Nel 2018, per la prima volta nella storia del cinema filippino, un film ha superato il traguardo dei 600 milioni di pesos (circa 11 milioni di dollari statunitensi) al botteghino locale. The Hows of Us è interpretato dal “team amoroso” formato da Kathryn Bernardo e Daniel Padilla, due attori conosciuti con il nome “KathNiel” che interpretano abitualmente una coppia romantica in film e programmi televisivi. The Hows of Us è stato in sala per ben quattro mesi e ha chiuso l’anno con un incasso complessivo nel mondo di 915 milioni di pesos filippini (circa 17 milioni di dollari), diventando così il film filippino più redditizio di tutti i tempi.
Il precedente detentore del titolo, The Super Parental Guardians, interpretato da Vice Ganda, occupa ora la seconda posizione mentre al terzo posto troviamo il successivo film di Ganda del 2018, Fantastica (596 milioni di pesos filippini, cioè 11 milioni di dollari). Per chiarire con chi devono fare i conti i film filippini, il titolo di maggiore incasso del 2018 (Avengers: Infinity War) ha realizzato 1.217 miliardi di pesos (circa 23 milioni di dollari).
In un periodo in cui il cinema filippino sta cercando di espandere il proprio campo d’azione e di ripensare le proprie forme narrative, The Hows of Us si distingue perché aderisce a una formula preconfezionata, e qui risiede forse il motivo del successo che ha riscosso. La trama è esile: due ex fidanzati bisticciano per una casa che hanno ereditato. La ragazza vuole venderla, il ragazzo non è d’accordo e spera di riconquistarla facendole rivivere i ricordi condivisi in quel luogo. Il film tenta di costruire una situazione più adulta del solito: c’è un rapporto di convivenza implicito, una donna non così vulnerabile che si fa carico della propria vita e non mancano le emozioni forti; tutti fattori che hanno soddisfatto il pubblico, alla ricerca di qualcosa di nuovo. Gli elementi di rito ci sono tutti: grandi momenti, grandi discorsi e grandi scene catartiche in terra straniera, una tendenza che si sta affermando sempre più nel cinema filippino. È una storia d’amore semplice e positiva, adatta a tutta la famiglia.
Per fare un confronto, negli ultimi cinque anni i cineasti hanno rivoluzionato la commedia romantica realizzando film freschi e sinceri come Before Sunset invece dei film a lieto fine penosamente casti che venivano propinati al pubblico da studios come Star Cinema (il più grande spacciatore di commedie romantiche delle Filippine), Regal Films e Viva Films. I cineasti che sono cresciuti con classici della commedia romantica come Got 2 Believe (2002) e Loving Someone (May Minamahal, 1993) hanno iniziato a criticare il modo in cui queste storie hanno plasmato l’atteggiamento di una generazione di spettatori in tema di relazioni amorose.
Secondo le recensioni entusiastiche delle commedie romantiche più recenti, è alla regista Antoinette Jadaone che va riconosciuto il merito di avere svecchiato i triti luoghi comuni di questo genere filmico. Il suo That Thing Called Tadhana (aka That Thing Called Fate, 2014) è un road movie di 110 minuti che ha più dialoghi e meno romanticismo convenzionale. Il film ha incontrato il favore dei festival indipendenti e ha riscosso grandissimo successo, dimostrando l’esistenza di un pubblico che sa apprezzare una storia d’amore raccontata in modo diverso.
Jadaone ha continuato a dirigere commedie romantiche per i grandi studios, ma nel 2018 ha avuto grande successo con Never Not Love You, che si distacca coraggiosamente dalla solita pappardella da San Valentino. Il film è piaciuto perché affronta i problemi di coppia e le delusioni del mondo reale. Ha aiutato il fatto che fosse interpretato da due grandi idoli delle folle locali, James Reid e Nadine Luster (o JaDine), noti per film e serie TV dall’immancabile lieto fine. Ma, come in Never Not Love You, cosa succede quando la storia d’amore deve confrontarsi con la realtà economica e bisogna scendere a compromessi? Il film ha raccolto solamente circa 92 milioni di pesos filippini (1,7 milioni di dollari), ma è presente in molte classifiche di fine anno e si è classificato al quinto posto in un sondaggio complessivo dei migliori film filippini dell’anno indetto tra accademici, critici e registi.
Never Not Love You è solo uno dei film romantici di successo del 2018 che hanno sfidato le convenzioni tradizionali. Irene Villamor ha ridefinito il concetto di amore fatale con due film: Meet Me in St. Gallen, la storia di due persone che si incontrano per caso in tre momenti diversi della loro vita; e Sid and Aya: Not a Love Story, in cui un agente di cambio assolda una barista per tenergli compagnia durante le notti insonni. Il film, che si concentra sulle differenze di classe, ne analizza le ramificazioni con un tono pratico invece di rivestirle con una patina spessa e zuccherosa, come avviene di solito nelle commedie romantiche su classi sociali diverse. Exes Baggage di Dan Villegas è la storia di due amanti che fanno i conti con i loro sentimenti reciproci.
