Lieto Fine: Il Cinema Di Taiwan Nel 2018

Nel 2018, il cinema taiwanese ha registrato un aumento negli incassi totali di circa il 20% in più rispetto all’anno precedente. Il mercato si è subito animato sotto il Capodanno cinese con le due uscite Back to the Good Times e Gatao 2: Rise of the King, per poi afflosciarsi e riprendere vita solo nel periodo estivo. Per fortuna la fine dell’anno ci ha regalato qualche altro successo, con titoli come Dear Ex, The Devil Fish e soprattutto More than Blue, che grazie al responso positivo al botteghino hanno dato un nuovo impulso alla cinematografia formosana.

È interessante notare che in tutto l’arco dell’anno, da Gatao 2: Rise of the King e Back to the Good Times fino a More than Blue e The Devil Fish, i maggiori successi nelle sale sono quasi sempre stati adattamenti o sequel. Queste produzioni riflettono la sempre maggiore bravura dei registi locali nel destreggiarsi all’interno del complesso mercato dei film commerciali. D’altra parte i primi cinque classificati per incasso a Taiwan rappresentano quasi l’80% dei guadagni totali nell’anno, facendo emergere una preoccupante tendenza alla polarizzazione fra successi e fallimenti. Sebbene Secrets in the Hot Spring, The Scoundrels e altri non abbiano brillato per risultati di vendita, fa sicuramente piacere notare il tentativo lodevole di lavorare su nuovi generi cinematografici. Lascia un po’ di amaro in bocca la scarsa risposta del pubblico di fronte a questa esplorazione di nuove forme artistiche e modelli visuali.

Gatao 2: Rise of the King e Back to the Good Times, lanciati durante il Festival di Primavera del 2018, al botteghino hanno entrambi sfondato la soglia dei 100 milioni di dollari taiwanesi. Il primo, distintosi tra i successi del periodo festivo, è un gangster movie pregno di violenti scontri per la conquista del territorio, sicuramente una rottura con il trend tradizionale secondo cui sotto le feste il pubblico taiwanese sarebbe solo in cerca di commediole leggere. Back to the Good Times, invece, adattato dall’omonima serie TV per mano dello stesso team di produzione, ci presenta tematiche tipicamente autoctone per mezzo di una trama che attraversa lo spazio e il tempo. Peccato che la fretta di farlo uscire sotto le feste abbia comportato una sceneggiatura raffazzonata e tempi di produzione ristretti, altrimenti il risultato di vendita sarebbe stato sicuramente molto più alto.

Le commedie leggere incentrate su liceali imberbi sono sicuramente uno dei punti di forza nel cinema di Taiwan, e l’ultima annata ce ne ha consegnate due, About Youth e How to Train Our Dragon. Il primo, interpretato dai due idoli Dino Lee e Bii, presenta una trama simile a quella di Our Times dove un’anonima ragazzina riceve le attenzioni di ben più affascinanti compagni di scuola. Il totale al botteghino di 8,87 milioni di NT$ rispecchia, tuttavia, una performance non eccezionale. L’altro, invece, è una co-produzione con il continente adattata dall’omonimo bestseller letterario, dove l’ormai onnipresente Kent Tsai recita la parte del protagonista. Sono entrambe produzioni che sperano di farsi strada nel mercato giovanile, ma che non hanno ottenuto i risultati attesi anche a causa di una narrazione confusa e sfocata, per non parlare dei ritardi nell’uscita di How to Train Our Dragon che ne hanno influenzato negativamente l’aspetto promozionale.

Questa battuta d’arresto delle “commedie da campus” non ha però impedito a Long Time No Sea, quasi interamente interpretato da attori non professionisti, di ottenere buone vendite grazie al passaparola. Il film, ambientato nella remota isola di Lanyu al largo di Taiwan abitata dagli aborigeni Dawu, è tratto da una storia vera: un ragazzino di Lanyu segue il padre, trasferitosi da tempo nella grande città per motivi di lavoro, e decide di partecipare a una gara di ballo tradizionale. Con grande schiettezza, la pellicola affronta tematiche come il divario tra città e campagna, il gap generazionale e lo scontro tra la cultura han dominante e quella aborigena. La giovanissima star Si Pangoyod ha anche vinto il Golden Horse Award come miglior attore emergente.
Il film horror è un genere sul quale l’industria cinematografica taiwanese ha compiuto notevoli sforzi negli ultimi anni e il miglior rappresentante della categoria non può che essere The Tag-Along. Si tratta di una saga ispirata a una storia di fantasmi che fu al centro delle cronache una ventina di anni fa: basata sui racconti popolari sullo spirito malvagio Moo-sin-a, una leggenda dal profondo significato antropologico, nasce il personaggio spaventoso della “ragazzina vestita di rosso”. Dopo che alla fine del 2015 The Tag-Along di Cheng Wei-hao superò con successo il test del mercato locale con un introito di 85 milioni di NT$, nell’estate del 2017 il team originale realizzò il sequel (The Tag-Along 2) lavorando su tematiche come lo sfruttamento indebito del territorio e l’amore tra madre e figlia, alle quali si aggiunsero elementi presi dalle credenze popolari sul dio tigre, con un risultato di vendite ancora superiore all’originale.

