“Non vi siete divertiti?” La filiera distributiva delle esportazioni culturali

Nel film premio Oscar di Ridley Scott, Il gladiatore, il generale Massimo (Russell Crowe) dopo avere sconfitto i gladiatori avversari esclama, rivolto al pubblico: “Non vi siete divertiti?”. È un ammonimento alle migliaia di spettatori nell’arena che impazziscono per la morte e la carneficina degli schiavi e dei prigionieri che combattono fino alla morte. Riflette lo spirito del moderno “nutrire la bestia” dell’intrattenimento di massa, genuino e senza filtri, nonché, in molti casi, xenofobo e reso più esotico, fatto unicamente nel nome del dio denaro. È quanto emerge chiaramente nei documentari Enter the Clones of Bruce e The Contestant; mentre in Chiu Fusheng vediamo un imprenditore e capitalista di successo che investe nei media per ottenere un certo potere persuasivo e poi eleva la sua attività culturale al riconoscimento globale.

La guerra dei cloni In Enter the Clones of Bruce, David Gregory analizza e racconta il boom della “Bruceploitation”, è avvenuto in seguito alla prematura morte di Bruce Lee nel 1973. La star di arti marziali incarnava un nuovo eroe d’azione, che poteva stare fianco a fianco con personaggi del calibro di John Wayne e Mifune Toshiro. Cogliendo l’opportunità capitalistica di mantenere in funzione la catena di approvvigionamento, i produttori, specie di Hong Kong si sono subito messi al lavoro finanziando e producendo film d’arti marziali a basso budget, da realizzare per lo più rapidamente e grossolanamente. Di norma vi era un sosia di Bruce Lee nel ruolo principale e spesso trame e scene di combattimento erano scopiazzate dai film di Lee. I film di Bruceploitation sono stati spesso criticati per la loro scarsa qualità e per lo sfruttamento dell’immagine di Lee.

Ma erano popolarissimi tra il pubblico, affamato di tutto il Bruce Lee possibile, anche se non era quello vero; e hanno dato il loro contribuito alla scena distributiva dei cinema da B-movie e grindhouse, insieme ad altri generi come la blacksploitation, il chanbara e il giallo. Questo fenomeno rappresentava però un’arma a doppio taglio, perché se da un lato faceva aumentare il numero di fan di Lee, dall’altro questo avveniva a spese dei diritti di proprietà intellettuale di Bruce Lee. Inoltre, non faceva che avallare il leitmotiv secondo il quale “tutti gli asiatici sembrano uguali” per il modo in cui i produttori scritturavano come Bruce Lee qualsiasi asiatico con un minimo di abilità nelle arti marziali.

Enter the Clones of Bruce è affascinante, contiene interviste approfondite a molte delle persone coinvolte nella realizzazione dei film di Bruceploitation, facendo chiarezza sulle loro motivazioni. Il documentario analizza anche l’impatto che tali film hanno avuto sul pubblico e sul genere delle arti marziali nel suo complesso, difetti compresi.

Dal vero The Contestant è un documentario britannico diretto da Clair Titley e racconta la storia di Hamatsu Tomoaki, meglio conosciuto come Nasubi (in giapponese significa melanzana), che nel 1998 ha partecipato a uno dei primi reality show al mondo, Susunu! Denpa Shōnen, trasmesso in Giappone dalla Nippon Television. Nello spettacolo, Hamatsu è stato sfidato a restare da solo, nudo, in un appartamento, e a partecipare a concorsi a premi via posta fino a quando non avesse vinto complessivamente un milione di yen. È partito con niente (nemmeno i vestiti), è stato del tutto isolato dal mondo esterno e non aveva nient’altro che le riviste, che spulciava per i moduli di partecipazione ai concorsi.

Nel periodo in cui è andato in onda, i suoi diari sono diventati dei bestseller in Giappone e la trasmissione televisiva ha infranto tutti i record, con 17 milioni di spettatori ogni domenica sera. Come per i film in Enter the Clones of Bruce, il programma era di fattura grossolana ma finiva rapidamente sul mercato, pronto a soddisfare l’appetito insaziabile dei fan della tv. Questo è ancora più vero per i reality show di oggi, con servizi VOD e di streaming che producono show di appuntamenti, competizioni sportive e innumerevoli altri temi, dal più banale al più folle. The Contestant è decisamente un esperimento sociale, una sorta di The Truman Show incrociato con l’esperimento carcerario di Stanford. Come per gli schiavi armati di spada nell’arena dei gladiatori, qual è la soglia che non deve essere oltrepassata per l’intrattenimento? A differenza del conduttore inglese Bear Grylls, che “sopravvive nella natura”, o sembra che lo stia facendo, quando è a favore di telecamera, The Contestant mette in guardia dall’idea di spingere gli esseri umani al limite assoluto. Una mano tesa Nel 1988 il magnate taiwanese del settore immobiliare Chiu Fu-sheng si trovava in viaggio d’affari nel Sud della Francia, e andò al festival di Cannes. Lì si chiese perché i film taiwanesi non fossero presenti alle manifestazioni internazionali e scoprì che all’industria cinematografica taiwanese mancavano diverse tecnologie e tecniche ampiamente utilizzate, come la registrazione sincrona, la stampa ottica e l’audio stratificato. Questa fu la scintilla che innescò la sua missione per lo sviluppo del cinema di Taiwan, e ben presto divenne un produttore influente e determinante per molti film iconici di Hou Hsiao-hsien, come Città dolente e Il maestro burattinaio, solo per citarne un paio. Attraversò anche il confine con la Cina continentale per lavorare con Zhang Yimou a opere come Lanterne Rosse e Vivere!, tra gli altri. La vita e le opere di Chiu, sagace magnate dei media, hanno attraversato momenti tumultuosi: la guerra del Vietnam, l’era di Chiang Ching-kuo a Taiwan, la riforma e l’apertura della Cina continentale, la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Restituzione di Hong Kong, le Olimpiadi di Pechino e l’era di Internet. La sua storia personale coincide con queste transizioni storiche, e ogni sua impresa reca la forte impronta degli ultimi anni del 20° secolo.

La rapida trasformazione si riflette nel suo operato – dalla costruzione di aziende mediatiche fondanti a Taiwan e alla costruzione di ponti con la Cina, alla produzione filantropica di futuri maestri come Zhang Yimou. Sia Chiu che Zhang saranno celebrati al FEFF del 2024. Vi facciamo divertire In definitiva, l’affermazione “Non ci stiamo divertendo?” è retorica. L’intrattenimento, specialmente quello cinematografico, può essere ridotto a due paradigmi: arte e commercio. A volte possono andare di pari passo, ma in molti casi possono deviare in zone grigie moralmente, rendendo un’ipotesi fantascientifica distopica come Hunger Games non così distante dalla nostra portata. Ma tali film possono anche essere oggetto di esportazioni culturali che aprono le porte all’apprezzamento artistico. È un dilemma che ha molto poco di binario.

Anderson Le