Un buon risultato: il cinema taiwanese nel 2021

Il 2021, condizionato dalla pandemia di Covid-19, ha visto un mercato cinematografico globalmente sofferente e di conseguenza il box office taiwanese si è mostrato altalenante, con prestazioni migliori all’inizio e alla fine dell’anno. Nonostante un bimestre di incassi persi per la chiusura forzata, in termini di ricavo totale e quota di mercato, i film taiwanesi ci hanno consegnato una performance annuale decisamente brillante: non solo 3 lavori hanno superato i 100 milioni di nuovi dollari taiwanesi, ma la quota di mercato è balzata dal 17,02% del 2020 al 26,2% del 2021, stabilendo un nuovo record nel cinema taiwanese degli ultimi 30 anni.

Le statistiche mostrano che, sin dall’inizio dell’anno, i film taiwanesi hanno immediatamente ottenuto buoni risultati con The Soul e I Missed You, ma anche il ricavo del successivo Gatao: The Last Stray è stato entusiasmante, con ben 160 milioni di NT$. L’uscita di Man in Love alla fine di marzo, poi, ha riscontrato vendite migliori di ogni previsione, sfondando la soglia dei 400 milioni, e appena un mese dopo le vendite cumulative dei film taiwanesi raggiungevano i 630.
Man in Love è la prima pellicola del regista Yin Chen-hao, basata sull’omonima produzione coreana del 2014 diretta da Yu Kab-yeol. Yin Chen-hao si era già distinto nella creazione di popolari video musicali, con oltre 100 milioni di visualizzazioni, nei quali spesso rappresentava le emozioni della gente comune. Questo suo particolare stile narrativo ha attirato l’attenzione del cineasta di nuova generazione Cheng Wei-hao e della produttrice Jin Bailun, che lo hanno ingaggiato per il remake taiwanese.

Man in Love parla di un malvivente dedito al recupero crediti, uomo all’apparenza coriaceo ma dal cuore gentile. Un giorno, nel corso di un’operazione, conosce la figlia di uno dei suoi debitori e se ne invaghisce, iniziando a corteggiarla. La donna inizialmente lo tratta con ostilità, rifiutando a più riprese le sue attenzioni, ma la sincerità dei sentimenti di lui, unita a modi spiritosi e premurosi, le conquista il cuore. A quel punto, l’uomo decide di voltare le spalle alla vita da criminale, avviando con lei un’attività per ricominciare da capo. 

Ottenuti i diritti di adattamento, i produttori Cheng Wei-hao e Jin Bailun hanno pensato prima di tutto a come localizzare la storia. Pertanto, stendendo la sceneggiatura, dopo una serie di ricognizioni hanno selezionato le zone di Taoyuan, Pingzhen e Zhongli come location principali del film. Questa scelta ha generato un’opera che odora di paesi e strade taiwanesi, coinvolgendo nei ruoli anche i nuovi immigrati.

Sebbene la trama della versione taiwanese di Man in Love coincida quasi interamente con la versione coreana, i nuovi personaggi hanno storie e background riadattati al mercato locale, il tutto ricucito a misura dei due affascinanti protagonisti Roy Chiu e Tiffany Xu. Rispetto all’originale, fortemente caratterizzato dalla recitazione del talentuoso Hwang Jung-min, il personaggio di Roy Chiu è molto più taiwanese, con la sua parlata in dialetto e il bastoncino di canna da zucchero fra i denti. Ciò trasforma la produzione coreana, romantica e strappalacrime, in un prodotto tipicamente taiwanese dalla verve comica, lasciando una forte impressione sul pubblico. 

Sin dalla Festa di Primavera, il grande successo dei film formosani, riflesso negli ottimi riscontri di vendite, lasciava prevedere agli operatori di mercato un anno eccezionale. L’“alleanza per il rilancio del cinema di Taiwan”, promossa dal Ministero della Cultura e orchestrata dal Bureau of Film, Television and Pop Music Industry (l’autorità che si occupa dell’industria cinematografica di Taiwan), a fine aprile ha lanciato la campagna “Facciamo decollare i film taiwanesi”, che includeva 22 produzioni locali in promozione congiunta. L’allora presidente dell’alleanza, nonché titolare dei Vieshow Cinemas, Dennis Wu aveva espresso la speranza che il ricavo totale dei film taiwanesi nel 2021 sfondasse la soglia del miliardo di NT$, superando gli 877 milioni dell’anno precedente.

