Un anno da record: il cinema giapponese nel 2019

All’inizio del 2020 l’industria cinematografica giapponese sembrava diretta verso un periodo eccellente; secondo i dati raccolti dalla Motion Picture Producers Association of Japan (Eiren), gli incassi totali al botteghino del 2019 sono stati i più alti di tutti i tempi, con 2,4 miliardi di dollari statunitensi. Il picco più alto negli anni precedenti era stato di 2,2 miliardi di US$ nel 2016. 
Il campione d’incasso dell’anno, tra pellicole nazionali e internazionali, è stato Weathering with You, film di animazione di Shinkai Makoto, con un risultato di 130 milioni di US$. 
L’incasso è stato metà di quello del precedente film di Shinkai, Your Name, del 2016, che aveva intascato 25,03 miliardi di yen, pari a 232 milioni di US$, ma si tratta di un risultato comunque eccezionale – nonché l’ulteriore conferma che Shinkai è l’erede dello scettro di Miyazaki Hayao, il maestro giapponese dell’animazione che è stato il re del botteghino per oltre vent’anni. 
I biglietti venduti nel 2019 hanno avuto un incremento del 15,2% rispetto all’anno precedente, arrivando a 195 milioni, anche se il numero dei film distribuiti è cresciuto solo di poco, con 1.278 film, di cui 689 giapponesi e 589 stranieri. 

Dei film internazionali, solo 25 sono riusciti a raggiungere il miliardo di yen (9,27 milioni di US$), che rappresenta l’incasso minimo per considerare una pellicola un successo commerciale, a fronte di 40 film giapponesi. 
I film giapponesi, inoltre, si sono accaparrati la maggioranza della quota di mercato totale del 2019, il 54,4% pari a 1,3 miliardi di US$, battendo gli stranieri per il dodicesimo anno consecutivo.  
Ancora una volta, la Top Ten nazionale era composta per la maggior parte da film della Toho, leader dell’industria cinematografica nipponica, con ben sette titoli; gli altri tre posti sono stati occupati da una Toei in fase di rinascita. 
Cinque dei dieci campioni d’incasso tra i film giapponesi erano pellicole di animazione e comprendevano nuovi episodi di serie collaudate come Detective Conan, One Piece, Doraemon e Dragon Ball
Il film di live action che si è piazzato più in alto nella Top Ten, al terzo posto con 5,6 miliardi di yen (52 milioni di US$), è Kingdom di Sato Shunsuke. Tratto da un manga bestseller ambientato in Cina nel periodo dei Regni Combattenti, il film segue i destini di due ragazzi dello stesso villaggio, cresciuti con il sogno di diventare grandi generali e di unificare il paese. Con il ritmo vivace e l’eleganza visiva tipici di Sato, Kingdom è infarcito di scene di battaglia che fanno pochissimo uso di effetti al computer ma si servono moltissimo di strabilianti coreografie. 

Gli altri live-action che sono entrati nella Top Ten dei film giapponesi – Masquerade Hotel (4,6 miliardi di yen pari a 43 milioni di US$), Fly Me to the Saitama (3,7 miliardi di yen, pari a 34 milioni di US$), Hit Me Anyone One More Time (3,5 miliardi di yen, pari a 32 milioni di US$) e Confidence Man JP (2,9 miliardi di yen, pari a 27 milioni di US$) – erano tutti caratterizzati, chi più chi meno, da cast stellari, storie vivaci e umorismo. 
Tra questi film, il preferito dal sottoscritto è Fly Me to the Saitama, tratto da un noto manga e diretto dal maestro della commedia Takeuchi Hideki (Thermae Romae), per via dell’affettuosa parodia che fa della prefettura del titolo, che con la vicina Tokyo ha lo stesso rapporto che il New Jersey ha con New York. Si tratta di un posto notoriamente sfigato i cui abitanti provano un senso di inferiorità, invidia e risentimento nei confronti dei vicini metropolitani alla moda. Le sue storie parallele – una commedia familiare e una fantasia sulla “rivoluzione a Saitama” ispirato a un fumetto sull’amore omosessuale tra adolescenti – non fanno che aggiungere comicità alla satira già azzeccata. 

