Il 2021 non è stato solo il secondo anno di pandemia ma anche il secondo anno di fila in cui i film giapponesi hanno stravinto la gara con Hollywood. Secondo le cifre pubblicate dalla Motion Picture Producer Association of Japan (Eiren), nove dei dieci film campioni d’incasso dell’anno erano giapponesi. Con guadagni pari a 1,127 miliardi di dollari statunitensi, i film nipponici si sono accaparrati una quota di mercato del 79,3%, che invece nel 2020 era del 76,3%.
Il film numero uno è stato Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, un anime di fantascienza scritto e diretto da Anno Hideaki, che dopo l’uscita in sala nel marzo 2021 ha incassato 90 milioni di dollari. Lo hanno seguito in classifica altri due film di animazione: Detective Conan: The Scarlet Bullet (67,5 milioni di US$), ultimo episodio della longeva serie su un giovane investigatore intrappolato nel corpo di un ragazzino, e Belle (58 milioni di US$), un fantasy diretto da Hosoda Mamoru su una liceale che diventa una famosa cantante in un mondo virtuale.
Il film live action con la posizione più alta in classifica, al quarto posto con un incasso pari a 40 milioni di dollari, è stato Arashi Anniversary Tour 5×20 FILM Record of Memories, su un concerto della boy band Arashi, che si è ritirata dalle scene alla fine del 2020 dopo una tournée di concerti in tutto il paese.
L’unico film straniero della top ten è stato F9: The Fast Saga, che dopo l’uscita in sala, nell’agosto dello scorso anno, ha fatto incassi per 32 milioni di dollari. Nella top ten del 2020, i film non giapponesi erano tre: Star Wars – L’ascesa di Skywalker, Parasite e Tenet.
Rispetto al 2020, lo scorso anno i biglietti venduti nelle sale giapponesi sono aumentati dell’8,2%, arrivando a 114,8 milioni, e nello stesso periodo gli incassi sono stati pari a 1,421 miliardi di dollari, registrando un aumento del 13%. Se però facciamo un confronto con l’anno che ha preceduto la pandemia, il 2019, quando gli incassi avevano raggiunto i 2,294 miliardi di dollari con 195 milioni di biglietti venduti, registriamo un calo del 41,2% per quanto riguarda i biglietti venduti e un crollo del 38,1% del botteghino.
Ancora una volta, la Toho è stata il distributore più importante, con ben cinque film in classifica, tra cui Evangelion, distribuito in collaborazione con Toei e con Studio Khara, la società di animazione di Anno. La principale società di distribuzione straniera è stata la Warner, a cui fanno capo il quinto e il sesto film in classifica, Tokyo Revengers (39,5 milioni di US$ di incasso) e Rurouni Kenshin: The Final (38 milioni di dollari).
37 sono i film che hanno guadagnato almeno 1 miliardo di yen (pari a 8,8 milioni di US$), tradizionalmente considerato la soglia minima affinché un film sia ritenuto un successo commerciale in Giappone. Nel 2019, invece, tale soglia è stata raggiunta da 65 film. Nel 2021 sono stati distribuiti 959 film, dei quali 490 erano giapponesi e 469 stranieri. Nel 2020 i film giunti in sala sono stati 1.017 e nel 2019 erano 1.278.
Malgrado questo calo, il numero degli schermi, che nel 2020 era di 3.616, nel 2021 è cresciuto fino a 3.648, anche se gli incassi complessivi sono stati all’incirca il 60% di quelli del 2019. I gestori delle sale indipendenti, invece, hanno faticato a rimanere a galla. L’11 gennaio dell’anno scorso, Iwanami Hall, un cinema d’essai all’avanguardia nel quartiere Jinbocho di Tokyo, ha annunciato che avrebbe chiuso i battenti a luglio.
Per Hamaguchi Ryusuke, invece, il 2021 è stato un anno miracoloso. Il suo film antologico in tre episodi Il gioco del destino e della fantasia ha vinto l’Orso d’Argento – Gran premio della giuria al festival di Berlino dello scorso anno, mentre Drive My Car, adattamento dell’omonimo racconto di Murakami Haruki, si è aggiudicato quattro nomination agli Academy Award: miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior film straniero e miglior film, il primo tributo del genere mai ricevuto da un film giapponese.
