressione di realtà della pellicola. Teso e drammatico, il film è stato ben accolto alla sua uscita in sala, a metà agosto, e ha venduto in totale 1,6 milioni di biglietti.
La combinazione di alcuni accordi innovativi e la disponibilità a rischiare delle società cinematografiche coinvolte (in particolare la Filmmakers R&K, che aveva finanziato sia Escape from Mogadishu che Hostage: Missing Celebrity) ha dato come risultato una vittoria parziale per il cinema coreano nell’estate del 2021. Di certo, se non ci fosse stata una stagione estiva al botteghino, il colpo psicologico e finanziario ricevuto dall’industria del cinema locale sarebbe stato più duro. Alla fine, questi tre film si sono classificati come i bestseller coreani non solo per l’estate, bensì per l’intero anno.
L’autunno è stato segnato da continue battaglie contro il Covid e da qualche moderato successo al box office. In settembre, la vacanza del Chuseok, un altro periodo tradizionalmente importante per i film coreani, ha visto due importanti uscite: il thriller On the Line della CJ Entertainment, e il dramma rurale Miracle: Letters to the President della Lotte Entertainment. Quest’ultimo film, tratto da una storia vera, ha incassato meno ma è il più memorabile dei due, con delle interpretazioni rassicuranti e una toccante storia su famiglia, talento e ambizione. Il regista Lee Jang-hoon, la cui opera prima Be with You (che ha partecipato alla ventesima edizione del FEFF) è stata un bel successo nel 2018, si sta facendo notare come un’importante voce nuova nel genere del melodramma familiare.
Ad autunno inoltrato, è stata una piacevole sorpresa l’uscita di Perhaps Love, primo lungometraggio da regista della famosa attrice Cho Eun-ji (The Villainess), una coraggiosa commedia su uno scrittore famoso ma travagliato (Ryu Seung-ryong) e la sua intricata vita personale. Il film presenta un cast di personaggi indimenticabili e alcuni dei momenti più divertenti presentati dal cinema coreano nel 2021. Malgrado le sfide affrontate al botteghino, Perhaps Love ha messo insieme 500.000 ingressi e contraddistinto la sua regista come un importante talento da tenere d’occhio.
L’autunno sarà forse stato nel suo complesso un periodo tetro per il cinema coreano, ma questo non significa che non si sia parlato delle produzioni locali. L’uscita della serie Netflix Squid Game in settembre e il suo sorprendente successo a livello mondiale hanno creato fermento in tutta la Corea. Gran parte dei talenti che stanno dietro Squid Game sono figure storiche dell’industria cinematografica coreana, dal regista Hwang Dong-hyuk – i cui film Miss Granny e Silenced (vincitore dell’Audience Award al FEFF) risulteranno familiari al pubblico di Udine – all’attore protagonista Lee Jung-jae, con i suoi quasi trent’anni di esperienza nel cinema del paese. Che questa squadra abbia ottenuto un successo di tale portata sulla piattaforma Netflix è stato incoraggiante ed entusiasmante, ma ha anche lasciato un po’ di amaro in bocca agli addetti ai lavori. Le sale cinematografiche penalizzate dalla pandemia, Netflix che investiva 500 milioni di dollari all’anno in contenuti coreani e la migrazione su vasta scala di talenti nazionali verso le piattaforme OTT: era difficile stare a guardare tutto questo senza provare una certa preoccupazione. Invece, per il numero relativamente basso di lungometraggi entrati in produzione nel 2021 rispetto ai film destinati alle piattaforme, la concorrenza per accaparrarsi non solo gli attori ma anche registi e ogni tipo di tecnici ha reso la situazione ancor più complicata.
Con l’arrivo dei mesi invernali, la Corea ha sperimentato un’impennata di casi di Covid senza precedenti, nonostante la percentuale di vaccinati fosse del 90% tra gli adulti. I kolossal ad alto budget per i quali era stato deciso di saltare a piè pari la distribuzione estiva, avevano ancor meno ragioni per tentare la fortuna al botteghino della stagione invernale. Per assurdo, nel bel mezzo dell’ondata di Covid, Spider-Man: No Way Home è stato distribuito lo stesso e ha preso un bello slancio con 7,6 milioni di biglietti venduti, raggiungendo facilmente i migliori risultati del periodo pandemico e dando alle catene di multisala un impulso davvero necessario, oltre a un po’ di conforto sul fatto che l’abitudine di andare al cinema non si era ancora esaurita. Ma si è trattato di un successo isolato che non ha portato nessun ampio recupero nel numero di biglietti venduti. L’unico film coreano su scala di blockbuster distribuito nei mesi invernali, The Pirates: The Last Royal Treasure della Lotte Entertainment, ha raggiunto un massimo di 1,3 milioni di biglietti, che erano ben lungi dal portarlo a coprire il suo imponente budget.