Nonostante l’ottimismo condiviso da più parti, a maggio la situazione ha preso improvvisamente una piega negativa. La diffusione del virus nell’isola, controllata con successo in precedenza, è riesplosa all’inizio del mese e, dopo due settimane, l’allerta per la prevenzione epidemica sia a Taipei che nella limitrofa New Taipei è stata portata per la prima volta al livello 3, per poi venire estesa all’intero paese dal 19 maggio. Alla popolazione è stato chiesto di non uscire se non per lo stretto necessario e, per evitare assembramenti, si è vietata la consumazione nei ristoranti al chiuso permettendo solo l’asporto, con la successiva serrata dei luoghi di svago e intrattenimento in tutto il paese.

Considerata la situazione, i cinema hanno chiuso temporaneamente i battenti e l’industria cinematografica ha accusato il colpo, rimandando l’uscita di vari titoli fra cui il blockbuster Fast & Furious 9, originariamente previsto per metà maggio, i taiwanesi Kidnapped Soul e Reclaim previsti per maggio e giugno, ma anche Final Exam e altri. Il Taipei Film Festival, tenuto annualmente tra fine giugno e inizio luglio, nel 2020 era sfuggito al lockdown, diventando una rarità fra gli eventi cinematografici mondiali; l’anno scorso, però, non si è potuto evitare l’annullamento, con il rinvio a fine settembre.

Dopo oltre due mesi di allerta a livello 3 per la prevenzione epidemica, la situazione taiwanese è migliorata: dal 27 luglio è iniziata la progressiva riapertura, che ha gradualmente coinvolto anche le sale cinematografiche di Taipei. Le regole iniziali prevedevano l’occupazione di appena un quarto dei posti disponibili in sala e la disposizione a scacchiera, nonché il divieto di cibi e bevande, attività reintrodotta solo dal 2 novembre.

Il “periodo morto” di maggio, giugno e luglio si è quindi chiuso, con un progressivo miglioramento da agosto e settembre e l’uscita a raffica di produzioni hollywoodiane come Fast & Furious 9, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, Dune e altri. Sebbene il riscontro non sia stato al livello dei blockbuster estivi precedenti, il ricavo ha comunque superato la soglia dei 100 milioni di NT$. Al tempo stesso, piccole produzioni taiwanesi come Final Exam, Jang-Gae: The Foreigner e Grit non hanno comprensibilmente realizzato grandi incassi.

Con l’inizio di ottobre, grazie all’adeguata prevenzione sanitaria e alla concomitanza dei Golden Horse Awards, i film taiwanesi hanno raggiunto un nuovo apice di successo. Nella rosa dei candidati per le premiazioni comparivano The Falls, Til We Meet Again, Treat or Trick e American Girl, ben rappresentativi di vari generi e tutti oggetto di ampio apprezzamento.

The Falls, scritto, diretto e fotografato da Chung Mong-hong, è ambientato a Taipei nel periodo del Covid e racconta la storia di una madre e una figlia che passano dall’alienazione all’intimità. Ancora una volta Chung ha ricevuto la statuina per il miglior lungometraggio dopo A Sun del 2019, e anche Alyssa Chia, nei panni di una donna schizofrenica, è stata incoronata come migliore attrice protagonista. Il semi-autobiografico American Girl, scritto e diretto per la prima volta da Feng-i Fiona Roan, è incentrato su una madre e una figlia che rientrano in patria dopo che il loro sogno di emigrare si è infranto. L’epidemia di SARS che fa da sfondo riecheggia esattamente la condizione che stiamo vivendo.

Til We Meet Again, scritto e diretto da Giddens Ko, è un adattamento del suo omonimo romanzo bestseller pubblicato nel 2002. Nonostante le svariate trasposizioni su grande schermo delle sue opere, nelle parole di Ko, Til We Meet Again è stata la più ardua, soprattutto per la tematica fantasy di un amore fra la vita e la morte, i cui effetti speciali hanno richiesto un elevato livello di realizzazione tecnica. Alla fine la pellicola ha superato con successo ogni difficoltà, vincendo tre Golden Horse per effetti visivi, trucco e costume ed effetti sonori. Til We Meet Again, con Ko Chen-tung, Vivian Sung, Gingle Wang e Umin Boya, parla del giovane Alan (Ko Chen-tung) che, ucciso da un fulmine, finisce agli inferi perdendo la memoria. Deciso a reincarnarsi come essere umano, sceglie di “accumulare punti virtù” improvvisandosi dio dell’amore, e si mette in collaborazione con l’impulsiva Pinky (Gingle Wang) per aiutare i giovani a trovare l’anima gemella. Tuttavia, il mondo reale è molto più complicato del previsto e Alan si imbatte in ogni sorta di guaio, vedendo persino la sua ex-amata che si dispera per lui e ancora porta a spasso il suo cane. Nel tentativo di organizzare un incontro amoroso per la donna, Alan imbecca solo fallimenti e si ritrova anche a difenderla dalle minacce di un nemico della sua vita precedente.

