City On Fire e Le Iene

The Odd Couples
Quando, lo scorso dicembre, è mancato improvvisamente il regista Ringo Lam, all’età di sessantatré anni, cineasti e cinefili hanno pianto la perdita di uno dei grandi maestri del cinema di Hong Kong. Autore fondamentale di thriller negli anni Ottanta e Novanta, era uscito in sala con l’ultimo film completato, Sky on Fire, nel 2016. Lam era celebre per il suo punto di vista intransigente sul crimine e sul carcere, oltre che per essere molto esigente sul set. Le sue opere maggiori erano diventate dei classici all’inizio degli anni Novanta, quando si era diffusa a livello internazionale una nuova ondata di interesse per il cinema di Hong Kong. I suoi necrologi ne hanno menzionato i principali, tra i quali City on Fire (1987), e le menzioni di quel film decisivo non mancavano di commentare un aspetto particolare dell’influenza esercitata da Lam: il famoso collegamento tra City on Fire e il film d’esordio di Quentin Tarantino, Le iene (1992).

Lam era approdato a City on Fire dopo aver fatto un grande passo avanti nella sua carriera di regista. Dopo aver iniziato la sua attività come attore e assistente alla regia per la televisione, diventò regista per il piccolo schermo nel 1976. Due anni dopo si trasferì a Toronto per studiare cinema alla York University, per poi tornare a Hong Kong nel 1982. In breve tempo Lam diventò uno degli esponenti di punta della casa di produzione Cinema City, che sfornava successi appartenenti ai generi più disparati e che sosteneva i talenti emergenti. Esordì alla regia con la storia d’amore soprannaturale Esprit d’Amour (1983), per poi fare centro con la commedia d’azione Aces Go Places IV (1986). Ma il co-fondatore di Cinema City, Karl Maka, intuì che film così leggeri non fossero proprio nelle sue corde, così diede a Lam carta bianca per il suo lavoro successivo, anche se con un budget modesto.

Il risultato è stato City on Fire, con Lam che va giù pesante con la brutalità in una storia ispirata a una rapina in un locale negozio di gioielli. Chow Yun-fat e Danny Lee sono i protagonisti principali, Chow nei panni del poliziotto sotto copertura Ko Chow e Lee in quelli di Tiger, un osso duro che è ai vertici della banda di ladri in cui si è infiltrato Ko. I banditi entrano in scena quando fanno irruzione in un laboratorio di gioielli, e la risposta della polizia è duplice: l’esperto ispettore Lau (Sun Yueh) invia in segreto il suo amico Ko – già sotto copertura a seguito di un’operazione precedente – come talpa; intanto un giovane e bollente poliziotto (Roy Cheung) manda i suoi agenti in borghese a setacciare le strade (e inevitabilmente si mettono sulle tracce di Ko). Mentre la banda si prepara a un audace colpo in una gioielleria, tra Ko e Tiger si instaura un certo legame, nonostante i dolorosi ricordi di Ko, che ha già dovuto tradire un precedente partner malavitoso, e l’immenso pericolo che deve affrontare.

Le scene d’azione di City on Fire sono impetuose, dalle rapine caotiche alle acrobazie automobilistiche e alle sparatorie sanguinose. Ma il nucleo del film sta nei rapporti umani. Ko Chow è lacerato non solo per la crescente amicizia che lo lega a Tiger, ma anche per la sua lealtà nei confronti di Lau (dopotutto, vuole uscire dal suo lavoro di infiltrato) e per il rapporto con la fidanzata Hung (Carrie Ng), che teme di rendere vedova.

