Successi inaspettati: il cinema indonesiano nel 2016

Dopo anni di stagnazione e una situazione che pareva condannata ad un persistente “sottosviluppo”, strutturale e creativo, l’industria cinematografica indonesiana ha registrato nel 2016 un anno d’inatteso successo commerciale, coronato pure dalla promessa di una svolta istituzionale che potrebbe portare ad ancor più fertili raccolti negli anni a venire.

Cominciamo da quest’ultima buona novella, perché si tratta di un cambiamento epocale che porterà a conseguenze durature. Più volte, negli scorsi anni, su queste pagine si è descritta e lamentata la penuria di sale cinematografiche nell’arcipelago indonesiano. Il quarto paese più popoloso del mondo, difatti, a metà 2016 poteva contare su un numero di schermi tra i 1100 e i 1200. Una carenza di sale che giustifica la crescita limitata del mercato locale, in termini di spettatori e di incassi e che stava lentamente e marginalmente migliorando grazie all’ingresso degli operatori coreani CJ e Lotte nel mercato dell’esercizio locale. A questo si poteva pure aggiungere il problema della posizione monopolistica del gruppo Cinema 21, che non solo gestisce più di 800 degli schermi di cui sopra, ma che controlla, tramite sue sussidiarie, la gran parte del settore della distribuzione.

A maggio dell’anno scorso, però, il settore cinematografico è stato incluso tra gli ambiti economici e commerciali liberalizzati dalle innovative riforme proposte dal Presidente Joko “Jokowi” Widodo, al fine di rinnovare e dinamizzare l’economia del paese, dominata per decenni dall’autocrazia ereditata dal sistema autoritario della dittatura di Soeharto e imbrigliata dalle piaghe di corruzione, collusione e nepotismo (sintetizzate in Indonesia dal popolare acronimo, KKN, korupsi, kolusi, nepotisme). Società a pieno controllo straniero potranno d’ora innanzi investire ed essere piene proprietarie nei settori della produzione, della distribuzione e dell’esercizio cinematografici indonesiani. Questo significa, da un lato, che le major hollywoodiane potranno finalmente esportare i propri film in Indonesia senza dover usufruire d’intermediari locali, pratica che in anni passati aveva talvolta creato problemi anche giudiziari (arrivando persino, un paio d’anni fa, ad un blocco delle uscite USA in territorio indonesiano che si tradusse in un tracollo del mercato locale). Dall’altro, le compagnie straniere che hanno già messo piede nel mercato locale con partecipazioni in attori locali, potranno prenderne il pieno controllo ed espandere le proprie attività senza i lacci e lacciuoli previamente esistenti. Questo si traduce concretamente in quella che è stata etichettata come una rivoluzione nel settore dell’esercizio. Perché sia il gruppo CGV Blitz, sia quello Lippo-Cinemaxx hanno prontamente annunciato politiche di espansione ambiziosissime. Cinemaxx, che al momento conta un centinaio di schermi, prevede di ampliare il proprio parco sale fino a 2000 schermi nei prossimi dieci anni. E quel che è forse ancor più dirompente è che sia CGV Blitz, sia Cinemaxx si impegneranno in una delocalizzazione del proprio parco sale. Ad oggi, infatti, più di un terzo degli schermi esistenti in Indonesia sono localizzati nell’area metropolitana di Jakarta, mentre quasi il 90% si trovano sull’isola di Giava. Aprire sale nel resto dell’arcipelago significa accedere al potenziale di un mercato di milioni di persone che sin qui hanno fruito del prodotto cinematografico quasi esclusivamente attraverso il fiorente traffico dei DVD pirata.

Alle buone notizie sul fronte politico-istituzionale, si sono in parallelo affiancate quelle dal mercato, dove le produzioni locali, dopo anni di disaffezione del pubblico, hanno trovato un riscontro popolare che non conoscevano da oltre un decennio. Sebbene non esistano stime ufficiali, i film locali avrebbero conquistato una quota di mercato intorno al 33%, ma soprattutto ben dieci film usciti nel 2016 hanno superato la quota simbolica del milione di spettatori, con tre che hanno raggiunto i tre milioni e il più grande successo dell’anno che è divenuto il più grande incasso di sempre per il cinema locale.