The Devil Fish, dunque, è il terzo episodio della serie, che si configura come una sorta di spin-off rispetto ai precedenti, ma al tempo stesso ne è anche un prequel per via dei legami tra i vari personaggi. In questo episodio, a parte il passaggio del timone all’esordiente David Chuang, anche il cast è completamente rinnovato, con Cheng Jen-shuo e Vivian Hsu nel ruolo dei protagonisti. La linea narrativa si sviluppa su tre filoni, il primo con Cheng Jen-shuo che viene impossessato dal dio tigre, un altro è la storia di una pianista interpretata da Vivian Hsu e il terzo dove conosciamo una famiglia che viene inspiegabilmente trucidata. Le tre linee narrative si intrecciano, portando all’apparizione della bambina in rosso e di un altro spirito malvagio, il pesce dalla faccia umana. Nella pellicola compaiono anche gli spiriti del Tiger Temple già presenti nell’episodio precedente. Rimanendo sul tema dei rapporti problematici in famiglia, The Devil Fish ci presenta tre situazioni: Cheng Jen-shuo non riesce a liberarsi dal dolore per la perdita della moglie, Vivian Hsu fa fatica a perdonare il marito che l’ha tradita e la famiglia maledetta nasconde un segreto inconfessabile. In fin dei conti, è il risentimento nutrito dai personaggi nel proprio cuore che permette ai fantasmi di impossessarsene.

Il responso positivo verso la serie The Tag-Along e la conseguente apertura del mercato horror a Taiwan sono fra i fattori dietro all’uscita di un’altra produzione nel genere, The Rope Curse. Anch’esso radicato nei tabù del folklore taiwanese, per la regia dell’esordiente Liao Shih-han, il film si ispira all’usanza nelle città costiere taiwanesi di offrire rouzong (fagottini di riso glutinoso) alle anime di coloro che si sono suicidati impiccandosi. L’elemento di terrore delle antiche leggende locali si unisce a tematiche come la cultura del live streaming, il bullismo nelle scuole e i problemi sentimentali. Il film, che ha fatto parlare di sé anche per la scelta di uscire nel settimo mese lunare (in cui, secondo la tradizione, si risveglierebbero gli spiriti degli antenati), ha incassato quasi 50 milioni di NT$ al box office.

Il giallo-horror Secrets in the Hot Spring segue invece un’altra strada: è la storia di un liceale che insieme a due compagni va a visitare un hotel fatiscente gestito dai nonni. Il lungometraggio vorrebbe essenzialmente essere una commedia noir, alla quale però si aggiungono elementi di amicizia giovanile e tenerezza familiare, il tutto arricchito da quella vena di humor bizzarro che ha caratterizzato pellicole hongkonghesi come A Chinese Ghost Story e Man in the Dark. Si tratta sicuramente di un lavoro che per art design, costumi, scenografia ed effetti speciali ci propone un’atmosfera e una forma di intrattenimento non comune tra i classici film formosani.

A Taiwan sono sempre mancati i film commerciali d’azione ed ecco perché l’avvento di The Scoundrels ha avuto un certa risonanza nell’industria cinematografica taiwanese, in particolare per la coreografia delle scene d’azione che ha sorpreso positivamente. In passato, la maggior parte di queste scene comparivano sporadicamente nei gangster movie o nei thriller e pellicole così orientate all’azione e all’inseguimento sono estremamente rare, tuttavia il regista esordiente Hung Tzu-hsuan si è dimostrato all’altezza del compito. Dal coordinamento degli attori e delle scene d’azione, alla fotografia e alla musica fino agli effetti sonori, tutto risulta estremamente coeso, regalandoci una vera e propria bomba d’azione in stile taiwanese.