Quentin Tarantino mette da parte questa profondità emotiva in Le iene e, fatto strano per un caper movie, non c’è nemmeno una scena di rapina – ma solo la fase preparatoria e le sanguinose conseguenze. La trama ruota intorno a una banda di sei membri, che si riuniscono e si preparano a svaligiare una gioielleria di Los Angeles. Malgrado il piano studiato nei minimi dettagli, il colpo fallisce e i banditi sopravvissuti fuggono per riunirsi poi nel capannone di un’impresa di pompe funebri. I primi ad arrivare sono il veterano Mr. White (Harvey Keitel) e Mr. Orange (Tim Roth), ferito e sanguinante, seguiti da Mr. Pink (Steve Buscemi) e dal rabbioso Mr. Blonde (Michael Madsen), che si trascina dietro un poliziotto che ha catturato. È chiaro che c’è una talpa tra i componenti della banda, e tutti i membri delle gang vogliono sapere chi è.

Presentato in anteprima al Sundance e poi a Cannes, Le iene è stato acclamato per il nuovo approccio di Tarantino al genere poliziesco, per le agili sfasature temporali e per il dialogo, un chiacchierare acuto, quasi incessante, ricco di freddure e di riferimenti pop. Ma gli ammiratori di City on Fire hanno notato qualcosa di più di una vaga rassomiglianza con il film di Lam.

Tanto per cominciare, entrambi i film puntano sull’abbinamento tra un bandito e un poliziotto infiltrato, con il poliziotto che attraversa zone d’ombra dal punto di vista morale nel suo percorso. Molti dettagli della trama si ripetono: in entrambi i film un pianificatore del crimine ingaggia una banda per svaligiare una gioielleria e i banditi usano nomi falsi; in entrambi i casi la rapina, preparata in ogni minimo dettaglio, va a finire male quando scatta un allarme e un ladro esaltato apre il fuoco. Inoltre, ogni volta i poliziotti hanno ricevuto una soffiata e sono pronti a scattare (in City on Fire, la rapina e la fuga sono messi in scena con dettagli brutali, ne Le iene la rapina è semplicemente descritta).

In entrambi i film i banditi sopravvissuti si danno scompostamente alla fuga; in tutti e due c’è uno dei delinquenti che a un certo punto si mette a sparare con due pistole attraverso il parabrezza di un’auto della polizia; in ambo i casi il poliziotto sotto copertura apre il fuoco dalla parte della banda (Ko spara a un poliziotto, la sua controparte ne Le iene spara a una donna per requisirle la macchina). Dopo essersi allontanati dalla scena del crimine, tutti si dirigono verso un magazzino e iniziano a speculare sul perché ci fossero gli sbirri ad aspettarli e su chi sia la talpa. In entrambi i film la tensione raggiunge l’apice quando nei magazzini arriva il capobanda e seguono situazioni di stallo alla messicana: in entrambi i film, alla fine, il poliziotto in borghese e il suo amico bandito, gravemente ferito, dimostrano quanto sia diventato stretto il loro legame. Quando arriva la polizia, a Hong Kong come a Los Angeles, alla fine il succo di quello che si dicono le due coppie di uomini è praticamente lo stesso.

All’epoca gli esperti di cinema si sono scatenati. I reportage della rivista cinematografica britannica Empire e di fanzine come l’Asian Eye di Toronto hanno descritto minuziosamente la cosa ed è circolato persino un video in VHS di dieci minuti sulle somiglianze tra i due film. La vicenda ha perseguitato Tarantino persino alla conferenza stampa di Cannes per il suo Pulp Fiction, vincitore della Palma d’Oro (1994), finendo poi sulla stampa generalista. A fomentare l’indignazione era soprattutto il fatto che a Lam non fosse riconosciuto il giusto merito (Chow Yun-fat, e non Lam, era stato ringraziato come fonte di ispirazione nella sceneggiatura de Le iene). Nel 1995 Tarantino ha affrontato direttamente le accuse e ha dichiarato al Baltimore Sun, a proposito di City on Fire: “È un film davvero interessante. Mi ha influenzato molto, ne ho ricavato alcune cose”. Come nota a margine, va detto che Tarantino non era l’unico del film ad avere un collegamento con Hong Kong. Il produttore esecutivo Monte Hellman aveva girato gran parte del film Shatter, prodotto da Shaw Brothers e Hammer, proprio a Hong Kong negli anni Settanta (sebbene come regista sia accreditato il produttore Michael Carreras).