Il successo di questo gruppo di film, destinato più a un pubblico adulto che adolescente, ha messo in evidenza il declino commerciale dei seishun eiga, o film giovanili, e in particolare  dei drammi sentimentali, spesso su soggetti di melodramma ospedaliero o viaggio nel tempo che in passato erano garanzia di incassi al botteghino. Forse però il pubblico di questo genere di film è semplicemente migrato verso Weathering with You con la sua storia seishun eiga di un adolescente fuggito da casa che si innamora di una ragazza con misteriosi poteri sul tempo atmosferico. 
Con eccezioni come Fly Me to the Saitama, che sono piaciute anche al circuito festivaliero internazionale, i film commerciali giapponesi sono destinati innanzitutto al pubblico locale, e solo in seconda battuta al mercato internazionale. 

Invece, con i loro film usciti nel 2019, due dei più celebrati registi giapponesi, Kore-eda Hirokazu e Kurosawa Kiyoshi, si sono avventurati fuori dalla loro comfort zone
Famoso all’estero per i suoi drammi familiari, Kore-eda ha girato per la prima volta in un altro paese, la Francia, per realizzare Le verità, la vicenda di un’anziana attrice francese (Catherine Deneuve) che si scontra con la figlia ormai adulta (Juliette Binoche) sulla propria autobiografia, ampiamente fittizia. Presentata per la prima volta al festival di Venezia dello scorso anno, la pellicola ha ricevuto recensioni poco entusiaste. A differenza di Un affare di famiglia, il film dello stesso Kore-eda che nel 2018 aveva vinto la Palma d’Oro a Cannes ed era stato un successone in patria, Le verità ha lasciato Venezia senza vincere nulla e ha ricevuto un’accoglienza tiepida al botteghino giapponese. 
Intanto Kurosawa, da tempo considerato a livello internazionale un maestro dell’horror per film come Cure (1997) e Creepy (2016), è andato in Uzbekistan per girare To the Ends of the Earth. Il film, interpretato da Maeda Atsuko nel ruolo di una giornalista televisiva che si trova ad affrontare una crisi professionale e personale mentre vaga per strade e bazar, attribuisce un’identità anche ai suoi personaggi uzbeki, al contrario di molte pellicole giapponesi girate all’estero che ritraggono gli stranieri in modo stereotipato e usano i set stranieri esclusivamente come sfondo. 
Kore-eda, Kurosawa e altri cineasti venuti alla ribalta negli anni Novanta, sono ancora quelli che ottengono la maggior parte degli inviti e dei premi ai principali festival internazionali. Diversi registi più giovani, però, fanno un lavoro eccellente pur operando fuori dai radar dei selezionatori internazionali e dei critici che vanno alla ricerca di film in tutto il mondo, non solo in Giappone.     
      
Chi ora è entrato nel raggio di quei radar è Fukada Koji, il cui film A Girl Missing è stato presentato l’anno scorso al festival di Locarno e successivamente a quelli di Toronto, New York e Chicago. Interpretata da Tsutsui Mariko, sempre bravissima, nei panni di una donna la cui esistenza viene distrutta da una campagna mediatica infamante, la pellicola è incisiva e disturbante, sia come studio psicologico del personaggio sia come documento sociale. 
Lo scorso anno Fukada si è fatto notare come forte sostenitore del cambiamento in un settore nel quale prevalgono ancora condizioni vessatorie, dove le donne e le minoranze subiscono discriminazioni e dove prosperano le discriminazioni sessuali e il mobbing. Il 12 novembre 2019 il cineasta ha rilasciato una dichiarazione in cui invocava la fine, dentro e fuori dai set cinematografici, di prevaricazioni che vanno da urla e maltrattamenti fisici ai sottoposti (che Fukada sostiene di aver subito agli inizi della sua carriera nel cinema) fino agli abusi di potere per ottenere favori sessuali. 
Nel 2019, una serie di scandali ha messo in luce la durezza delle punizioni che l’industria dell’intrattenimento giapponese, e la società nipponica nel complesso, infligge a personaggi noti, qualunque sia la loro colpa, dall’uso di stupefacenti alla violenza sessuale. Per i trasgressori il destino è sempre l’oblio professionale, come hanno potuto scoprire dopo i loro rispettivi arresti gli attori Taki Pierre, Arai Hirofumi e Sawajiri Erika. 
Il regista Toyoda Toshiaki è stato più fortunato: arrestato nell’aprile del 2019 con l’accusa di possesso illegale di un’arma, è stato successivamente rilasciato quando si è scoperto che l’arma in questione era un arrugginito cimelio della seconda guerra mondiale che il cineasta aveva ereditato da sua nonna (nel 2005 Toyoda non aveva avuto altrettanta fortuna: arrestato per possesso di sostanze stimolanti, era stato condannato con sospensione della pena).