Hamaguchi è stato considerato un astro nascente del mondo del cinema nipponico sin dal 2015, quando ha realizzato Happy Hour, un dramma corale molto apprezzato le cui quattro protagoniste hanno vinto un premio collettivo per la miglior attrice al festival di Locarno. Eppure, Hamaguchi aveva lavorato all’ombra dei cosiddetti registi del cosiddetto gruppo delle “4K” – Takeshi Kitano, Kore-eda Hirokazu, Kawase Naomi e Kurosawa Kiyoshi – che hanno dominato il dibattito internazionale sul cinema giapponese impegnato contemporaneo per oltre due decenni.
Adesso, però, è il turno di Hamaguchi, che con Drive My Car sta richiamando l’attenzione in patria e all’estero. Quando è stato distribuito in Giappone, nell’agosto del 2021, questo dramma dai tempi dilatati su un regista teatrale rimasto vedovo (Nishijima Hidetoshi) che elabora i propri sentimenti per la moglie morta in compagnia di una tassista schiva ma empatica (Miura Toko) ha fatto un incasso modesto, circa 260.000 dollari, ma potrebbe ancora riempire i cinema se aggiungesse un Oscar o due ai suoi già numerosi premi e riconoscimenti (pensiamo a Un affare di famiglia, il film di Kore-eda vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 2018, che ha clamorosamente incassato, in Giappone, 40 milioni di dollari, a dimostrazione che il plauso della critica e il prestigio al botteghino non sono necessariamente incompatibili).
Nel 2021, i multisala giapponesi si sono riempiti soprattutto per merito non di film d’autore delle“4K”, bensì di adattamenti di manga in forma di anime oppure live action, mentre i film a medio budget tratti da sceneggiature originali sono stati spinti commercialmente ai margini. Come reazione, diversi cineasti si sono rivolti a Netflix e ad altre piattaforme in streaming per realizzare contenuti destinati a un pubblico internazionale con una libertà difficile da avere all’interno di un’industria locale ossessionata dalle saghe che servono a far cassa.
Alcuni di questi cineasti hanno riportato molto successo, come lo specialista dell’azione Sato Shinsuke con il suo Alice in Borderland, una serie di fantascienza ultradinamica che poggia sulla premessa di un contorto “gioco al massacro”. La serie è approdata su Netflix nel dicembre 2020 e si è piazzata nella lista dei dieci programmi più visti dagli utenti della piattaforma in quasi quaranta paesi. Dopo circa nove mesi dalla sua prima uscita, l’enorme successo della serie coreana Squid Game, che trattava più o meno lo stesso argomento, ha riportato nuovamente Alice in Borderland nella top ten degli spettatori in oltre 50 paesi in tutto il mondo. Se ne sta girando ora la seconda stagione.
Alcuni cineasti hanno trovato nuovi spunti nei loro progetti in collaborazione con Netflix. Hiroki Ryuichi ha realizzato Ride or Die, un road movie su due donne (Mizuhara Kiko e Sato Honami) che vivono un amore appassionato e una disperata libertà dopo che una di loro ha ucciso il marito violento dell’altra. Anche il provocatore veterano Sono Sion ha fatto la sua prima incursione a Hollywood con un film Netflix, Prisoners of the Ghostland, in cui Nicolas Cage interpreta un rapinatore di banche mancato che viene ingaggiato per una missione di salvataggio partendo da una città che è un bizzarro miscuglio tra il vecchio West e il Giappone dell’epoca Meiji (1868-1912) – e che poteva nascere solo nella fantasia più unica che rara di Sono.
Anche tra i registi giapponesi più giovani c’è chi ha intrapreso percorsi nuovi, sebbene con risorse più limitate rispetto a quelle che Netflix ha elargito a Sato e Sono. Uno di questi è Fujimoto Akio, il cui film Along the Sea, un dramma su tre donne vietnamite che lavorano come tirocinanti tecniche nel gelido nord del Giappone, era caratterizzato da un crudo realismo e aveva un finale che era come un pugno allo stomaco.