Non mancano certamente punti di contatto con il recente lavoro coreano Along with the Gods: The Two Worlds sul tema del viaggio agli inferi. Eppure, Til We Meet Again gioca abilmente sui concetti familiari di vita, morte e reincarnazione per creare un mondo sotterraneo che unisce la tradizione alla modernità. L’intensità dei sentimenti di amore e odio ci fa sentire l’orrore dell’ossessione emotiva e l’importanza della rinuncia. Con questa storia, Giddens Ko ritrova la passione romantica e l’umorismo di You Are the Apple of My Eye, aggiungendo un elemento di mistero legato alle forze oscure. Anche sul piano tecnico siamo un gradino sopra: effetti speciali, montaggio ed effetti sonori ci trascinano fra risate, pianto, spavento ed emozione, e lo confermano i 240 milioni di NT$ incassati al box office.

Dopo More than Blue e Man in Love, anche Treat or Trick è una produzione commerciale taiwanese adattata da un originale coreano, eppure lo supera di una spanna in termini di produzione, design dei personaggi e struttura della trama, inserendo anche riferimenti parodici che solo i fan possono cogliere. Ben sette le candidature ai Golden Horse Awards.

Diretto da Hsu Fu-hsiang, con Chen Bolin, Chen Yi-wen, Liu Kuan-ting, Da-her Lin e Pai Ching-i, Treat or Trick è il rifacimento di To Catch a Virgin Ghost (2004). Parla di un poliziotto e dei suoi sottoposti, che devono ritrovare un lotto di diamanti rubati e finiti nelle mani della malavita, seguendo una traccia fino a un villaggio sperduto. Gli abitanti dall’aria innocente sono mossi da sinistre motivazioni e l’inquietante paesino si trasforma presto in una trappola mortale. L’aggiunta di personaggi come l’aiutante ingenuo e la donna fantasma riesce, però, a scatenare l’ilarità nel pubblico.

Hsu Fu-hsiang, già regista di serie tv, in Treat or Trick si cimenta per la prima volta con la commedia, integrando e rielaborando elementi dei generi più svariati fra cui poliziesco, crime, azione, horror e suspense, il tutto ispirato dalla collaborazione fra gli interpreti. All’interno di uno spazio chiuso e assurdo, la pellicola galoppa tra sfrenata fantasia e spiritosa ironia. Liu Guanting, nel ruolo di un cadetto finito per caso fra i ranghi della polizia, con il suo sottile umorismo rende un magistrale omaggio al Tony Leung sotto copertura di Infernal Affairs, parodiando in modo originale il capolavoro hongkonghese. Ciò gli è valso per la seconda volta un Golden Horse Award come miglior attore non protagonista.

Ormai il remake, la collaborazione internazionale e la trasformazione dei generi sono ormai fenomeni comuni, e il contributo delle produzioni originali coreane fornisce un nuovo stimolo all’industria cinematografica taiwanese, sempre in cerca di nuovi spazi di mercato. Che si tratti del romantico e strappalacrime Man in Love, o dello spiazzante e alternativo Treat or Trick, quando si è lavorato su idee nate in Corea, si è sempre riusciti a cogliere e potenziare l’essenza dell’originale, migliorando l’aspetto tecnico e presentando nuovi contenuti più vicini al gusto locale. Questo scostamento dall’opera madre ci consegna lavori reinventati dall’inconfondibile sapore formosano.

Vale la pena rimarcare che sia Man in Love sia Treat or Trick sono stati realizzati solo dopo averne acquisito i diritti di adattamento, per poi cercare un nuovo regista idoneo alle riprese. I video musicali e le serie tv di Yin Chen-hao erano noti per il forte sapore “locale” e la sua promozione a regista di Man in Love è stata indubbiamente una mossa azzeccatissima. Per Hsu Fu-hsiang, che prima delle serie TV aveva realizzato cortometraggi divertenti e sovversivi come Z046 e Wonderful Day, Treat or Trick è stata l’occasione di concentrarsi sul suo stile preferito di black comedy. I successi sul grande schermo dei due cineasti non hanno solo guadagnato loro la nomination ai Golden Horse Awards come miglior regista esordiente, ma hanno dato un contributo sostanziale all’industria dei film formosani di genere.

Traduzione italiana dal cinese di Francesco Nati.
Hsiang Yi-fei