Ma nonostante i suoi innumerevoli problemi, l’industria del cinema giapponese attira ancora frotte di giovani speranzosi, che lavorano alle centinaia di film indipendenti che ogni anno escono in sala. La maggior parte di essi guadagna poco o niente dalle proprie fatiche, mentre i film sono spesso destinati a teniture limitate e di breve durata. 
Alcuni di essi, tuttavia, riescono a sfondare, com’è accaduto a Tanaka Seiji e Minagawa Yoji, rispettivamente regista e protagonista di Melancholic. Questo film, la cui prima internazionale è avvenuta al Far East Film Festival, racconta la storia di un ragazzo imbranato (Minagawa), laureato all’Università di Tokyo, che finisce a lavorare come addetto alle pulizie in un bagno pubblico e scopre che dopo l’orario di chiusura viene utilizzato per esecuzioni della yakuza. Il film è stato realizzato con un budget di soli 25.000 US$, ma l’originalità della storia, la trama creativa, i personaggi ben delineati e un sorprendente calore umano gli hanno fatto guadagnare un pubblico affezionato non solo a Udine, dove ha ricevuto il premio Gelso Bianco per la migliore opera prima, ma anche in diversi altri festival giapponesi e non. 

Dopo che i dati di botteghino del 2019 sono stati annunciati il 28 gennaio di quest’anno, i contagi di coronavirus hanno iniziato a crescere e il 7 aprile il primo ministro giapponese Abe Shinzo ha dichiarato lo stato di emergenza a Tokyo, Osaka e in altre cinque prefetture. Il 16 aprile il lockdown è stato esteso all’intero paese. 
Come conseguenza, le sale di tutto il Giappone hanno chiuso i battenti anche se il lockdown era volontario e non poteva essere imposto per legge. I distributori, inoltre, hanno posticipato le uscite primaverili ed estive, mentre la produzione di film e programmi per la televisione ha subito un arresto improvviso. 
Nel periodo della chiusura, il maggior successo tra i live action dell’anno è stato Fukushima 50, film drammatico di Wakamatsu Setsuro sui lavoratori in prima linea nell’impianto nucleare di Fukushima Daiichi dopo che il gigantesco tsunami dell’11 marzo 2011 ne ha provocato la catastrofica fusione. Il pubblico ha visto delle analogie tra la battaglia mortale per salvare la centrale, ispirata al romanzo non-fiction di Kadota Ryusho, e l’attuale pandemia. 

Dopo la chiusura delle sale cinematografiche, i co-distributori Kadokawa e Shochiku hanno trasmesso il film in streaming, cosa che è stata subito bocciata dalla Toho, che si preoccupava di mantenere la tradizionale finestra temporale fra l’uscita in sala di un film e la sua distribuzione in altri formati. Vedendo però che non c’era altro modo per recuperare l’investimento fatto, la Kadokawa e la Shochiku sono rimaste ferme sulle loro decisioni.   
Secondo le cifre raccolte dall’analista dell’industria cinematografica Otaka Hiroo, il box office giapponese per il periodo tra gennaio e aprile 2020 è stato di 32,02 miliardi di yen, corrispondenti a 296 milioni di US$, con un calo del 53% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il totale per il mese di aprile è stato di 690 milioni di yen (6,3 milioni di US$), solo il 4% rispetto all’anno scorso. “Vista la chiusura totale dei cinema in tutto il paese, a maggio potrebbe andare ancora peggio”, ha dichiarato Otaka.