Di fronte a questo rivoluzionamento del genere romantico, il successo di The Hows of Us potrebbe essere la risposta del pubblico al realismo. Daniel Padilla e Kathryn Bernardo si rifanno all’epoca in cui protagonisti tradizionali riuscivano a fare breccia su un target molto esteso, come Tom Hanks e Julia Roberts quando le loro carriere sono state rilanciate da film come Il matrimonio del mio migliore amico e C’è posta per te. Anche il tempismo è importante, ed è stato favorito dal fatto che, quando è uscito in sala, non c’erano in contemporanea episodi di una qualche saga cinematografica (se si prevede che un titolo incassi parecchio, sarà prenotato per diverse sale, e talvolta anche per un intero multisala, come avviene per i blockbuster di supereroi). Poi c’è stato l’effetto del passaparola. Il produttore del film, Star Cinema, ha diffuso regolarmente i dati relativi agli incassi del film e, quando è stato superato il livello di circa 400 milioni di pesos, la situazione era così intrigante che molti hanno deciso di dargli un’occhiata per curiosità. Per questo successo, ottenuto su scala mondiale, è stata determinante la grande comunità di lavoratori filippini all’estero con le loro famiglie, sempre bramosi di entrare in contatto con le proprie radici e con la cultura popolare del loro paese.
Si potrebbe considerare il trionfo di The Hows of Us come un segno di buon auspicio, specialmente ora che il cinema filippino festeggia il primo secolo di vita, ma The Hows of Us e Fantastica non fanno che riproporre una formula cinematografica che è stata il piatto forte di una delle più grandi case di produzione del paese, Star Cinema. Sono storie pulite, divertenti, adatte alle famiglie e interpretate da divi famosi, studiate a tavolino per incontrare il favore di un pubblico più ampio possibile, in tutti i segmenti demografici. Gli studios hanno tutto l’interesse a produrre film appartenenti a generi popolari come le commedie romantiche, le commedie e gli horror, perché è quello che funziona.
Nella classifica del botteghino nazionale, dopo The Hows of Us e Fantastica, seguono fra i successi con incassi complessivi di circa 200-300 milioni di pesos Exes Baggage e la commedia Jack Em Popoy: The Puliscredibles. Quest’ultimo è un crossover in stile Avengers di grandi attori filippini: i re dei botteghini Vic Sotto e Coco Martin (che è anche il protagonista dello show televisivo di prima serata di maggiore successo nelle Filippine) e Maine Mendoza, metà della fenomenale coppia romantica AlDub. Gli altri titoli della top ten hanno raccolto intorno a 100 milioni di pesos ciascuno.
All’inizio dell’anno, in un post su Facebook che ha scatenato un dibattito, il regista Erik Matti (On the Job, Seclusion, BuyBust) ha sottolineato la disaffezione del pubblico per il cinema filippino, che si riscontra nonostante pare ci sia un film in uscita ogni settimana (ci sono più festival cinematografici di quelli che un critico con una paga minima possa permettersi, in effetti).
“Negli ultimi tre anni l’industria cinematografica ha lavorato tantissimo, ma nessuno riesce a vedere i film che vengono realizzati, fatta eccezione per qualche sporadico successone. Si producono centinaia di film ma nessuno fa affari d’oro, compresi i grossi studios. Cos’è successo al pubblico locale?”, ha scritto Matti. Ed ha aggiunto: “Economicamente, l’industria cinematografica filippina naviga in pessime acque. Bisognerebbe fare qualcosa, il governo dovrebbe intervenire. Non è nemmeno più una lenta agonia, siamo tenuti in vita artificialmente e ci vuole la rianimazione”.
Gli esercenti non aiutano, giacché i film meno performanti vengono smontati dopo due o tre giorni e quando le principali catene commerciali del paese ti escludono dalla distribuzione, hai poche possibilità di raggiungere un pubblico più ampio e guadagnare di più. Con i siti di streaming e i contenuti disponibili gratuitamente online, perché mai uno spettatore medio dovrebbe spendere i suoi 250 pesos (circa 4,8 dollari, corrispondenti a una mezza giornata di salario per un lavoratore filippino medio) per vedere un film, quando potrebbe destinare quel denaro al cibo o ad altre necessità?
“Nessuno va al cinema nell’epoca [del presidente Rodrigo Duterte] e non è una coincidenza”, dice il regista Jade Castro (Endo: Love on a Budget, Remington and the Curse of the Zombadings) rispondendo su Twitter al post di Matti. “La gente diventa sempre più povera, mentre andare al cinema costa sempre di più. [Biglietti, trasporti], cibo: è un lusso in un paese con pochi posti di lavoro, bassi salari e legislazione [fiscale molto rigida]”.