Tra fine aprile e inizio maggio, sono usciti nelle sale i primi due titoli che hanno risollevato le sorti del cinema locale: la commedia romantica Ada Apa Dengan Cinta 2 di Riri Riza, attesissimo seguito del classico di Rudi Soedjarwo che aveva segnato la rinascita del cinema indonesiano commerciale nel 2002 (e che Riri Riza aveva sceneggiato), e lo spiritosissimo My Stupid Boss di Upi Avianto. Se il successo del primo era ampiamente anticipato e sperato e si è materializzato in più di 3,6 milioni di spettatori, My Stupid Boss ha superato anche le più rosee previsioni, raggiungendo anch’esso soglia 3 milioni. Merito di una sceneggiatura brillante e ben calibrata e di una perfetta alchimia tra i protagonisti che hanno confermato Upi Avianto come la più talentuosa cineasta attiva nel cinema commerciale indonesiano.

Più tardi, in giugno, un altro “prodotto seriale” ha registrato cifre considerevoli. Il dramma Rudi Habibie, prequel del grande successo Habibie & Hainun del 2012, biografia del terzo Presidente indonesiano Bacharuddin Jusuf Habibie, diretto dal prolifico Hanung Bramantyo ha portato in sala più di due milioni di spettatori (comunque meno della metà di quanti ne aveva raccolti l’altro capitolo). Ma il vero botto, in settembre, l’ha fatto il reboot Warkop DKI Reborn: Jangkrik Boss! Part 1 che nel giro di poche settimane ha superato i sei milioni di spettatori, toccando poi 6,8 milioni e sfilando a Laskar Pelangi di Riri Riza la corona di film indonesiano più visto di sempre. Diretto da Anggy Umbara (che ha firmato anche i due capitoli della serie Comic 8: Casino Kings, di cui il primo è stato il più grande successo del 2015 e il secondo ha registrato 1,8 milioni di spettatori a marzo 2016) e prodotto dalla Falcon Pictures (che è anche dietro a My Stupid Boss), il film rinnova i fasti di una serie di film comici degli anni Ottanta, che seguono le vicissitudini di tre imbranati agenti di un corpo di sicurezza chiamato CHIIPS (chiaro riferimento alla serie televisiva USA anni Settanta ChiPs). Interpretato da Abimana Aryasatya (Dono), Vino G. Bastian (Kasino) e Tora Sudiro (Indro), Warkop DKI Reborn si fonda su una comicità molto popolare e gag demenziali, difficilmente proponibili al pubblico internazionale, ma che hanno divertito ed entusiasmato il pubblico indonesiano.

Come se non bastasse, poi, due commedie uscite a dicembre, Cek Toko Sebelah, diretto e interpretato da Ernest Prakasa, e Hangout, diretto e interpretato da Raditya Dika, hanno conseguito risultati al di là delle attese, superando i due milioni e mezzo di spettatori all’inizio del 2017. Hangout, in particolare, ha confermato lo status di Raditya Dika come golden boy della commedia locale, giacché a luglio aveva superato la soglia di 1,8 milioni di spettatori con un altro film che aveva diretto, scritto e interpretato, Koala Kumal. Oltre ai film citati, altri due hanno varcato la fatidica soglia del milione di spettatori: il dramma ispirato ad un reale incidente aereo, ILY from 38,000 ft. e il romantico adolescenziale London Love Story.

Il bilancio 2016 del cinema indonesiano si è chiuso quindi con un esito favorevole e nessuno ad inizio anno poteva prevedere sarebbe stato così roseo. L’unico neo che si deve rilevare è la relativa mancanza di varietà tra i film che hanno trionfato al box office, appiattiti su commedie molto locali e drammi romantici guidati dalla riconoscibilità delle star presso il pubblico giovanile. A parte forse il caso di Rudi Habibie, i drammi storici e religiosi paiono essere scomparsi dalla sommità del box office (anche se ad inizio 2017, il sequel Surga Yang Tak Dirindukan 2 ha superato il milione e mezzo di spettatori). Il genere horror, un tempo proliferante, si va spegnendo e l’action, rilanciato giusto qualche anno fa dal dittico di The Raid, ha conosciuto un successo di stima con Headshot dei Mo Brothers (primo negli incassi tra i film sotto il milione di spettatori). Al contempo, il fenomeno della serialità dilaga. Ma questo rivela una vicinanza allo stato di cose del mainstream globale che sembra preparare il terreno proprio all’espansone dei multiplex e all’esplosione di un mercato che ha il potenziale di crescita in percentuale più ampio in tutto il continente asiatico.
Paolo Bertolin