Invece, alcuni film coreani di medie dimensioni usciti a gennaio hanno attirato un po’ l’attenzione. Il primo è stato Special Delivery, una pellicola d’azione in cui Park So-dam (la Jessica di Parasite di Bong Joon-ho) interpreta un’esperta guidatrice in fuga da un investigatore corrotto. Il film, pieno di energia e personalità, ha ricevuto diversi apprezzamenti soprattutto per la talentuosa Park che qui affrontava il suo primo ruolo d’azione. Qualche settimana più tardi, invece, è entrato in scena un dramma decisamente più impegnativo: Kingmaker è una descrizione leggermente velata degli eventi che portarono alle elezioni presidenziali coreane del 1971, durante le quali il presidente autoritario Park Chung-hee venne quasi spodestato dall’ultimo arrivato (e futuro presidente) Kim Dae-jung. L’uscita di questo dramma politico, che ha molto da dire sulla tensione tra potere e ideali, è stata ancora più importante dal momento che la Corea si trovava nel bel mezzo della campagna presidenziale.
Febbraio e marzo non hanno mostrato ulteriori segni di svolta e l’industria del cinema coreano, ancora una volta, si ritrova a sperare nel futuro prossimo senza sapere se riuscirà finalmente a svoltare l’angolo nei prossimi mesi o se il declino persisterà. L’ondata di Omicron in Corea ha avuto una portata talmente più ampia di tutte quelle che l’hanno preceduta, da far pensare che quando finalmente arretrerà i cittadini si sentiranno più a loro agio in pubblico. Un cauto ottimismo per la prossima estate sembra impossessarsi dei distributori locali. I festival, almeno, stanno ritornando alla grande: dopo una rinascita parziale del Busan International Film Festival nell’ottobre scorso (con proiezioni in presenza per il 50% della capienza delle sale, seppur senza feste e con pochi ospiti internazionali) il Jeonju International Film Festival in maggio si sta organizzando per un ritorno alle dimensioni precedenti.
Intanto, la crisi portata dalla pandemia ha dato agli addetti ai lavori dell’industria del cinema coreano molto tempo per pensare al presente e al futuro del cinema nazionale. Una questione che continua ad essere oggetto di molto interesse è la necessità di una maggior varietà nel cinema coreano. I film indipendenti sono stati quanto mai vitali durante la pandemia, e voci nuove emergono ogni anno. Nel 2021 un bel numero di film indipendenti ha attirato l’attenzione, come The Apartment with Two Women dell’esordiente Kim Se-in, che ha fatto incetta di premi: il film, un dramma familiare di sorprendente intensità, su una madre single e sua figlia ventenne, è stato presentato a Busan e a Berlino, ed è solo all’inizio di quella che sarà sicuramente una lunga carriera festivaliera. Il FEFF quest’anno metterà in luce parecchie entusiasmanti opere indipendenti, come Thunderbird, un film legato al cinema di genere prodotto dalla Korean Academy of Film Arts, o gli acclamati documentari Fanatic e Kim Jong-boon of Wangshimni.
L’elezione a presidente del candidato conservatore Yoon Suk-yeol per un mandato quinquennale, avvenuta in marzo, viene però considerata un segno infausto per i cineasti indipendenti. L’amministrazione precedente aveva incrementato il sostegno finanziario per il cinema indipendente, fornendo un’indispensabile ancora di salvezza in tempi difficili. Ma se Yoon dovesse seguire l’esempio dei suoi predecessori conservatori, tale sostegno potrebbe benissimo esaurirsi nei prossimi anni.
Si percepiscono anche cambiamenti in atto nel settore del cinema di genere. Finora, gli spettatori coreani non hanno mai accolto a braccia aperte le pellicole di genere a basso budget, a differenza di diversi mercati europei. I thriller per i quali il cinema coreano è famoso sono stati prodotti principalmente come film commerciali mainstream con budget consistenti. Eppure le pellicole di genere attualmente prodotte in Corea presentano una gamma decisamente più vasta in termini di dimensioni e di budget. L’ampliamento delle opzioni distributive su piattaforme OTT e non solo, e l’allargamento delle opportunità di distribuzione a livello internazionale, hanno fatto sì che film d’azione, thriller e horror dai budget ridotti godano di una seconda opportunità dopo le loro limitate teniture in sala.
Quest’anno il FEFF presenterà una scelta di film d’azione diversi tra loro. Tomb of the River usa la città marittima di Gangneung come sfondo per una classica storia di tradimenti e faide tra bande di gangster, mentre The Killer mette in luce il protagonista Jang Hyuk, un attore che in questa fase della sua carriera si è riciclato come formidabile divo d’azione. Il film, che viene presentato in prima mondiale a Udine, ha già accordi firmati per essere distribuito in 23 territori internazionali.
È fuor di dubbio che il cinema coreano si trova a un crocevia interessante per il suo sviluppo. L’interesse mondiale per i contenuti coreani non solo sembra rafforzarsi, ma la pandemia ha anche temporaneamente messo da parte l’industria del cinema, mentre acclamate serie su Netflix e altre piattaforme concentrano l’attenzione internazionale. È evidente che l’industria del cinema coreano ha ancora il talento e le competenze per avere successo, ma sarà in grado di sopravvivere allo spostamento delle forze di mercato e agli effetti prolungati della pandemia per recuperare la gloria del passato? Si suppone che il 2022 potrà fornire una risposta a questa domanda – ma non è ancora chiaro quale potrà essere.
Darcy Paquet