“Non abbiamo smesso di vedere film, ma abbiamo perso l’abitudine di andare al cinema. Duterte ha ammazzato la vita notturna a Davao City [quando era il sindaco di quella città]. Quello che fa la gente comune nel tempo libero non è una sua priorità. Così continuiamo (a volte) a guardarci i filmoni di Hollywood. Forse li consideriamo come degli eventi per i quali mettere i soldi da parte, non un’abitudine. Ma come si spiegano gli incassi spropositati di The Hows of Us? Forse anche quello è stato un evento, o peggio, forse è stato un colpo di fortuna. Alcuni dicono che la gente guarda più film nei periodi più bui, ma questo poteva essere vero quando andare al cinema costava poco e non c’era Internet a sorprenderci o titillarci (come il porno). Viviamo in tempi bui e andiamo in cerca di distrazioni, ma possiamo benissimo farlo con il nostro cellulare”, ha detto Castro, che ha aggiunto: “Volete che nel 2019 la gente possa ricominciare ad andare al cinema? Votate i leader che si preoccupano davvero della qualità della vita, non quelli che si impegnano soltanto a garantire il proprio potere e gli affari dei propri alleati e che ci considerano gentaglia senza valore che non ha bisogno di diritti”.
Per chi ama il cinema sembra davvero che non possa esserci un momento migliore di questo per vedere film filippini, specialmente nei festival cinematografici che accolgono solitamente una cerchia eterogenea di talenti, sia emergenti che affermati.
Tuttavia questi film “importanti” vengono visti solo da una manciata di spettatori e spariscono dalle sale dopo due o tre giorni, a parte la presenza ai festival, anche se poi hanno una seconda vita nei micro-cinema. Per il produttore questo è al tempo stesso eccitante e frustrante: la presenza di una nuova generazione di talenti significa che ci sono molte menti che ripensano l’assoluta necessità del cinema; eppure, lasciando da parte i frequentatori dei festival, gli spettatori classici non si sentono né si vedono. Per il regista la sfida è rappresentata anche dalla valanga di contenuti disponibili per il pubblico.
Tuttavia c’è un senso in tutto questo e la sensazione è che le cose stiano andando nella giusta direzione. Analizzando le vertiginose classifiche di fine anno dei blogger e dei critici, i film più acclamati sono quelli più audaci, quelli che si addentrano più profondamente nel nebuloso territorio della narrativa filippina. Signal Rock di Chito S. Roño, candidato delle Filippine agli Oscar, è la storia variegata di una comunità di abitanti di un’isola che cerca di sfuggire alla povertà nel modo più filippino, il bayanihan (cooperazione); Ode to Nothing (Oda sa Wala) di Dwein Baltazar è una black comedy dell’assurdo sulla solitudine schiacciante di una donna; Billie & Emma di Samantha Lee utilizza il linguaggio della commedia romantica per raccontare una storia d’amore lesbica in una piccola città, dove le norme di genere sono più severe e, in una certa misura, più crudeli; mentre Waiting for Sunset (Kung Paano Hinihintay ang Dapithapon) di Carlo Catu è un’ode lamentosa all’amicizia durante gli anni del crepuscolo. Infine Yield, documentario etnografico di Victor Delotavo Tagaro e Uriu Toshihiko, è incentrato su un gruppo di bambini alle prese con la povertà e con l’oppressione ciclica che li fagocita.
Ma l’aspetto più notevole è il modo in cui i registi affrontano il sanguinoso regime del presidente Rodrigo Duterte, che esercita il suo dominio autoritario a colpi di uccisioni extragiudiziali, violazioni dei diritti umani e tentativi di mettere a tacere chi osa criticare. BuyBust di Matti è un’accusa schiacciante della guerra alla droga in cui, mentre i cadaveri si accumulano nella baraccopoli del film, lo spettatore può discernere i parallelismi con la vera guerra alla droga. Lav Diaz, vincitore del Leone d’Oro, ha affrontato lo spettro della tirannia nel suo musical (già!) The Season of the Devil (Ang Panahon ng Halimaw), una parabola non così velata sui mali esercitati dal dittatore Ferdinand Marcos (la cui famiglia sta recuperando potere e posizione all’interno del governo nazionale). Liway di Kip Oebanda è la biografia della madre attivista del regista e la storia degli anni da lui trascorsi crescendo in prigione con la mamma, incarcerata alla fine dell’era della Legge Marziale.
L’epica storica a grosso budget Goyo: The Boy General (Goyo: Ang Batang Heneral) di Jerrold Tarog, sequel del fortunato Heneral Luna, racconta la tragica storia dei soldati filippini morti nella battaglia del Passo di Tirad durante la guerra filippino-americana e, in antitesi con le tendenze repressive di Heneral Luna, mette in discussione la fedeltà cieca a figure autoritarie. Nel frattempo, l’acclamato regista Mike De Leon (Batch ‘81, Sister Stella L) si è rimesso in gioco dopo una lunga pausa per dirigere il controverso Citizen Jake, un poliziesco che traccia apertamente dei parallelismi tra le amministrazioni di Marcos e di Duterte.
Questi film rappresentano sia una chiamata all’azione sia, forse, un grido di battaglia, e chiedono agli spettatori di non dimenticare gli orrori della storia e di essere vigili. Potrebbe essere la ragione per cui alcuni registi continuano a darsi da fare, raccontando storie piene di urgenza che riflettono le atrocità di questa epoca. Dopo tutto, per far sì che gli spettatori affrontino i demoni che li circondano, cosa c’è di meglio che piazzarglieli su uno schermo da 15 metri con audio surround?
Don Jaucian