The Scoundrels parla di un ex giocatore di basket, dovutosi ritirare a causa di uno scandalo, che sbarca il lunario collaborando con una banda di ladri d’auto. Inaspettatamente, un giorno la sua strada si incrocia con quella di un imprendibile “bandito con l’impermeabile” specializzato in rapine a portavalori, con il quale decide di associarsi, se non fosse per il fatto che i suoi ex-complici e la polizia già gli stanno alle calcagna.

Il regista Hung Tzu-hsuan, dopo anni di studio dei film d’azione nei suoi anni di formazione, si era già fatto le ossa grazie ad alcuni cortometraggi. In The Scoundrels ha collaborato con il giovane ma promettente coreografo Hung Shih-hao, pianificando meticolosamente i movimenti di ogni personaggio e di ogni scena. J.C. Lin, che interpreta l’ex cestista, non è esattamente un campione nelle scene d’azione ma si fa valere per la prontezza di riflessi, mentre il “bandito con l’impermeabile” Chris Wu, si mostra vigoroso e rapido in ogni movenza. La scenografia e le varie location hanno tutte un indiscutibile gusto taiwanese e comprendono pescherie, depositi di auto da rottamare, angusti vicoli, trombe di scale e via dicendo. Tutto l’insieme risulta estremamente realistico e ci consegna un film di combattimento che colpisce allo stomaco ad ogni pugno che sferra.

Sebbene The Scoundrels abbia coraggiosamente aperto la strada dei film d’azione, non è stato preso sul serio dal pubblico taiwanese abituato a seguire le produzioni hollywoodiane e per questo è risultato deludente dal punto di vista commerciale. Il lancio di Dear Ex ha portato una nuova ondata di entusiasmo. La pellicola, già presentata in anteprima mondiale al Far East Film Festival di Udine nell’aprile dello stesso anno, ha conquistato quattro premi in occasione del Taipei Film Festival a metà del 2018, incluso quello per il miglior lungometraggio, e ha vinto il riconoscimento per migliore attrice protagonista, miglior montaggio e miglior colonna sonora ai successivi Golden Horse Awards. Il film è stato poi selezionato per l’Hong Kong Asian Film Festival, in occasione del quale i registi Mag Hsu e Hsu Chih-yen hanno ricevuto il New Talent Award. La vena umoristica adottata dall’opera per trattare temi difficili quali il rapporto genitori-figli e l’omosessualità ci consegnano un’opera estremamente piacevole, in cui il passaparola è stato la miglior garanzia di successo al botteghino.

Infine More than Blue di Gavin Lin, con Jasper Liu e Ivy Chen, è un adattamento dall’omonimo film coreano del 2009. Come suggerisce il titolo, è un film sull’amore giovanile dominato da un senso di crescente tristezza. Si tratta di una tragedia romantica e strappalacrime incentrata su due compagni di liceo, un ragazzo e una ragazza, che essendo rimasti senza famiglia sono diventati molto intimi e hanno vissuto insieme per dieci anni, senza però entrare mai in una relazione. Quando il ragazzo scoprirà di essere malato terminale, per evitare di far soffrire l’amica, cercherà di tenerla all’oscuro dei fatti, mettendosi alla ricerca di qualcuno che la renda felice per il resto della vita...

More than Blue si vanta della fotografia a cura dell’hongkonghese Kwan Pung-leung, che sostiene sapientemente la trama passando dalle prime scene luminose e brillanti a quelle finali più cupe e opprimenti, in modo che il pubblico si faccia trasportare dai chiaroscuri per immergersi nell’atmosfera romantica in cui vivono i protagonisti. Il film fa leva sul pragmatismo innocente di Jasper Liu e sull’intelligenza briosa di Ivy Chen per creare la scintilla fra i protagonisti, dimostrando un’ottima padronanza degli strumenti narrativi dell’originale coreano. L’amore che ci racconta la pellicola, alimentato dai profondi sentimenti tra i due giovani, culmina in un finale tragico dalla bellezza struggente.

Sebbene la storia originale di More than Blue parlasse di due giovani impiegati, dopo un test alla cieca la produzione si è resa conto che la trama riscuoteva particolare risonanza tra gli studenti delle scuole superiori. A quel punto è stato modificato il target di pubblico ed è stata rivista la strategia promozionale, con l’uscita anticipata del brano musicale A Kind of Sorrow, garantendo di fatto il successo della pellicola. Già a 9 giorni dalla prima distribuzione gli incassi avevano sfondato i 100 milioni di NT$, con un risultato complessivo finale che sarebbe arrivato a oltre il doppio, chiudendo il 2018 con un lieto fine per il cinema taiwanese.
Hsiang Yifei