Lo stesso è accaduto per l’attrice e regista Ogawa Sara. Il suo film drammatico The Goldfish: Dreaming of the Sea, su una ragazza orfana (Ogawa Miyu) che fa amicizia con una bambina problematica appena arrivata nella sua casa famiglia, è lirico, introspettivo e con una forte struttura narrativa. Il venticinquenne Sakamoto Yugo ha invece girato Yellow Dragon’s Village, un horror d’azione su alcuni giovani escursionisti che si ritrovano a difendersi dagli abitanti impazziti di un villaggio di montagna intenzionati a trasformarli in vittime sacrificali. Il film ha divertito gli spettatori per l’energia combattiva e per le instancabili sequenze di arti marziali.
Il veterano Yoshida Keisuke ha invece rinverdito la sua carriera con Blue, una storia ambientata nel mondo della boxe che analizza dall’interno e in modo spietato gli aspetti più beceri di questo sport, e con Intolerance, un dramma viscerale di punizione e redenzione. Entrambi i film sono stati presentati, insieme al suo thriller del 2016 Himeanole, all’edizione del Tokyo International Film Festival dello scorso anno in una speciale sezione monografica dal titolo Director in Focus. Dopo un lungo periodo in cui si era dibattuto tra il cinema d’essai e l’intrattenimento mainstream con pochi risultati a livello di riconoscimenti festivalieri o economici, Yoshida è finalmente arrivato.
Quali sono le prospettive per il 2022? Hollywood potrebbe benissimo recuperare, dopo lo sconfortante risultato del 2021, con titoli come Top Gun: Maverick (in uscita il 27 maggio), Animali fantastici – I segreti di Silente (8 aprile), Sing 2 – Sempre più forte (18 marzo) e The Batman (11 marzo).
Nel frattempo, la Toho, eterna leader del botteghino, distribuirà il prossimo autunno Suzume no Tojimari di Shinkai Makoto, l’autore di Your Name (2016) e La ragazza del tempo (2019), due anime di enorme successo. Tratto da un soggetto originale di Shinkai, il film è un fantasy su un’adolescente che ha la missione di chiudere le “porte delle disgrazie” di tutto il Giappone.
Il listino della Toho per il 2022 è carico di film di animazione, tra cui anche nuovi episodi di serie di lungo corso come Doraemon (4 marzo), Detective Conan (16 aprile) e Crayon Shinchan (22 aprile). Tra i titoli di animazione autonomi c’è The Deer King: The Promised Journey with Yuna (4 febbraio) distribuito dallo studio Production I.G, su un guerriero, una ragazzina e un medico geniale che cercano la cura per una malattia che sta devastando il pianeta. Un altro di questi anime è The Imaginary, tratto dall’omonimo libro per bambini di A.F. Harrold ed Emily Gravett su una bambina e il suo amichetto immaginario. Il regista è Momose Yoshiyuki, ex disegnatore della Studio Ghibli, che ha realizzato il film per la società di animazione Studio Ponoc. L’uscita in sala è prevista per l’estate.
Tra i film live action della Toho troviamo Shin Ultraman (13 maggio), la versione di Higuchi Shinji sull’iconica serie tokusatsu (“con effetti speciali”) di Ultraman. La sceneggiatura è di Anno Hideaki, coregista di Higuchi nel 2016 per il successone Shin Godzilla. Altro film è Kingdom 2 (previsto per l’estate), seguito del fortunato film d’azione in costume del 2019, per la regia di Sato Shinsuke. La storia è ambientata in Cina durante la Dinastia Qin, ed è incentrata su due ragazzi dello stesso villaggio che ambiscono a diventare generali.
Di certo non mancherà di attirare l’attenzione internazionale Tokyo 2020 Olympics, il documentario sulle Olimpiadi di Tokyo dell’acclamata regista Kawase Naomi, distribuito dalla Toho. Il film ha suscitato diverse polemiche a gennaio, quando in un documentario di NHK (il servizio pubblico radiotelevisivo nipponico) sulla produzione di Tokyo 2020 Olympics era uscita in sovrimpressione una scritta in cui si diceva che un uomo intervistato da un componente della troupe di Kawase aveva riferito di essere stato pagato per prendere parte alle proteste anti Olimpiadi.
Indagini successive hanno sollevato dubbi su tale dichiarazione e scagionato Kawase da qualunque coinvolgimento. Malgrado ciò, gli attivisti anti olimpici hanno dichiarato sui social media che Kawase, la quale aveva manifestato il proprio sostegno ai Giochi Olimpici in quello stesso documentario della NHK, stava facendo propaganda in favore delle Olimpiadi. La regista, in un’intervista rilasciata nel luglio 2020 alla CNN ha risposto: “Ritengo che sia molto importante mantenere traccia sia dei sentimenti negativi che di quelli positivi su questo periodo”, il che comprende quelli negativi sui Giochi Olimpici.