Forse una simile picchiata nelle entrate sarà sostenibile per la Toho, che con le sue diverse fonti di guadagno oltre alle sale di proprietà è il principale operatore giapponese; non lo è invece per i cinema d’essai, che in Giappone vengono chiamati “minicinema” e che sostengono il vasto settore indipendente. 
Per mantenere a galla i minicinema sono state intraprese diverse iniziative, tra le quali quella di maggior successo è stata la campagna di crowdfunding denominata “Mini-Theatre Aid” e avviata dai registi Fukada Koji e Hamaguchi Ryusuke a partire dal 13 aprile. Al 15 maggio, data finale della campagna, i promotori sono riusciti a raccogliere 331 milioni di yen, circa 3 milioni di US$ (più del triplo dell’obiettivo iniziale) da circa 30.000 sostenitori. I fondi raccolti verranno distribuiti ai minicinema aderenti di tutto il paese.  
Il 14 maggio, visto il calo nel numero dei contagi, le restrizioni del lockdown sono state revocate in 39 delle 47 prefetture giapponesi; il 21 maggio è terminato lo stato di emergenza nelle prefetture di Osaka, Kyoto e Hyogo, mentre il 25 maggio sono state eliminate le restrizioni in tutto il Giappone, Tokyo compresa. 
Il 22 maggio la governatrice di Tokyo, Koike Yuriko, ha indicato un percorso in tre fasi per la fine dello stato di emergenza, che prevedeva la riapertura dei cinema durante la fase due, a fine maggio.  
In altre zone del paese i cinema sono stati aperti prima e sono stati proiettati prima di tutto i titoli meno recenti, come Shin Godzilla, che hanno permesso al pubblico di godersi sul grande schermo un’esperienza altrimenti impossibile sugli schermi casalinghi. 

Intanto, gli esercenti di Tokyo e altre zone hanno fatto dei rimescolamenti per riaggiustare la loro programmazione, potenziando il distanziamento sociale e prendendo altre misure per creare un ambiente sicuro. Tuttavia, eliminando diverse poltrone, i cinema rischiano di ridurre i propri margini a zero o peggio.   
I distributori dovevano anche riempire i propri serbatoi con nuovi prodotti, cosa non semplice in un momento in cui la produzione era stata bloccata. Il 14 maggio la Motion Picture Producers Association of Japan (Eiren), un operatore del settore i cui componenti sono i quattro principali studi giapponesi, ha annunciato le linee guida per far ripartire la produzione cinematografica con l’obiettivo di ridurre quelle che il governo giapponese ha definito le “tre C”: spazi chiusi con ventilazione insufficiente, condizioni di affollamento e conversazioni a distanza ravvicinata. 
“Nel settore cinematografico tutto si è interrotto, a monte (produzione) e a valle (sale)”, ha dichiarato il segretario generale dell’Eiren, Kacho Naotaka. “Abbiamo avuto le mani legate, ma abbiamo finalmente iniziato a muoverci di nuovo. Ci sono ancora diversi problemi, ma vogliamo fare un primo passo”.  

Malgrado tutti i cambiamenti che la “nuova normalità” comporterà, Otaka è convinto che gli appassionati di cinema avranno sempre voglia di vivere l’esperienza del grande schermo. “Non è proprio possibile rimpiazzare ciò che può trasmettere un cinema, che è un luogo in cui si può ridere, piangere e commuoversi insieme a molte altre persone”, afferma. “Il fascino e l’attrazione esercitati dalle sale cinematografiche sono profondamente radicati nella natura umana, e non passeranno mai di moda”.
Mark Schilling