A dire il vero, il cinema è pieno di esempi di registi che attingono al lavoro degli altri. Lo stesso Lam aveva guardato a Il braccio violento della legge (William Friedkin, 1971) quando pianificava di passare a qualcosa di più corposo. E Tarantino è famoso per la sua passione per il cinema, avendo assorbito bobine su bobine dei film più diversi, traendone innumerevoli influenze di cui ha nutrito zelantemente il proprio lavoro. La domanda che inevitabilmente si pone, tuttavia, è dove finiscono l’omaggio e la rielaborazione creativa e dove comincia il plagio.

Per parte mia, considero i due film due creature molto diverse. Quasi tutto ciò che ne ha tratto Tarantino riguarda solo gli ultimi diciassette minuti del film di Lam. City on Fire è un’opera complessa che si svolge in tutta la città, profondamente romantica e con un forte impatto emotivo. Ed è in linea con le tradizioni del cinema di Hong Kong, sia nel riecheggiare i protagonisti in conflitto con se stessi dei film wuxia degli anni Settanta, sia nel situarsi entro la tradizione dello “heroic bloodshed” e dei film di poliziotti infiltrati del cinema hongkonghese, sia nella maniera in cui rispecchia gli umori della società di Hong Kong. È vero che Le iene si ispira inconfondibilmente a City on Fire, ma il film scorre secondo i propri ritmi teatrali ed è infarcito dei dialoghi hip di Tarantino; si scrolla di dosso, abbattendole, le tradizioni del cinema poliziesco americano per ricrearle in una forma nuova e sorprendente.

Alla fine la scaramuccia tra Le iene e City on Fire ha perso slancio. Lam ha minimizzato l’argomento nelle interviste e ha continuato a concentrarsi sulla sua arte, dirigendo per esempio il magistrale thriller Full Alert (1997). Tarantino si è impegnato a realizzare opere ancor più grandiose (e questa volta del tutto palesi) sull’influenza del cinema di Hong Kong, con i due episodi di Kill Bill (2003 e 2004). E i cineasti di Hong Kong hanno persino chiuso il cerchio attingendo platealmente a Le iene per Hero of City (Alan Lo, 2001), interpretato nientemeno che da Danny Lee.

In un contesto più ampio, il riutilizzo di parti di City on Fire da parte di Tarantino si è tradotto in un rinnovato entusiasmo internazionale per il cinema di Hong Kong, già ben avviato all’inizio degli anni Novanta (una prima ondata era già arrivata negli anni Settanta con il cinema hongkonghese di arti marziali). Le proiezioni ai festival e gli articoli nelle riviste per cinefili hanno stimolato l’interesse in entrambe le sponde dell’Atlantico negli anni Ottanta, mentre rassegne itineranti e proiezioni speciali sono state organizzate negli Stati Uniti nel decennio successivo, e gli appassionati seguivano l’evangelizzazione delle fanzine per visitare le sale di Chinatown e andare a caccia di nastri e laserdisc difficili da trovare. Anche Hollywood ha mostrato un certo interesse, con elementi tratti dalle pellicole di Hong Kong che trovavano strada in filmetti d’azione. Ben presto i migliori cineasti di Hong Kong, Lam incluso, hanno iniziato a lavorare negli Stati Uniti.

In tutto questo – piacesse o no all’epoca agli irriducibili del cinema hongkonghese – Le iene ha avuto un ruolo chiave nel far conoscere l’opera di Ringo Lam a un pubblico molto più vasto. City on Fire è stato meritatamente premiato in patria (ha ottenuto il riconoscimento per la miglior regia e quello per il miglior attore per Chow agli Hong Kong Film Awards del 1988), ma era ancora sconosciuto fuori dall’Asia. E se c’è voluto il collegamento a sorpresa con il cinema americano per farlo conoscere agli appassionati a un livello molto più ampio e per innalzare ulteriormente il profilo di Lam e il nome del cinema di Hong Kong, allora tanto meglio.
Tim Youngs