La Toho non è però l’unico distributore locale con film degni di attenzione nel suo listino. Il 28 gennaio scorso la Warner Japan ha distribuito Noise, un film di suspense di Hiroki Ryuichi su una serie di omicidi in un’isola sperduta. Il film, accompagnato dalle note basse del chitarrista e compositore Otomo Yoshihide che evocano le atmosfere di Tarantino, fornisce un’avvincente dimostrazione pratica sui pericoli del pensiero di gruppo, e su come antichi rancori possano ripercuotersi sul presente con conseguenze disastrose.
L’11 febbraio è uscito in sala Just Remembering, un vivace dramma di Matsui Daigo che ritorna indietro negli anni mentre dipinge la storia sentimentale tra una tassista (Ito Sairi) e un ex ballerino (Ikematsu Sosuke), traendo ispirazione dal classico di Jim Jarmusch Taxisti di notte. Il film ha ricevuto il premio del pubblico al Tokyo International Film Festival dello scorso anno.
Il 26 febbraio è uscito anche Ushiku, un documentario del regista americano Thomas Ash sulle difficili condizioni di un centro per l’immigrazione nella prefettura di Ibaraki, dove i rifugiati vengono trattenuti in regime di detenzione mentre le loro richieste vengono esaminate. Realizzato con il materiale registrato da una telecamera nascosta, questo resoconto sconvolgente è stato presentato a diversi festival fuori dal Giappone e ha attirato l’attenzione dei media giapponesi.
A maggio esce Lesson in Murder di Shiraishi Kazuya, un thriller nel quale uno studente in legge (Okada Kenshi) indaga su un omicidio che secondo lui è stato erroneamente attribuito a un serial killer (Abe Sadao) il quale si trova in prigione. Durante le sue ricerche scopriamo che, da ragazzino, lo studente frequentava abitualmente la panetteria dell’assassino. L’interpretazione di Abe è ipnotica e ricorda quella di Anthony Hopkins nel ruolo di Hannibal Lecter ne Il silenzio degli innocenti.
In programmazione per l’ultima parte dell’anno, Riverside Mukolitta, di Ogigami Naoko è una commedia eccentrica su un tipo solitario (Matsuyama Kenichi) che si trasferisce in un appartamento decrepito in campagna per allontanarsi da tutto, ma viene coinvolto nella vita dei suoi strambi vicini e comincia ad aprirsi riguardo al proprio passato. Il film è stato presentato in anteprima nella sezione Nippon Cinema Now al Tokyo International Film Festival dello scorso anno.
Nel frattempo, Netflix e altre piattaforme presenteranno nuovi film giapponesi, uno dei quali è Makanai: Cooking for the Maiko House, una serie Netflix in otto episodi con Kore-eda Hirokazu nel ruolo di produttore, regista e sceneggiatore.
La serie, tratta da un fumetto di Koyama Aiko, è incentrata sulla makanai (cuoca) di una casa di geisha di Kyoto. Tra i registi degli episodi singoli ci sono anche gli emergenti Tsuno Megumi (Ten Years Japan), Okuyama Hiroshi (Jesus), e Sato Takuma (Any Crybabies Around?). Per Kore-eda si tratta del primo progetto di collaborazione con Netflix ma non della sua prima volta da produttore. Come capo della sua società di produzione, Bun-Buku, il regista sostiene il lavoro di cineasti emergenti già dal 2012, e ha al suo attivo l’antologia di fantascienza in cinque episodi Ten Years Japan (2018), alla quale ha contribuito anche Tsuno.
Nel 2022, anche se probabilmente la Toho farà per l’ennesima volta la parte del leone per quanto riguarda gli incassi al botteghino, i principali cineasti giapponesi come Kore-eda continueranno a lavorare di più con le piattaforme di streaming, la cui popolarità oltre confine si è accresciuta conformemente ai cambiamenti nelle abitudini del pubblico a causa della pandemia. Questo significa competere in un ambito diverso e più vasto, con un pubblico potenzialmente globale.
Mark Schilling